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    CITAZIONE (Connie @ 8/9/2021, 18:17) 
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    CITAZIONE (Connie @ 24/8/2021, 15:11) 
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    Capitolo 25



    Gold si strinse il ponte del naso tra pollice e indice e fece un respiro profondo. Rimase così per cinque secondi, poi rilasciò lentamente il respiro e ne prese un altro, ripetendo il processo finché non ebbe voglia di battere ripetutamente la testa contro il tavolo della cucina.

    Dopo quelle che sembrarono diverse ore, la governante emerse finalmente dal bagno di servizio della cucina, pallida come la morte e barcollando sui piedi. Gold si alzò per depositare la sua borsa nelle sue mani “Vai a casa e riposati un po'”.

    "Mi dispiace, signor Gold" a merito della donna, sembrava che fosse sincera.

    “Non è certo colpa tua. Ci vediamo tra qualche giorno, quando ti sarai ripresa" la accompagnò alla porta e aspettò per assicurarsi che arrivasse alla macchina senza crollare nel vialetto, poi rivolse la sua attenzione a Moe, che era seduto al tavolo della cucina. Adesso c'erano solo loro due.

    Con sua stessa sorpresa, il suo primo giorno come guardiano di Moe era andato abbastanza bene. Non riusciva a gestire il padre di Belle usando messaggi subliminali o connessioni psichiche o qualsiasi altra magia usata da Dove, ma aveva scoperto che l'uomo reagiva eccezionalmente bene alla corruzione. Promettergli del tempo in più in laboratorio riusciva quasi sempre, e dove falliva, la promessa di prodotti da forno faceva il suo effetto.

    Il secondo giorno era stato un po' più difficile, ma ce l’avevano fatta. La governante aveva gentilmente tolto Moe dalle mani di Gold per un periodo di tempo nel pomeriggio, in modo che potesse sedersi con Belle, e tra l'assistenza della signora Potts e le ripetizioni quasi continue dei dischi di Elvis, Gold era disposto a considerare la giornata un successo.

    Ora che la governante aveva ceduto allo stesso virus che affliggeva Belle e Dove, aveva perso il suo ultimo alleato. Fino a quando questa malattia non avrebbe fatto il suo corso, lui e il padre di Belle erano da soli e il pensiero gli faceva pulsare la testa. Non erano trascorse quarantotto ore da quando Dove si era messo a letto e Gold si sentiva come se avesse corso più maratone consecutive. Se era così esausto dopo due giorni, non riusciva a immaginare come Belle avesse passato anni non solo a prendersi cura di suo padre, ma anche a lavorare. Chiaramente, sua moglie era fatta di materiale più solido di suo marito.

    "Siamo da soli per pranzo" disse a Moe, che stava ancora guardando la porta dalla quale era appena uscita la governante.

    L'uomo scosse la testa, un'espressione di compassione sul viso "Queste cose passano sempre l'intera famiglia, non è vero?".

    Le parole di Moe misero Gold in difficoltà. "Famiglia" era una parola a cui era stato attento a non pensare molto da quando aveva perso Bae. Certamente non l'avrebbe mai applicato alla sua attuale situazione di vita. Belle era sua moglie, la sua compagna di vita, ma le altre persone che condividevano il suo tetto erano solo altre persone che vivevano nella stessa casa.

    Solo che non lo erano. Non proprio. Moe era un suocero non convenzionale, ma Gold si preoccupava del suo benessere comunque. Era impossibile non amare il padre di Belle, anche se ogni tanto era tentato di strangolarlo. Moe era difficile, ma non intendeva essere più di quanto Bae lo avesse tenuto sveglio deliberatamente le notti da bambino. Qualunque fossero i suoi difetti, quell'uomo chiaramente adorava sua figlia e Gold poteva apprezzare chiunque avesse il buon senso di amare Belle.

    Né Dove era semplicemente un impiegato, si rese conto. Gold pensava che fosse impossibile consumare i pasti con qualcuno ogni giorno e non stabilire una sorta di connessione. Era vero, pagava quell'omone, ma si sentiva responsabile anche per lui. Altrimenti, avrebbe permesso a Dove di lavorare fino all'osso prendendosi cura di Moe mentre era malato. Una volta avrebbe fatto proprio quello, ma il Diarmid Gold che era oggi, quello che era il marito di Belle, era più tenero dell'uomo che aveva passato venticinque anni a essere spietato e freddo.

    Gold non era abbastanza sicuro di come sentirsi al riguardo. Secondo i suoi standard, Belle lo stava rendendo più debole, smussando i suoi istinti assassini, ma non sembrava una debolezza.

    Sembrava una forza.

    "Ho fame" si lamentò Moe, strappando Gold dalla sua contemplazione.

    "Mangeremo la zuppa" decise. Erano anni che non doveva cucinare da solo, ma era sicuro di ricordare le basi. Belle si sarebbe svegliata per un'altra dose di medicina a breve e la zuppa sarebbe stata facile da mangiare per lei.

    Tamburellò con le dita sul piano di lavoro mentre cercava di immaginare cosa sarebbe stato buono per una donna che viveva di ginger ale da due giorni e grugnì quando Moe lo colpì. Gold barcollò per l'impatto, ma il padre di Belle non gli prestò attenzione quando iniziò ad aprire gli armadietti a caso.

    “Moe? Cosa fai?".

    Moe lo guardò come se avesse fatto una domanda eccezionalmente stupida "La zuppa".

    Gold trattenne il suo bisogno istintivo di urlare al padre di Belle di andare a sedersi. A Moe piaceva usare le sue mani. Forse Gold avrebbe potuto coinvolgerlo nel processo di cottura trovandogli qualcosa da fare, preferibilmente uno che non coinvolgeva i coltelli. Belle una volta aveva espresso la paura che suo padre avrebbe bruciato il loro appartamento mentre lei era al lavoro cercando di cucinare, ma Gold non aveva intenzione di lasciarlo incustodito. In quanti guai avrebbe potuto davvero cacciarsi sotto la sua supervisione diretta?

    "La zuppa di spaghetti dovrebbe essere facile da digerire per lo stomaco di Belle" decise ad alta voce.

    Moe lo spinse via con una gomitata "Belle vuole la zuppa di mele".

    "Zuppa di mele?" ripeté Gold, sperando di aver sentito male.

    Il cenno di Moe distrusse quell'illusione “Zuppa di mele”.

    "Non esiste una cosa come la zuppa di mele" scattò prima che potesse pensarci.

    Moe alzò gli occhi al cielo "Non sai niente?".

    "So che non esiste una zuppa di mele" borbottò Gold, rendendosi conto che si stava comportando come un bambino.

    Inspirando profondamente dal naso, fece un passo indietro. Conosceva Moe abbastanza bene da sapere che l'uomo era come un cane con un osso quando gli veniva un'idea in testa. In quel momento, era concentrato sulla zuppa di mele e cercare di dissuaderlo avrebbe portato solo al disastro. Che male poteva fare lasciarlo cucinare? Se ciò che avrebbe prodotto sarebbe stato davvero rivoltante, Gold lo avrebbe semplicemente buttato quando non stava guardando.

    Fece una smorfia quando Moe scelse una mela dal cestino sul bancone e prese un coltello. Ripensandoci, lasciare che Moe facesse da solo avrebbe potuto portare a molti danni. Non gli importava di immaginare la reazione di Belle se avesse lasciato che suo padre si tagliasse un dito.

    Prima che Gold potesse fermarlo, Moe premette il coltello contro la mela e iniziò a girarlo, staccando una lunga striscia di buccia dalla mela in un grazioso ricciolo. Canticchiando sottovoce, continuò a girare la mela, la buccia che si contorceva in una lunga spirale.

    In pochi istanti, la mela fu sbucciata e Moe lasciò cadere la buccia sul pavimento prima di prenderne un'altra, lasciando Gold a bocca aperta. Forse l'uomo sapeva cosa stava facendo, dopotutto. I pomodori erano un frutto ed esisteva la zuppa di pomodoro. Secondo quella logica, non c'era motivo per cui anche la zuppa di mele non potesse essere una cosa reale. Forse era una specialità australiana.

    "È qualcosa che hai fatto prima?" chiese piano, cercando di non distrarre l'altro uomo mentre impugnava un coltello.

    "A Belle piace la zuppa di mele quando è malata" rispose Moe.

    Era qualcosa che non aveva mai condiviso con lui e Gold provò una fitta di dolore al pensiero. Era ridicolo. Ovviamente Moe conosceva Belle meglio di lui. L'altro uomo era suo padre e loro due erano sposati da meno di due mesi. Non avevano ancora avuto il tempo di conoscersi dentro e fuori, ma faceva comunque male che qualcun altro sapesse di sua moglie più di lui "Parlami di Belle".

    "È una brava ragazza" rispose immediatamente Moe "Molto intelligente. Adora i libri".

    Gold sapeva già tutto quello “Com'era a scuola? È sempre stata così coraggiosa? Qual era il suo giocattolo preferito da piccola? Aveva animali domestici?".

    Si interruppe quando si accorse che gli occhi di Moe erano vitrei. Aveva sopraffatto l'altro uomo con le sue domande e Gold si maledisse in silenzio "Scusami. Solo... dimmi qualcosa su di lei. Qualcosa che le piace".

    "Le piacciono i cavalli" Moe sorrise come se stesse rivivendo un piacevole ricordo, ma non lo condivise con Gold.

    Una vocina oscura iniziò a sussurrargli in testa e lo stomaco di Gold si rivoltò mentre dava voce ad una domanda “Sai se conosce qualcuno che vive nel Maine?".

    Una volta, suo padre aveva detto che Belle aveva una simpatia per un tizio del Maine e quell'osservazione improvvisata lo aveva torturato da allora. Adesso doveva saperlo.

    Moe annuì lentamente” Nel Maine... Sì. C'è un ragazzo. A Belle piace un ragazzo che vive nel Maine".

    "Che ragazzo?" chiese, la sua voce tagliente. Moe avrebbe potuto sbagliarsi una volta, ma non due. Sua moglie era innamorata di un ragazzo del Maine.

    Moe si scrollò di dosso la sua domanda, incapace o non disposto a dirgli di più, e Gold si afflosciò contro l'isola, lo stomaco in subbuglio. Non importava, cercò di convincersi. Belle aveva promesso di essere fedele e non era una bugiarda. Era sua moglie e lo sarebbe sempre stata. Non lo amava, ma erano legati insieme da fili più sicuri di quanto l'amore potesse mai creare.

    La testa di Gold martellava mentre guardava Moe sbucciare molte altre mele prima di tagliarle grossolanamente e metterle in una padella. Probabilmente avrebbe dovuto prestare maggiore attenzione a quel processo. Se a Belle piaceva la zuppa di mele quando era malata, lui avrebbe dovuto sapere come preparargliela. Tuttavia, i suoi occhi non sembravano voler mettere a fuoco. Non importava. Moe sembrava sapere cosa stava facendo.

    Si riscosse quando Moe andò a prendere il frullatore.

    "Perché non ti aiuto io in questo?".

    Con suo grande sollievo, Moe accettò il suo aiuto e, tra i due, frullarono il liquido caldo senza creare un macello. Una volta finita, la zuppa era tutt'altro che bella. Sembrava poco più di una pasta color kaki, ma doveva ammettere che la cucina aveva un profumo meraviglioso. L'aroma di cannella, chiodi di garofano e mele cotte aleggiava pesantemente nell'aria e lo stomaco di Gold brontolò, poi si svuotò in modo allarmante.

    ’Oh cazzo’.

    Non si stava ammalando, si disse con fermezza mentre aiutava Moe a dividere la zuppa in quattro ciotole. Non aveva il tempo di ammalarsi. Con lui indisposto, Moe si sarebbe allontanato o bruciato, o bruciato prima la cosa e poi si sarebbe allontanato.

    “Zuppa di mele!”.

    Il bagliore della nausea si ritirò al suono della voce di Belle. Gold alzò lo sguardo e vide sua moglie entrare in cucina, vestita con un pigiama fresco con i capelli che le gocciolavano intorno al viso. Sembrava ancora pallida, ma sorrideva e aveva chiaramente fatto un miglioramento significativo se si era sentita abbastanza bene da fare una doccia.

    Gold le rivolse uno sguardo perplesso quando si avvicinò abbastanza da toccarle delicatamente la parte superiore del braccio. "Sei reale" disse fintamente sorpreso, come se si fosse aspettato di essere un miraggio "Sei viva".

    Belle ridacchiò alla sua presa in giro e il suo sorriso era la cosa più bella che avesse mai visto “Sono viva e sono tentato di provare a mangiare qualcosa. Una di quelle ciotole è per me? E dov'è Dove?".

    “Gli hai passato il tuo virus. Oppure lui l’ha passato a te".

    Belle sussultò "Non lo augurerei a nessuno".

    Moe le tese il braccio, stringendola contro il suo fianco quando Belle si mosse per raggiungerlo "Ti ho fatto la zuppa" disse, con l'orgoglio che risuonava nella sua voce.

    Gli occhi di Belle divennero vitrei “Sì, l'hai fatto. Grazie papà".

    Gold si mise ad armeggiare con la zuppa mentre Belle chiacchierava con suo padre, cercando di non sentirsi escluso. Si era dato da fare per prendersi cura di Moe e lei si era dimenticata della sua esistenza.

    Era ingiusto, ammise a se stesso mentre finiva di mettere la terza ciotola sul tavolo, e tirò fuori la quarta. Quello che Moe aveva fatto quel pomeriggio era enorme. Non solo si era ricordato che a Belle piaceva la zuppa di mele, ma si era anche ricordato come prepararla e aveva eseguito il piatto in gran parte da solo. Tre mesi prima era così ossessionato dal suo progetto che non sembrava nemmeno registrare l'esistenza di sua figlia per la maggior parte del tempo e ora era in grado di cucinarle un piatto d'infanzia preferito. Aveva fatto enormi progressi ed era giusto che Belle ne fosse felice.

    Braccia calde lo avvolsero da dietro e Gold sussultò quando Belle appoggiò il viso contro la sua schiena “Ti sei preso cura di lui. Grazie".

    Quelle poche parole lisciarono istantaneamente le sue piume arruffate. Appoggiando la mano sulla sua, mormorò "Prego".

    Belle gli diede una leggera stretta, poi si staccò quando Moe emise un gorgoglio.

    "Papà?".

    Gold aveva visto abbastanza negli ultimi giorni per riconoscere immediatamente i sintomi. Si mosse per primo, spingendo il bidone della spazzatura sotto il mento di Moe appena in tempo.

    "Perfetto".

    "Oh, papà!" Belle sembrava completamente sconvolta mentre accarezzava la schiena di suo padre.

    Nel momento in cui ebbe finito, lei lo prese per un braccio per condurlo fuori dalla cucina "Devi metterti a letto".

    “Dagli due delle tue pillole. Chiamerò Whale" promise Gold, con lo stomaco in subbuglio per l'odore di vomito mentre legava frettolosamente il sacco della spazzatura e lo metteva nel vialetto. A quel ritmo, avrebbe dovuto acquistare azioni di quella società farmaceutica.

    Aveva appena riattaccato con Whale quando il suo stesso corpo iniziò a ribellarsi. Per fortuna, arrivò al bagno di servizio prima di perdere il contenuto dello stomaco, gli occhi e la gola che gli bruciavano. ’Meraviglioso. Dannatamente meraviglioso’.

    Almeno Belle adesso era in piedi, anche se sua moglie sembrava che avrebbe potuto volere ancora qualche giorno di riposo in più. Naturalmente, se gli altri tre membri della famiglia si sarebbero tutti ritrovati a letto in varie stanze, non avrebbe dovuto fare molta attenzione.

    Gold sputò una boccata di bile e si trascinò di nuovo in piedi, la testa che gli girava. Arrivò fino al soggiorno prima di decidere che la sua camera da letto era semplicemente troppo lontana. Con un gemito, crollò sul divano e si raggomitolò in una miserabile palla, consapevole che al piano di sopra Belle si stava occupando anima e corpo di suo padre nella sua malattia mentre ignorava il marito sofferente. Questa volta si permise di provare il risentimento. Bella era sua moglie. Avrebbe dovuto essere al suo fianco.

    All'improvviso, fu proprio lì.

    “Andiamo, Diarmid” gli disse mentre gli tirava il braccio e Gold si chiese da quanto tempo fosse lì. Dalla nota di frustrazione nella sua voce, era passato del tempo.

    "Hmm?".

    Riuscì ad aprire le palpebre per vedere gli occhi azzurri che ricambiavano il suo sguardo, preoccupati nel profondo.

    "Avanti. So che stai male, ma devi lavorare con me. Non posso portarti da sola. Dai, alzati. Ti sentirai meglio una volta che sarai a letto".

    Il suo corpo sembrava non voler collaborare, ma Belle guidò i suoi movimenti, finché non riuscirono a farlo alzare dal divano. Una volta in piedi, le cose sembrarono un po' più facili. Riuscì a mettere un piede davanti all'altro finché non raggiunsero le scale, e una volta lì, Belle si infilò sotto il suo braccio, rifiutandosi di farlo fermare.

    “Ci sono io. Avanti. Ci siamo quasi".

    Quella era una bugia sfacciata e voleva farglielo notare, ma quando raccolse tutte quelle parole in testa, i suoi pensieri furono confusi, erano quasi in cima alle scale, il che significava che lei non stava più mentendo. La confusione gli fece pulsare la testa.

    "Ottimo lavoro!" Belle lo elogiò mentre barcollavano insieme nella loro camera da letto. Le mani di lei fecero un rapido lavoro sui suoi vestiti, poi cadde indietro finché il letto non lo prese nel suo abbraccio.

    "Ingoiale" gli ordinò mentre gli premeva due pillole nella mano.

    Gli ci volle un momento per coordinare il movimento, ma ci riuscì, e Belle gli premette un bacio sulla guancia in segno di ricompensa "Ben fatto".

    Avvolse le coperte intorno a lui in un accogliente bozzolo e gli premette un bacio sulla fronte "Non stressarti" lo incoraggiò “Il sonno è la cosa migliore per te”.

    Si aspettava che lei tornasse da suo padre dopo, il suo dovere verso di lui fatto, ma invece Belle si infilò nel letto e si appoggiò alla testiera prima di guidare la sua testa sul suo grembo.

    "So che ti senti malissimo" disse mentre gli accarezzava i capelli “Chiudi gli occhi e riposati. Vuoi che ti legga qualcosa?".

    “Sì” lui mormorò, la sensazione della sua mano tra i suoi capelli che rendeva in qualche modo sopportabile la nausea straziante.

    Le lacrime gli pungevano gli occhi mentre lei prendeva il tablet e iniziava a leggere ad alta voce qualcosa su un cacciatore e un signore delle fate mascherato. La storia non aveva importanza. Ciò che importava era che Belle fosse lì, a calmarlo e confortarlo nel momento del bisogno. Aveva scelto di stare con lui, non con suo padre, e anche se fosse rimasta abbastanza a lungo fino a che non si fosse addormentato, sarebbe stato sufficiente. Quando aveva avuto bisogno di lei, lei c’era stata.

    Non poteva amarla più di quel momento.

    Aveva appena abbastanza buon senso per ricordare che non poteva dire quelle parole ad alta voce. Mentre Belle gli leggeva, le dita che gli passavano teneramente tra i capelli, Gold si accoccolò più vicino a lei e ingoiò quelle parole d'amore mentre permetteva al sonno di reclamarlo.


    Continua…
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    CITAZIONE (Connie @ 23/7/2021, 16:39) 

    Avviso abbonato: una nuova lotteria in comune ti aspetta cliccando il simpatico tesserino :XD:

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    Controllato

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    Capitolo 22



    Gold si aggrappò alle mani di Belle, la sua presa abbastanza stretta da fargli capire che le stava facendo male, ma lei non mormorò una parola di protesta mentre gli strofinava il dorso della mano con il pollice. Voleva pregarla di parlargli, di distrarlo dalla realtà di ciò che stavano affrontando, ma allo stesso tempo sentiva che qualsiasi suono sarebbe stato più di quanto potesse sopportare. Persino il rumore del vento che soffiava fuori minacciava di spingerlo oltre il limite.

    La vita di Bae dipendeva dalla telefonata che stavano aspettando e non c'era niente che potesse fare per modificare la situazione.

    Potevano essere fuori dalla porta in quindici minuti, pensò. Bae poteva viaggiare in pigiama e dormire in macchina, così avrebbero risparmiato tempo. Belle poteva vestirsi e fare le valigie per sé mentre lui metteva insieme le cose per Bae. Il bambino avrebbe avuto bisogno di alcune comodità familiari: la sua Bestia di pezza, alcuni libri preferiti, pantofole e una vestaglia. Lo stesso Gold non avrebbe avuto bisogno di molto oltre ai suoi articoli da toeletta e a qualche cambio di vestiti. Non aveva intenzione di lasciare il fianco di suo figlio nemmeno per dormire.

    Quando si rese conto che stava già facendo dei piani, Gold si maledì. Il futuro era ancora troppo tenue. Se ci avesse fatto pressione, anche nella sua stessa mente, quella speranza sarebbe crollata sotto il suo stesso peso come una bolla di sapone. Si concentrò sul respiro di Belle contro il suo viso, contando ogni singolo getto d'aria mentre cercava di mantenere la mente vuota.

    Arrivò a otto prima di perdere il conto, ritrovandosi a cercare di decidere quale dei peluche di Bae avrebbe voluto avere con sé in ospedale durante il suo recupero. Digrignando i denti, ricominciò. ’Uno. Due. Tre’.

    Era tutto così tranquillo.

    "A cosa stai pensando?" Gold gracchiò, disperato per rompere il silenzio che era improvvisamente opprimente. Non era giusto chiedere a Belle di distrarlo quando era nervosa quanto lui, ma non poteva farci niente. Senza la sua voce a tenerlo ancorato a terra, avrebbe perso la testa.

    "Sto pensando a cosa dovremmo piantare questa primavera”.

    La sua risposta lo colse così alla sprovvista che Gold aprì gli occhi per guardarla. Gli occhi di Belle erano chiusi, serrati così forte che delle linee profonde si irradiavano dagli angoli, ma la sua voce era calma "Che cosa?".

    "Stavo cercando di non pensare a niente, ma non riesco a non pensare a niente, quindi ho iniziato a pensare. Qualcosa di normale. Qualcosa che non è importante" fece una smorfia senza aprire gli occhi "Scusami".

    In quel momento, non c'era niente a cui Gold volesse pensare di più del giardino "Cosa pianteremo?".

    Belle rabbrividì, ma parte della tensione abbandonò il suo viso. Gold chiuse di nuovo gli occhi, strofinando la fronte contro la sua mentre lei iniziava a parlare.

    "Cetrioli vicino al garage. Pomodori in quel punto soleggiato lungo in cortile. Erbe vicino alla porta sul retro”.

    Ogni parola calmava il suo panico. In quel momento era inverno, ma sarebbe arrivata la primavera. I tre avrebbero piantato verdure e le avrebbero guardate crescere e, sotto la direzione di Belle, questa volta le loro fatiche non sarebbero state vane. Bae sarebbe stato entusiasta di mangiare qualcosa che aveva coltivato lui stesso "Che tipo di erbe?".

    "Basilico. Non puoi rovinare tutto. Utile l'erba cipollina e il prezzemolo. Forse del coriandolo".

    Gold fece una smorfia anche se lei non lo stava guardando "Ha il sapore del sapone”.

    "Oh, tu sei uno di quelli" la sua voce era troppo tesa per tirare fuori completamente la scherzosa presa in giro che stava cercando di ottenere, ma fu quasi un fallimento "Va bene, non il coriandolo. Aneto. Potremmo fare i nostri sottaceti”.

    Inscatolamento e sottaceti erano arti fatte in casa che erano passate di moda ai tempi di Laura Ingalls, ma per qualche ragione, l'idea di fare sottaceti in casa con Belle e Bae affascinava Gold "Voglio farlo”.

    "È facile" gli promise "Possiamo sperimentare con spezie e ogni sorta di cose. Bae lo adorerà”.

    "Sì" la sua voce si spezzò. Più Belle parlava del futuro come se fosse un dato di fatto che Bae sarebbe stato lì per coltivare pomodori e fare sottaceti, più sembrava reale.

    Il telefono squillò.

    "Oh dio" borbottò Gold mentre cercava alla cieca il telefono. Qualunque cosa fosse accaduta nei successivi cinque minuti, avrebbe cambiato per sempre il corso della sua vita, e ci volle tutta la sua forza per rispondere alla chiamata.

    "Sì?".

    Gli rispose una pausa e il cuore di Gold sprofondò nel silenzio all'altro capo del filo. Prima che Whale dicesse una sola parola, sapeva che non era una buona notizia.

    "Mi dispiace così tanto" disse con calma Whale “La mamma… ha scelto di non acconsentire”.

    "Capisco" riuscì a dire.

    La parte peggiore era che lui capiva davvero. Al posto di quella madre senza nome, avrebbe potuto benissimo fare la stessa cosa. Se stesse crescendo un bambino normale e sano e Bae fosse morto in un tragico incidente, Gold poteva immaginare di essere disgustato dall'idea che i medici potessero tagliare suo figlio per usarlo come pezzi di ricambio. Sarebbe stato così perso nel proprio dolore che non sarebbe stato in grado di pensare agli altri bambini che avevano così disperatamente bisogno di quegli organi.

    “È solo una battuta d'arresto. Questa volta non ha funzionato. La prossima volta sì. Non può rinunciare alla speranza" disse rapidamente Whale.

    Incapace di sopportare di sentire un'altra parola, Gold terminò la chiamata e gettò da parte il telefono. Belle lo stava guardando, ma lui non poteva guardarla mentre passava le informazioni di Whale "La madre ha rifiutato”.

    Con la coda dell'occhio, vide Belle piegarsi in due come se avesse preso un pugno allo stomaco "No…" piagnucolò.

    Gold fissò ciecamente le sue mani, sentendosi assurdamente calmo quando Belle iniziò a piangere sommessamente "Ecco. È finita”.

    Bae era nella lista dei trapianti da due anni e quella era la prima volta che si avvicinavano anche solo alla ricerca di nuovi polmoni per lui. Non sarebbe durato altri due. Suo figlio sarebbe probabilmente sopravvissuto per godersi il suo ottavo compleanno e magari avrebbe anche potuto vivere abbastanza a lungo da mettere in salamoia dei cetrioli, ma a quest'ora, l'anno prossimo, Bae se ne sarebbe andato e Gold....

    Gold sarebbe diventato polvere.

    Il torpore lo lasciò, l'orrore soppiantò il suo shock. Bae stava per morire. Suo figlio stava per morire.

    I suoi denti batterono mentre un'ondata di nausea lo investì e Gold affondò le unghie nel polso, maledicendo il lampo di dolore che gli ricordò di essere sveglio. Era intrappolato in un incubo, ma non c'era modo di svegliarsi.

    Suo figlio stava morendo.

    "No" Belle scosse la testa quasi violentemente "Non ci credo. Non ci posso credere. Non era giusto questa volta per qualsiasi motivo, ma ci sono dei polmoni là fuori per Bae. Ci sono. Ci devono essere”.

    Di solito, l'ostinato ottimismo di Belle lo rassicurava, ma questa volta gli fece venire voglia di urlare. Avevano perso la loro unica possibilità di salvare Bae e non aveva senso fingere il contrario "È finita" ringhiò, oltre il punto in cui poteva modulare la sua voce preoccupato per la sua sensibilità.

    “Elias…”.

    Quando lei gli mise la mano sul braccio, lui la scrollò di dosso e si alzò di scatto, camminando lungo la camera da letto come una pantera in gabbia. Non c'era nessun posto dove andare. Non poteva sfuggire all'inferno in cui viveva fuggendo da quella stanza. Belle non poteva aiutarlo in quella crisi. Non c'era nessun posto dove andare e niente da fare. Il destino di Bae era stato deciso da uno sconosciuto e non c'era niente che potesse fare al riguardo.

    Gold capovolse il bastone con un movimento fluido per afferrare l'estremità, tenendolo come una mazza da baseball mentre osservava la parte superiore del suo comò. Un colpo avrebbe distrutto tutto, ma non avrebbe risolto nulla. Distruggere tutto ciò che possedeva lo avrebbe lasciato con una pila di cocci e avrebbe svegliato Bae, che stava dormendo dall'altra parte del corridoio, ignaro del fatto che una donna sconosciuta aveva appena firmato la sua condanna a morte.

    “Ehi…” Belle mise la mano sul bastone, attenta a non toccarlo.

    Stava tremando e, per un vergognoso istante, Gold si chiese come sarebbe stato scagliare il bastone contro di lei nella speranza che i suoi gemiti di dolore sarebbero stati più forti delle urla nella sua testa. Dopotutto, aveva sempre funzionato per suo padre.

    Quell'orribile pensiero gli fece venir voglia di vomitare. Inorridito dalla profondità della sua stessa depravazione, Gold voltò le spalle a Belle e si allontanò, barcollando, lanciando il bastone dall'altra parte della stanza dove atterrò con un rumore metallico, ma anche togliersi quell'arma dalle mani non fu una protezione sufficiente. Nello stato in cui si trovava, avrebbe potuto perdere la testa e scagliarsi contro di lei a mani nude. Belle doveva andare dall'altra parte di una porta chiusa a chiave, non a portata di mano.

    "Vattene" ordinò, incapace di pensare al turbine urlante che era tutto ciò che era rimasto della sua mente. La sua anima si stava lacerando, furia, terrore e disgusto di sé che lo artigliavano finché non riuscì a malapena a stare in piedi.

    "No. Non dobbiamo parlare. Non dobbiamo fare nulla, ma non dovresti rimanere da solo in questo momento".

    Il supporto di Belle stava solo peggiorando il dolore già lancinante. Se avesse avuto la minima idea di cosa fosse stato tentato di fare, sarebbe rimasta sconvolta, ma Gold non riusciva a preoccuparsi della sua opinione su di lui. Non riusciva a sentire nulla oltre la rabbia incandescente per l'universo che bruciava sotto la sua pelle e se lei non si fosse allontanata da lui, si sarebbe bruciata.

    Si era impedito di agire in base ai suoi pensieri oscuri, ma Gold non si fidava che se ne fossero andati per sempre. In quel momento, Belle non era al sicuro con lui. Non era del tutto sicuro di essere nemmeno al sicuro da se stesso.

    "Voglio fare del male a qualcosa" Gold disse.

    "Non ti biasimo" gli disse e Gold rabbrividì quando gli posò una mano sulla schiena. Aveva cercato di avvertirla e lei non aveva capito.

    "Non sei al sicuro" cercò di spiegarle. Si infilò le dita tra i capelli, ma grazie al suo nuovo taglio, non riuscì a trovare una manciata abbastanza buona da tirarseli. Disperatamente, si passò le unghie sul cuoio capelluto, lasciando segni brucianti, ma non fece abbastanza male da placare i suoi demoni. Con tono cupo, guardò il muro, chiedendosi se sbattere la testa contro di esso sarebbe stato d'aiuto.

    “No, no…” mormorò Belle, cercando di afferrare le sue mani mentre si grattava la testa "Elias, no...".

    Lei sussultò quando lui le afferrò i polsi e fu tutto ciò che Gold poté fare per non stringere, sentendo le fragili ossa nella sua presa "Devi andartene" disse il più calmo possibile. Teneva il controllo con le unghie e se Belle non si fosse ritirata nella sua stanza, aveva la nauseante sensazione che a nessuno dei due sarebbero piaciute le conseguenze.

    Quando tutto era più buio, era davvero il degno figlio di suo padre.

    "Va tutto bene... Va tutto bene..." Belle ripeteva mentre lui rabbrividiva.

    "No. Non è vero" suo figlio stava per morire e lui era un mostro e niente sarebbe mai più andato bene.

    Belle sospirò, le sue labbra tremanti "No" acconsentì lei. "Non lo è".

    Con un movimento improvviso, gli strappò i polsi dalle mani e Gold barcollò in avanti. Prima che potesse recuperare l'equilibrio, Belle scontrò la bocca contro la sua, i suoi denti gli ferirono il labbro inferiore.

    Gold accolse il lampo acuto del dolore e il sapore del sangue. La sensazione era incredibilmente fisica e, per tutta la durata del bacio, il suo tumulto emotivo si quietò, sopraffatto da quello stimolo immediato.

    Troppo presto, Belle fece un passo indietro, i suoi occhi scuri e diffidenti, e quando sentì la sua anima urlare di dolore, Gold si lanciò in avanti, disperato per soffocarla. Bae stava per morire e tutto era in rovina e lui voleva solo scappare. Non c'era via d'uscita, ma Belle poteva farglielo dimenticare.

    Gemette mentre lui spingeva la lingua oltre le sue labbra per saccheggiarla, le sue mani che le cingevano la vita per tirarla a sé. Belle era morbida e calda, confortava gli spigoli vivi della sua agonia, e lui voleva perdersi in lei, dimenticare quanto orribile fosse il mondo solo per una manciata di istanti.

    Vagamente, si rese conto che le stava infilando le unghie lungo la schiena e cercò di fermarsi, ma un istante dopo si ritrovò a farlo di nuovo. Gemette quando Belle lo afferrò per le spalle e conficcò le proprie unghie nella carne, assaporando la distrazione del dolore. Lei sapeva sempre di cosa aveva bisogno.

    Quando cercò di interrompere il bacio, lui le morse le labbra, ringhiando in segno di protesta. Non poteva smettere. Non voleva smettere.

    "Ehi... ehi..." cercò di calmarlo, stringendogli la nuca in una morsa feroce che fece aprire qualcosa nella sua anima "Volevo solo suggerire di andare a letto".

    Fu solo allora che Gold si rese conto di quanto fosse pesantemente appoggiato a lei, con Belle che sosteneva la maggior parte del suo peso. Quella era una bella metafora della loro relazione, pensò cupamente mentre lei lo conduceva verso il letto, infilandosi sotto il suo braccio per tenerlo fermo poiché il suo bastone era attualmente dall'altra parte della stanza.

    Stava pensando di nuovo e con il pensiero non veniva altro che dolore. Non voleva pensare. Voleva solo toccare e baciare e palpare e sentire, la sensazione fisica che soffocava tutto il resto. Nel momento in cui si stese sul materasso, tirò giù Belle accanto a sè e quando lei respinse con una mano sul petto, quasi urlò per la frustrazione.

    "Puoi essere rude" lei disse rapidamente "Non trattenerti. Se ho bisogno che ti fermi, te lo dirò".

    Gold riuscì a scuotere la testa in senso di accordo, comprendendo a malapena le sue parole. Tutto quello che sapeva era che Belle lo stava attirando a sé per un altro bacio e lui si abbandonò contro di lei, spingendo la lingua nella sua bocca tanto profondamente quanto avrebbe fatto nel tentativo di annegare in lei.

    La pressione pulsava nella parte posteriore della sua testa, facendogli sentire come se il suo cranio stesse per esplodere. Con un singhiozzo soffocato, si staccò dalle labbra di Belle e attaccò il suo collo, ringhiando mentre prendeva un boccone della sua gola delicata tra i denti e tirava, tormentando la sua carne finché non si trovò a sbavare, quindi aprì la bocca così da poter ottenere più della sua pelle e succhiare forte.

    Gemendo, la spinse sul materasso senza staccarsi dalla sua gola, il suo corpo si sentiva pesante e a malapena sotto il suo controllo mentre strisciava sopra di lei. I suoi pantaloni sfregavano forte mentre spingeva contro il suo ventre, più forte di quanto non avesse mai fatto in vita sua, anche se non c'era piacere in quell'attrito. Non sentiva niente in particolare, buono o cattivo. Sentiva e basta e in quel momento era abbastanza.

    Quando Belle gli passò le unghie sulla schiena, la sua maglietta placò la sensazione e lui ringhiò di dispiacere. Con mani frenetiche, cercò a tentoni il davanti della camicia, le dita che tremavano troppo forte per occuparsi dei bottoni. Invece, strappò via il tessuto, incurante del danno che stava causando. Se non avesse sentito le mani di Belle sulla sua pelle nuda, avrebbe di certo perso la testa.

    "Va tutto bene... va tutto bene..." ripeteva Belle mentre lo aiutava a togliersi i vestiti.

    Gold sospirò di sollievo quando lei passò di nuovo le unghie su di lui, strappando via la bocca dalla sua gola giusto il tempo necessario per supplicarla "Più forte".

    “Va bene, tesoro” lei mormorò, poi lo graffiò di nuovo, le sue unghie gli lasciarono scie di fuoco lungo la schiena.

    Gold sussultò e rabbrividì, la sensazione che lo travolgeva, cancellando tutto il resto "Di più".

    Istantaneamente, lei ripeté l'azione, artigliando lunghe linee lungo la sua schiena. Il suo tocco bruciava via la nebbia di sofferenza che gli attanagliava la mente e gemette mentre si aggrappava di nuovo al suo collo, avendo bisogno di succhiare, mordere e devastare.

    Le stava tenendo i fianchi abbastanza forte da lasciare lividi, ma non riusciva ad allentare la presa. Qualunque cosa facesse, non era abbastanza. Gold non poteva fare nulla di abbastanza intenso per calmare le urla nella sua testa e si costrinse ad allontanarsi dalla gola di Belle con un gemito strozzato, temendo che lei avrebbe sanguinato se non si fosse fermato.

    Con mani tremanti, afferrò l'orlo della maglia del pigiama di Belle, sporgendosi all'indietro quel tanto che bastava per tirargliela dalla testa, i capelli scompigliati selvaggiamente intorno al viso. Nel momento in cui le sue braccia furono libere, Belle afferrò la sua mascella, affondando le unghie nel punto vulnerabile appena sotto il suo orecchio e guidando il suo viso verso i suoi seni.

    ’Oh, sì’ Gold gemette di gioia mentre strofinava il naso contro la valle sensibile tra i suoi seni prima di girare il viso per mordicchiarli. Mentre Belle rabbrividiva, alzò una mano per prendere a coppa il seno che al momento non stava aggredendo con le labbra, pizzicandole forte il capezzolo mentre stringeva forte.

    Con un'imprecazione soffocata, Belle inarcò la schiena, spingendosi più completamente nelle sue mani, e Gold approfittò della sua resa, spalancando la bocca per prendere quanto più possibile di lei. Aveva bisogno di più... più sensazione, più calore, più Belle e non si sarebbe fermato finché non l'avrebbe avuto.

    Come percependo la sua disperazione, Belle gli conficcò le unghie nei fianchi, trovando un punto appena sopra essi che lo fece ringhiare e gemere, schiacciandosi senza pietà contro il suo ventre.

    "Sì" Belle sussurrò "Così, tesoro. Proprio così. Non trattenerti. Sfogati".

    Le sue parole solleticarono qualcosa in fondo alla sua mente e Gold singhiozzò mentre le copriva la bocca con la propria per farla tacere. La testa gli batteva forte e se si fosse permesso di ricordare perché lo stavano facendo, si sarebbe perso.

    Invece, spinse la lingua in profondità nella sua bocca, privando entrambi dell'ossigeno finché la sua testa iniziò a ronzare, la pressione si allentava leggermente. Andava meglio. Finché non pensava, niente poteva ferirlo.

    Belle strappò la bocca dalla sua, ansimando, ma prima che potesse farsi prendere dal panico, girò la testa e gli prese il lobo dell'orecchio tra i denti, mordendo forte. Gold soffocò un grido mentre lei gli mordicchiava l'orecchio, i denti aguzzi che minacciavano di farlo sanguinare, e anche quello era un bene. Voleva sanguinare. Meritava di sanguinare anche se si rifiutava di ricordare il perché.

    "Di che cosa hai bisogno?" gli chiese, la sua voce roca.

    "Di più" la supplicò, confidando che lei interpretasse quelle poche parole. Non sapeva di cosa avesse bisogno, ma Belle lo sapeva sempre.

    Lo spinse via da lei, atterrando sulla schiena sul materasso accanto a lei. Prima che avesse elaborato completamente il cambiamento nelle loro posizioni, Belle si mise a cavalcioni, il suo caldo peso sul suo addome, ancorandolo alla terra. Prendendo le sue mani tra le sue, le guidò verso la testiera "Tieniti forte”.

    I bordi delle assi di legno gli tagliavano i palmi mentre avvolgeva le mani intorno ad esse, tenendo forte mentre Belle gli affondava le unghie nel petto. Quando la sua schiena si inarcò improvvisamente, lei ripeté quell’azione, poi rivolse la sua attenzione ai suoi capezzoli, pizzicandoli ferocemente finché lui non divenne un caos ansimante e contorto, i suoi fianchi che si muovevano incontrollabilmente, il suo sesso che pulsava contro la parte anteriore dei suoi pantaloni.

    Belle ringhiò profondamente, i suoi occhi scuri mentre lo fissava. Molto deliberatamente, si leccò le labbra, poi abbassò la testa per prendere il suo capezzolo sinistro in bocca, succhiando forte prima di trascinare i denti su di esso.

    Quella sensazione andò dritta al suo inguine, ma quando lui sollevò i fianchi, Belle si alzò leggermente, fissandolo quando tolse una mano dalla testiera per raggiungerla. Deglutendo a fatica, Gold ritirò obbedientemente la mano e Belle annuì in segno di approvazione prima di afferrare la cerniera dei pantaloni, aprendola senza entrare in contatto con la carne.

    Dall'altro lato della porta della camera da letto giunse il suono di un colpo di tosse.

    Istantaneamente, Gold si alzò in piedi e si risistemò i pantaloni, la sua erezione flaccida mentre si lanciava verso la porta, non sentendo il dolore alla gamba nella fretta di raggiungere il fianco di suo figlio. Il suo cuore batteva forte mentre attraversava il corridoio fino alla camera da letto di Bae, ma la tosse non si ripetè e il silenzio fu più spaventoso del peggior attacco.

    Quando accese la luce, suo figlio si mosse, alzando lo sguardo intontito "È giù mattina?".

    Gold rabbrividì, a malapena in grado di stare in piedi. Bae stava bene, o più o meno, comunque. Aveva appena tossito nel sonno come un bambino normale e Gold era andato nel panico.

    "No. Torna a dormire, Bae-Bae”.

    Bae grugnì una risposta, addormentandosi di nuovo prima che Gold potesse spegnere la luce. Tremante, zoppicò al capezzale di suo figlio per baciargli la fronte, cercando di non chiedersi quante altre volte avrebbe avuto la possibilità di farlo.

    Bae stava morendo.

    Il dolore gli attraversò il corpo, così intenso che quasi gridò, e Gold si premette una mano sulla bocca mentre barcollava fuori dalla camera da letto di suo figlio. Quando tornò nella sua stanza, Belle era seduta sul bordo del letto, il top del pigiama di nuovo al suo posto e gli occhi pieni di preoccupazione.

    "Sta bene" Gold riuscì a dire "Solo un colpo di tosse”.

    Chiudendo gli occhi, Belle tirò un sospiro di sollievo mentre le sue spalle si abbassavano "Vieni a letto" lo incoraggiò, alzandosi in modo da poter abbassare le coperte per lui "Hai bisogno di dormire un po'".

    La pressione nella sua testa era tornata e Gold si premette i palmi delle mani contro gli occhi "Non voglio dormire”.

    Se si fosse addormentato, avrebbe potuto sognare, e solo gli incubi lo aspettavano quella notte. La sola idea di sdraiarsi e chiudere gli occhi gli faceva venire il mal di stomaco. L'ultima cosa al mondo che voleva, era rimanere solo con i suoi pensieri in quel momento.

    Braccia calde scivolarono intorno alla sua vita e Gold rabbrividì quando Belle gli sfiorò un bacio gentile contro il petto "Vieni a letto" ripeté con un tono diverso.

    Le infilò le dita tra i capelli, inclinandole la testa all'indietro in modo da poter reclamare la sua bocca, cercando di ritrovare l’atmosfera che avevano perso. La testa gli ronzava, pensieri terribili gli giravano intorno come avvoltoi, e Gold avrebbe fatto di tutto per soffocarli.

    Belle ansimò mentre lui infilava una mano sotto il bordo dei pantaloni del pigiama per toccare la curva del suo sedere e cercò di concentrarsi su nient'altro che sulla dolcezza della sua bocca e la sensazione della sua pelle morbida sotto la mano. Belle era lì, calda e disponibile, e quella era l'unica cosa a cui doveva pensare. Nulla esisteva al di là di quello.

    Urgentemente, la spinse all'indietro e Belle gli permise di riportarla a letto.

    "Ti amo" lei sussurrò quando lui lasciò le sue labbra e Gold gemette, il suo corpo tornò alla piena eccitazione in pochi secondi al suono di quelle parole.

    "Dillo di nuovo" la supplicò mentre armeggiava con la maglia del pigiama. In quel momento, non stava pensando a segnali contrastanti o a quanto fosse ingiusto per lui chiedere la devozione di Belle quando non poteva restituirgliela. Con tutto che cadeva a pezzi, aveva solo bisogno di crogiolarsi nel sapere che c'era ancora del buono nel mondo. Non importava quanto fosse indegno, Belle lo amava e aveva bisogno di sentire tutta la forza di quell'amore per bilanciare tutta la miseria e il dolore.

    "Ti amo. Ti amo, Elias. Ti amo" Belle ripeté quelle parole finché lui la baciò, cercando di berle dalle sue labbra così da poterle tenere al sicuro dentro di sé per sempre. La sua luce era l'unica cosa che poteva tenere a bada la sua oscurità.

    Con un gemito, si strofinò contro il suo stomaco, le sue ginocchia si piegarono per lo shock di quella sensazione. Quando la spinse ancora, Belle cercò di abbracciarlo, e finirono sul lato del letto, con le membra aggrovigliate. Un'altra notte sarebbe stato divertente.

    Quella sera, Gold era al di là di trovare l'umorismo in qualsiasi cosa. Quando Belle riuscì a mettersi seduta, lui si lanciò in avanti, bloccandola tra il lato del letto e il suo corpo, la schiena contro il suo petto. Era appiccicata a lui, ma era ancora troppo lontana. Aveva bisogno di seppellirsi in lei, di nascondersi così profondamente dentro di lei in modo che gli incubi non sarebbero riusciti a trovarlo.

    “Ho bisogno di te” ringhiò mentre si strofinava contro il suo sedere.

    Belle emise un sospiro tremante e inarcò la schiena, premendosi contro di lui "Sì".

    Con mani disperate, armeggiò con i pantaloni del suo pigiama e con i suoi pantaloni, spingendo giù entrambi gli indumenti il più lontano possibile senza rilasciare Belle. Il tessuto aggrovigliato rendeva la posizione imbarazzante, ma Gold si sarebbe accontentato, il suo peso sostenne la parte superiore del corpo di Belle sul letto mentre prendeva in mano il suo sesso per unirsi a lei.

    Ringhiando, affondò i denti nel punto sensibile in cui il collo di lei incontrava la sua spalla mentre si spingeva in profondità, il corpo di Belle lo accolse, calmando i suoi demoni. Nulla era stato risolto, ma non importava. Lì, non riusciva a pensare a nient'altro che alla stretta del suo corpo intorno a lui e al modo in cui il suo calore bruciava il dolore del suo animo. Niente di tutto quello poteva toccarlo lì.

    Spinse dentro di lei a scatti, il suo corpo incapace di trovare alcun tipo di ritmo. L'avevano fatto abbastanza volte da sapere come compiacere entrambi, ma quella notte il suo corpo era fuori dal suo controllo, i suoi fianchi che si muovevano freneticamente contro di lei nel tentativo di alleviare la pressione che aumentava nella sua testa con la pura sensazione fisica.

    “Belle…” mormorò contro il suo orecchio mentre infilava le mani sotto il top del pigiama per accarezzarle il seno. Lei lo avrebbe aiutato. Era l'unica che poteva “Belle…”.

    Belle girò la testa per strofinare il naso contro il suo "Ti amo" mormorò con la voce rotta.

    Ebbe a malapena abbastanza buon senso per far scivolare la mano tra le sue gambe, mordendosi il labbro nel tentativo di trattenersi mentre la stimolava con le dita. Tremò, il fuoco lo consumava dall'interno. Era un'agonia ed era il paradiso e Gold voleva che continuasse per sempre, perché il resto del mondo era finalmente scomparso, lasciando nient'altro che lui e Belle e il fuoco che li avvolgeva.

    Rallentò i suoi movimenti, cercando di trascinarsi fuori. Il suo corpo stava urlando per essere liberato come un bollitore alla massima potenza, ma una volta che si fosse arreso, sarebbe finito, e voleva trascorrere il resto dell'eternità in quel posto meraviglioso con i gemiti di piacere di Belle nelle orecchie e il sapore del suo sudore sulle labbra. Era al sicuro in quel posto. Era amato.

    Quando i suoi muscoli interni si agitarono intorno a lui, Gold gemette. Era troppo presto, ma non c'era modo di frenare la marea. Quando Belle salì sull'onda, lui la seguì, muovendosi più profondamente che poteva e attutendo il suo grugnito contro i suoi capelli mentre le sue convulsioni interiori gli stimolavano il suo orgasmo, il piacere così intenso che fu quasi un dolore. Non aveva mai provato un'agonia così gloriosa.

    Il suo orgasmo spazzò via ogni pensiero dalla sua testa, lasciando una scia di beato silenzio. Esausto, Gold si abbassò in avanti, strofinando il viso contro la nuca di Belle mentre lottava per riprendere fiato, il corpo dolorante e la testa vuota. Sotto di lui, Belle si spostò leggermente e lui le avvolse le braccia intorno alla vita per tenerla ferma, coprendola con il suo corpo. Si sentiva così caldo.

    Molto prima che fosse pronto, la realtà iniziò a rifluire e, per quanto chiudesse gli occhi, Gold non riusciva a chiuderla fuori. Suo figlio stava morendo.

    "Oh, Dio" lui mormorò mentre si allontanava da Belle, sussultando alla vista dei lividi sul suo collo e sui fianchi. Belle gli aveva offerto il suo corpo per confortarlo nel suo dolore e in cambio lui l'aveva ferita. Non aveva alleviato le sue tensioni picchiandola nel modo in cui Malcolm Gold aveva fatto con lui, ma aveva comunque fatto danni.

    "Ti porto a letto" lei suggerì mentre si voltava, rivelando un segno scuro sul seno che solo i suoi denti avrebbero potuto fare. Era un dannato animale.

    Era il figlio di suo padre.

    Per qualche ragione, Belle non si allontanò da lui. Invece, lo aiutò a togliersi i pantaloni e i boxer prima di avvolgerlo nel letto, fermandosi solo il tempo necessario per togliersi il pigiama prima di strisciare accanto a lui e tirarlo tra le sue braccia.

    "Cerca di riposare" gli guidò la testa sulla spalla, facendo scorrere dolcemente la mano sui suoi capelli corti.

    “Ti ho fatto del male” gracchiò Gold, il senso di colpa che minacciava di soffocarlo. La morte incombente di Bae era troppo grande e orribile per essere contemplata, ma era qualcosa che poteva affrontare a viso aperto. Aveva fatto male a Belle e si meritava la sua censura, non il suo conforto.

    Belle sospirò appena "No, non l'hai fatto. Te l'avevo detto che potevi essere duro e che ti avrei fermato se fosse stato troppo. Non è stato il caso. Non mi hai fatto male".

    "Hai dei lividi" si morse un labbro, rifiutandosi di accettare la sua assoluzione. Belle era troppo gentile per il suo bene e, se non si fosse difesa, avrebbe dovuto farlo per lei.

    Gli passò la punta delle dita sulla gola "Anche tu".

    Gold scosse la testa. Belle era stata dura con lui perché le aveva chiesto di esserlo. Ancora una volta, gli aveva dato esattamente ciò di cui aveva bisogno. Lui, d'altra parte, era stato duro con lei perché non riusciva a regolare le proprie emozioni. Aveva gestito il suo dolore infliggendole dolore "Non è lo stesso".

    "È esattamente lo stesso" ribatté lei "Penso che entrambi ne avessimo bisogno. A volte essere un po’ più duri... aiuta”.

    Il modo in cui lo disse, ricordò a Gold che non era l'unico a soffrire quella notte. Belle amava Bae e doveva essere devastata da quella svolta degli eventi quanto lui. Non discutere con lei era il colmo dell'egoismo.

    Avrebbero potuto occuparsi di quello che era successo più tardi. Non era il momento.

    "Mi dispiace" disse piano, scusandosi tanto per la sua testardaggine quanto per i lividi.

    Belle gli baciò la testa "Non c’è bisogno”.

    La sua tranquilla accettazione lo fece singhiozzare. Gold premette il viso contro la sua gola, cercando di rintanarsi in lei mentre piangeva, le lacrime non toccavano l'oceano di dolore che viveva dentro di lui. Non era giusto che un padre seppellisse suo figlio. Non era così che doveva funzionare il mondo. Tra le braccia di Belle, aveva trovato tregua, ma era stato solo temporaneo.

    Non poteva vivere in un mondo in cui non c'era Bae. Semplicemente non poteva.

    Gold singhiozzò fino a fargli male la testa e le orecchie a fischiare, ma non c'era sollievo nelle lacrime. Quando la tempesta finì, si sentiva malconcio ed esausto come un naufrago, svuotato dal dolore. Suo figlio stava morendo.

    Sotto di lui, Belle si irrigidì all'improvviso e lui non riuscì nemmeno a trovare la forza per alzare la testa. Qualunque cosa non andasse, avrebbe dovuto aspettare. Quella notte non ne poteva più.

    "Elias!" lei disse con urgenza e Gold si riscosse dal suo miserabile torpore, aggrottando la fronte quando si rese conto che il ronzio nelle orecchie non era solo un effetto collaterale del suo sfogo.

    Il suo telefono stava squillando.


    Continua…
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  8. .

    Capitolo 21



    Quando Gold si svegliò, era solo.

    Anche se aveva giurato di porre fine alla sua relazione sessuale con Belle così che lei avrebbe avuto lo spazio di cui aveva bisogno per ripensare ai suoi sentimenti per lui, fece comunque male svegliarsi senza di lei accanto quando si era addormentato tra le sue braccia. Il cuscino era freddo sotto la sua testa rasata e anche se era sepolto sotto un mucchio di coperte, aveva freddo senza il calore di Belle.

    Con un gemito, si costrinse a spingere giù le coperte, sibilando quando una luce brillante gli accecò gli occhi. Gold sbatté le palpebre rapidamente e prese il telefonino, la bocca aperta quando vide l'ora. Non c'era da stupirsi che si fosse svegliato da solo: era quasi l'una del pomeriggio. Belle e Bae probabilmente lo avevano dato per disperso.

    Le sue ossa scricchiolarono mentre si trascinava fuori dal letto, i muscoli erano deboli e molli per il lungo sonno. Il suo bastone, che ricordava di aver lasciato accanto al lavandino, era agganciato ordinatamente al bordo del comodino, e quando riuscì a barcollare verso il bagno, scoprì che i detriti del suo impulsivo rinnovamento erano spariti. Le ciocche di capelli erano state spazzate via con cura e i suoi articoli da toeletta erano tornati al loro posto abituale, opera di Belle, ovviamente.

    Scosse la testa con una mesta risata, ancora una volta stupito da lei. Non era che fosse riuscita a fare tutto senza svegliarlo - Gold aveva la sensazione che avrebbe potuto portare una banda di ottoni in camera da letto e lui non si sarebbe mosso - era che, ancora una volta, si stava prendendo cura di lui come se meritasse il suo amore. La sua generosità lo umiliava.

    Quando ebbe finito di eseguire i movimenti meccanici di radersi e lavarsi i denti, la sua mente sembrava un po' più chiara. Una lunga doccia era un lusso per un genitore single e Gold decise di non sentirsi in colpa per concederselo, l'acqua calda gli pungeva la pelle. Si era fatto la doccia in hotel, ovviamente, ma solo mettere piede in ospedale lo faceva sentire come se avesse uno strato di sporcizia sulla pelle che la doccia calda sciacquava via. Per un momento stravagante, si sentì come se anche tutte le sue preoccupazioni e preoccupazioni si stessero gettando nello scarico.

    Lavarsi i capelli fu un'esperienza strana. Le sue dita continuavano ad afferrare i capelli che non c'erano più, il suo cuoio capelluto si sentiva sensibile e vulnerabile sotto le sue mani insaponate. Ci sarebbe voluto un po' per abituarcisi.

    Una volta uscito dalla doccia, Gold si prese del tempo per vestirsi e quando si guardò allo specchio, a malapena riconobbe l'uomo che vide. La nuova pettinatura non era particolarmente lusinghiera, mettendo in evidenza il fatto che era ingrassato, ma il cambiamento nei suoi capelli non spiegava la differenza che vedeva in se stesso. Per prima cosa, sembrava ben riposato, e quello era insolito. Il vero cambiamento, però, era nei suoi occhi. C'era una pace lì che non ricordava di aver visto prima.

    Aveva detto a Belle il suo segreto più oscuro e lei non pensava che fosse un mostro. Se lei non credeva che fosse un mostro, forse poteva crederci anche lui.

    La casa era silenziosa quando uscì dalla camera da letto, qualcosa che fece venire un brivido lungo la schiena di Gold anche mentre cercava di convincersi che Belle e Bae stavano solo cercando di stare zitti in modo che potesse dormire. Non c'era motivo di credere che qualcosa non andasse, e parecchi motivi per credere che tutto andasse bene. Per prima cosa, Belle l'avrebbe svegliato se qualcosa fosse andato storto con Bae mentre dormiva tutto il giorno.

    Gold tese le orecchie mentre si avvicinava alle scale e quando fu a metà fu in grado di sentire una conversazione tranquilla e il rumore provenire dalla cucina, facendogli riprendere fiato per il sollievo. Mentre si dirigeva verso la cucina, Gold si aggrappò a quei piccoli suoni domestici, desiderando di poterli imbottigliare.

    Non fece alcuno sforzo per essere furtivo, ma né Belle né Bae sembrarono notare il suo approccio. Sorridendo tra sé, Gold si fermò sulla soglia della cucina per guardarli esaminare i dadi sparsi sul tavolo, i due seduti uno di fronte all'altra, le espressioni identiche. Entrambi sedevano con una gamba piegata sotto l'altra e la testa appoggiata su una mano, espressioni di concentrazione sui loro volti.

    Senza pensarci, Gold sollevò il telefonino per scattare una foto, ridacchiando quando entrambi si girarono all'unisono per guardarlo "Buongiorno".

    Belle ridacchiò "Pomeriggio sarebbe più corretto! Stavo iniziando a pensare che fossi andato in letargo".

    Accettò la presa in giro con lo spirito che gli veniva offerto, avvicinandosi per tirarle scherzosamente la coda di cavallo "Buon pomeriggio, allora".

    Con Bae lì, non poteva dire altro, ma Gold sperava che Belle potesse vedere la gratitudine nei suoi occhi, non solo per il lusso di aver dormito di più, ma per le cure amorevoli che gli dedicava così disinteressatamente. Quando il sorriso di Belle si fece più profondo, mostrando le fossette, lui permise a se stesso di credere che avesse capito.

    Usò l'estremità della sua coda di cavallo per solleticarle il naso, poi lasciò cadere i capelli mentre si girava verso Bae, che lo stava fissando con la bocca aperta. "Qualche problema?".

    "Cosa hai fatto ai capelli?" chiese Bae con un tono di inorridito fascino.

    “Li ho tagliati. Chi sta vincendo la partita?" sapeva che stava arrivando il momento e l'unico modo in cui Gold poteva pensare di gestirlo era quello di interpretare il suo nuovo look come un cambiamento minimo, a malapena degno di considerazione.

    "Sembri stupido".

    "Baden!" per quanto ricordasse Gold, quella era la prima volta che Belle usava il nome completo di Bae.

    Bae si scrollò di dosso il rimprovero "Beh, è così".

    "Anche se la pensi così, non è carino dire cose del genere. Ferisci i sentimenti di papà" era la cosa più severa che Belle avesse mai detto al bambino.

    “Allora non dirò che sembra stupido. Lo penserò e basta".

    Gold era ragionevolmente sicuro che Bae avesse deliberatamente non capito il punto.

    "Beh, penso che papà sia molto bello, e penso che dovresti dire che ti dispiace" la strenua difesa di Belle del suo taglio di capelli scaldò il cuore di Gold.

    Bae scrollò le spalle "Scusa".

    "Accetto le tue scuse" Bae non sembrava minimamente sincero, ma Gold avrebbe preso quello che poteva, perché sapeva che a suo figlio non sarebbe piaciuto il nuovo taglio di capelli.

    Il naso di Bae si arricciò mentre esaminava suo padre, lo guardava come se avesse scelto di indossare una trota morta come cappello "Li manterrai così per sempre o li farai ricrescere?".

    "Non ho ancora deciso" lo informò Gold con noncuranza. Si era già pentito delle sue azioni impulsive, ma Bae non aveva bisogno di saperlo.

    "Dovresti farli ricrescere".

    “Prenderò in considerazione la tua opinione. Non lasciare che interrompa il tuo gioco" deliberatamente, Gold voltò le spalle al tavolo mentre si spostava per prepararsi il pranzo, indicando che la conversazione era finita. Poteva sentire lo sguardo di Bae perforargli la nuca, ma quando tirò fuori dal frigorifero gli ingredienti per un sandwich, sentì ancora una volta il rumore dei dadi.

    Espirò lentamente. Era andata molto meglio di quanto si aspettasse "Qualcun altro gradirebbe un panino?".

    "Sì, grazie".

    "Credo di sì".

    Mentre Gold preparava il pranzo, si concesse di sperare che la questione fosse risolta. Bae sembrava intento al gioco di Yahtzee, che sembrava stesse vincendo, quindi forse esprimere ad alta voce la sua opinione sulla questione dei capelli di suo padre aveva risolto tutto. Essere informato che sembrava stupido era un prezzo molto più basso di quello che Gold si era aspettato di pagare per aver alterato radicalmente il suo aspetto senza preavviso.

    Avrebbe dovuto sapere che non sarebbe stato così fortunato. "Perché ti sei tagliato i capelli?" domandò Bae non appena si sedette per mangiare.

    Come avrebbe dovuto rispondere quando non era del tutto sicuro di quale fosse la risposta lui stesso? Non aveva bisogno di riversare il suo tumulto emotivo su suo figlio, ma Bae non avrebbe mai accettato un "Non lo so" come risposta.

    Gold prese un morso meditativo del suo panino, masticando lentamente per prendere tempo mentre cercava una risposta che non avrebbe turbato Bae né sarebbe stata una bugia troppo grande "Mi sentivo triste e pensavo che tagliarmi i capelli potesse farmi sentire meglio".

    Bae guardò suo padre come se avesse due teste "Non ti piace tagliarti i capelli. Perché tagliarti i capelli dovrebbe farti sentire meglio?".

    "Pensavo che se avessi avuto un aspetto diverso, mi sarei sentito diverso" senza dubbio, stava modellando strategie di coping estremamente malsane per suo figlio.

    "Oh" Bae annuì mentre digeriva la spiegazione di suo padre "Ha funzionato?".

    "No".

    Bae sembrò così sconvolto dalla sua risposta che Gold si affrettò a continuare "Ma poi ho parlato con Belle e lei mi ha abbracciato e mi sono sentito meglio".

    Sotto il tavolo, il piede di Belle sfregò affettuosamente contro la sua caviglia, offrendogli supporto fuori dal campo visivo di Bae. Gold si arrischiò a lanciarle un'occhiata, sperando che potesse leggere la sua gratitudine nel suo sorriso.

    Bae si rianimò "Avresti dovuto parlarle prima, allora. Gli abbracci mi fanno sempre sentire meglio".

    Gold non poté fare a meno di ridacchiare al riassunto dell'esperienza di suo figlio. Sì, sarebbe stato molto più saggio parlare con Belle invece di devastare i suoi capelli, ma non era stato in grado di realizzarlo la scorsa notte. Almeno il danno era stato minimo. I capelli sarebbero ricresciuti "Hai assolutamente ragione".

    "Gli abbracci aiutano sempre" concordò Belle.

    Bae inclinò la testa di lato mentre considerava suo padre "Non sembri così stupido" annunciò, magnanimo.

    "Grazie mille" Gold diede un morso al sandwich per nascondere il suo sorriso.

    "Devi comunque farli ricrescere, però”.

    "Lo metterò nella mia lista delle cose da fare" concordò Gold, fingendo di non vedere Bae alzare gli occhi al cielo a quella risposta.

    Da lì, la questione dei suoi capelli sembrò essere in gran parte risolta. A Gold fu permesso di partecipare al turno successivo di Yahtzee, un gioco in cui si dimostrò rapidamente terribile, e se Bae provava un piccolo piacere in più nel guardare suo padre essere in difficoltà, c'erano penitenze peggiori.

    Anche se Bae si stava interessando alle cose più di quanto avesse fatto all'ospedale, era ovvio che non tutto andava bene. Dopo altri due round di Yahtzee, Bae iniziò a sbadigliare e si addormentò meno di dieci minuti dopo l’inizio di “Alla ricerca di Dory”. All'ora di cena, mangiò, ma non riuscì a ripulire il piatto e andò volentieri a letto un'ora prima della sua solita ora. Gold cercò di dire a se stesso che il bambino si stava ancora riprendendo dalla sua degenza in ospedale, ma fu difficile essere ottimisti quando Bae si addormentò prima che Belle avesse finito di leggere la sua favola.

    Quella notte, Gold lasciò di nuovo aperte le porte della camera da letto, per ogni evenienza. Non aveva la stessa sensazione di presagio che aveva avuto la notte in cui Bae aveva avuto il suo orribile attacco, ma non aveva senso correre rischi.

    "Non so cosa fare" ammise quando Belle entrò con il tè.

    "Riguardo a cosa?" lei piegò una gamba sotto di sé, girando il corpo per guardarlo in viso.

    Sbuffò una risata. Quella era un'altra cosa che Belle e Bae avevano in comune: sapevano come porre le domande più difficili "Tutto e niente".

    Belle gli mise una mano sulla coscia e gli diede una stretta confortante "Stai andando alla grande. Pensavo che avessi gestito molto bene la faccenda dei capelli. Sei stato onesto con lui, ma appropriato all'età".

    "Grazie" per anni era stato un genitore da solo e quando Belle si era trasferita lì, Gold era stato impreparato a cosa avrebbe significato avere qualcun altro che valutasse le sue scelte. Sentirle dire che stava facendo bene significava il mondo per lui "E grazie per avermi permesso di dormire di più" aggiunse. Prendersi cura di Bae non poteva mai essere un peso, ma anche lui ogni tanto aveva bisogno di una pausa.

    "Ne avevi bisogno" lo informò "Devi prenderti cura di te stesso. Penso che te lo dimentichi a volte".

    Non è che se ne dimenticasse. Quella era una lezione che Gold non aveva mai imparato e ora che Bae aveva così tanto bisogno, il suo benessere aveva cessato di essere una priorità "Sono fortunato ad avere te a ricordarmelo".

    "Sì, è vero" concordò Belle e subito gli tirò fuori la lingua per farlo ridere.

    "Non stavo parlando dei capelli però" Gold tentò di riportare la conversazione in carreggiata, anche se non era del tutto sicuro di cosa volesse dire "Cosa facciamo adesso? Dovremmo chiamare Dove e farlo ricominciare con la scuola? Potrebbe far bene a Bae tornare con un programma normale, ma non voglio nemmeno mettergli fretta. Cavolo, dovremmo anche preoccuparci con la scuola o semplicemente prendere il resto dell'anno e riprovarci l'anno prossimo?".

    Fece una smorfia mentre pronunciava quelle parole. Non c'era alcuna garanzia che Bae si sarebbe sentito in salute di fare lezioni con Dove il prossimo settembre. Non c'era alcuna garanzia che il bambino sarebbe stato ancora lì.

    "Diamogli il resto della settimana libera e ricominciamo da capo lunedì. Magari Dove potrebbe fare mezze giornate con lui finché non vediamo come si riprende" la calma praticità di Belle diede a Gold qualcosa a cui aggrapparsi.

    “Gli piace imparare e Dove rende la cosa divertente. Se è troppo per lui, possiamo richiamarlo a giorni alterni. Questa è la cosa bella dell'istruzione a casa. Possiamo fare tutto ciò che vogliamo per adattare la cosa a Bae" Belle batté un dito pensieroso contro la sua tazza "Penso che gli farà bene avere le lezioni a cui guardare".

    "Ha bisogno di qualcosa per cui guardare al futuro" concordò Gold. Bae aveva perso quasi tutto negli ultimi mesi. Aveva bisogno di qualcosa di buono per compensare quelle perdite.

    Se a Bae erano rimasti solo pochi mesi, dovevano essere i migliori mesi possibili.

    Belle annuì "Cosa stai pensando?".

    "Non sto pensando a niente" lui scattò. Quello era il problema. Il mondo di Bae stava diventando più piccolo di giorno in giorno e Gold non riusciva a pensare a nessun modo per renderlo più grande.

    Quando Belle si appoggiò allo schienale della sedia, mettendo della distanza tra loro, si rese conto di quanto fosse ingiusto "Mi dispiace. Non intendevo scattare in quel modo. È solo che...".

    Le scuse fatte a metà erano patetiche, ma Belle si sporse in avanti e gli mise una mano sul ginocchio, gli occhi caldi "Va tutto bene. So quanto sia difficile per te”.

    "Questo non significa che debba prendermela con te" Belle non aveva fatto altro che sostenerlo e continuava a sopportare il peso dei suoi sbalzi d'umore.

    "Ti fermi sempre e chiedi scusa". Era troppo generosa con lui.

    "Sarebbe meglio se non lo facessi affatto" lui mormorò, incapace di accettare il suo facile perdono. Suo padre aveva espresso i suoi sentimenti con i pugni e, sebbene Gold fosse riuscito a non seguire quell'esempio, attaccare verbalmente qualcuno che voleva solo aiutarlo non era un gran passo avanti.

    “Sei troppo duro con te stesso. Vorrei che tu potessi essere più gentile” disse dolcemente Belle.

    Il suo gentile rimprovero fece più male che se si fosse infuriata con lui "Mi dispiace, Belle. Non voglio essere così bastardo. Non te lo meriti e giuro che cercherò di fare meglio".

    “Cosa? No. Elias…” Belle allungò una mano per afferrargli il mento, costringendolo a incontrare i suoi occhi “Volevo dire che vorrei che tu potessi essere più gentile con te stesso, non con me“.

    Gold abbassò gli occhi, incapace di sopportare di vedere la tenerezza nei suoi. Non importava quante volte avesse dimostrato di non essere degno di lei, Belle continuava a perdonarlo e la sua unica preoccupazione era per lui, non per se stessa.

    "Stai soffrendo. Hai paura, sei triste e sei arrabbiato. Non puoi imbottigliare tutto quanto. Se non lo tiri fuori, peggiorerai solo le cose” gli disse, la sua voce bassa e ipnotica.

    La bocca di Gold si contrasse "Allora, vuoi che me la prenda con te?".

    Non era una battuta e Belle non rise "Certo che no. Ma potresti parlare con me. O potresti farti un bel pianto. O potremmo racimolare dei piatti economici e romperli. Ma alla fine dovrai fare qualcosa".

    Suo malgrado, sorrise all'immagine dei due che lanciavano piatti contro un muro di mattoni "Bae non ci perdonerebbe mai se rompessimo i piatti senza di lui“.

    Gli occhi di Belle brillarono "Magari potrebbe essere la nostra prossima gita scolastica. Andremo a comprare un sacco di cose economiche nei negozi dell'usato, poi torneremo a casa e distruggeremo tutto".

    Quando lui rise, lei si unì a lui, rilasciandogli il mento mentre si sedeva, la tensione del momento precedente dissolta. Egoisticamente, Gold fu grato per quello. Belle non l'avrebbe lasciato cadere e lui era abbastanza intelligente da sapere che aveva assolutamente ragione: se avesse continuato a reprimere le sue emozioni, alla fine sarebbe esploso. Un giorno avrebbe dovuto affrontarle, ma quella sera non poteva proprio farcela. Se fosse caduto a pezzi quella sera, nemmeno Belle avrebbe potuto raccoglierne i cocci.

    "Qualcosa per Bae che non vede l'ora di fare..." rifletté mentre beveva un sorso del suo tè.

    “Non Disney. Probabilmente nemmeno un cane".

    Bae aveva già tutte le cose materiali che avrebbe mai potuto desiderare. Dov'era il brivido nell'ennesimo animale di pezza o giocattolo?

    "Non possiamo fare nulla fuori fino alla primavera, perché l'aria fredda fa male ai suoi polmoni" Belle sospirò frustrata.

    "E non possiamo andare da nessuna parte dove ci sia una folla, a causa dei germi" ciò non lasciava troppe opzioni.

    "Immagino che uno di quei parchi acquatici al coperto sia fuori discussione" Belle guardò nelle profondità della sua tazza come se cercasse risposte "Qualcosa per il suo compleanno? Cosa fate di solito?".

    "L'anno scorso voleva una festa con tutti i suoi compagni di scuola".

    Belle sussultò "È venuto qualcuno?".

    "Oh, sì" Gold si concesse un sorriso cupo al ricordo "Minacciare di sfrattare le persone è una motivazione tremenda. Bae ha trascorso una giornata meravigliosa, però”.

    Questo era ciò che contava. Bae si era goduto la sua festa, beatamente ignaro delle macchinazioni di suo padre e anche i suoi compagni di scuola erano sembrati divertirsi. Considerando la fortuna che aveva speso per l’intrattenimento, dolcetti e robe varie, la festa era stata un paese delle meraviglie a misura di bambino e Gold li considerava soldi ben spesi. Tuttavia, non aveva fretta di ripetere quell'esperienza stressante.

    "Almeno ha avuto un buon compleanno" Belle fece eco ai suoi pensieri.

    "Vorrei che avesse degli amici" quella era una cosa che i suoi soldi non potevano comprare.

    “Ha così tante persone che lo amano: io e te, i miei genitori e Dove… Ma capisco cosa intendi. Non è come avere amici della sua età" Belle posò la tazza e piegò le ginocchia al petto, un'immagine di sconforto.

    L'ultima cosa che Gold voleva fare era trasferire la sua angoscia su di lei "Forse dovremmo concentrarci su ciò che ha. I tuoi genitori sarebbero interessati a venire? E alcune delle tue amiche principesse? Bae potrebbe voler presentare Olaf ad Anna ed Elsa".

    "Parlerò con mamma e papà. E dei miei amici, stai pensando a una visita normale o a una visita in costume? Voglio dire, lo farebbero in un baleno, ma quei vestiti valgono più delle nostre vite e la sicurezza è molto pignola. Magari potremmo noleggiare i costumi in loco...” Belle si interruppe mentre tirava fuori il telefono per cercare negozi di costumi.

    Gold mise la mano sulla sua "Non dobbiamo pianificarlo ora. È tardi“.

    Belle ridacchiò "Sono solo le dieci".

    Era davvero sveglio solo da nove ore? "Sembra tardi" si corresse Gold.

    "Non ti sbagli su questo" concordò Belle mentre rimetteva il telefono nella tasca della vestaglia. Almeno stava sorridendo di nuovo.

    “Belle…”.

    "Sì?" il suo viso in attesa e Gold poteva sentirsi avvizzire. Come avrebbe dovuto guardarla negli occhi e dirle freddamente di andare a dormire nel suo letto? Anche se era per il suo bene, sarebbe comunque sembrato un rifiuto. L'avrebbe ferita e quella era l'ultima cosa che voleva fare.

    Ora che aveva iniziato, doveva dire qualcosa "Sono molto contento che tu sia qui. Grazie per... essere te stessa".

    I suoi occhi si fecero vitrei, il suo tenero sorriso gli spezzò il cuore "Prego".

    Gold non era sicuro se fosse grato o no che lei non gli avesse detto che lo amava. Ascoltarla dar voce ai suoi sentimenti era un doloroso ricordo di quanto poco avesse da offrirle in cambio, ma amava ancora quelle parole ogni volta che gliele sentiva dire. Nessuno lo aveva mai amato con la paziente devozione che aveva Belle. A parte Bae e Belle, nessuno lo aveva mai amato.

    Non rimandandola nella sua stanza, la stava conducendo a vuoto e anche se cercava di dire a se stesso che stava solo cercando di risparmiarle del dolore, Gold sapeva di essere egoista. C'era già abbastanza infelicità nella vita di Belle. Non sopportava l'idea di infliggerne di più. Non poteva guardarla negli occhi e vedere il dolore che aveva messo lì, anche se era per il suo bene.

    Invece, la attirò a sé nel letto, godendosi il calore e la morbidezza del suo corpo accanto al suo nell'oscurità. In un timido tentativo di evitare di inviare segnali contrastanti, mantenne i suoi tocchi casti e Belle non si mosse per iniziare altro. Invece, infilò la testa sotto il suo mento, lasciando che respirasse il profumo dei suoi capelli mentre scivolava nel sonno, il suo abbraccio gli assicurava silenziosamente che tutto sarebbe andato bene.

    L'ottimismo non era naturale per Gold e, nei giorni che seguirono, divenne sempre più difficile rimanere positivi. Dopo un ricovero in ospedale, Bae impiegava sempre del tempo per recuperare le forze, ma man mano che i giorni diventavano settimane, divenne sempre più ovvio che questa volta sarebbe stato diverso.

    Il respiro di Bae era affannoso, il respiro sibilante ora era un compagno costante, ma non c'era febbre. Non c'era nessuna infezione da combattere, solo il piccolo corpo di Bae che lottava per far entrare abbastanza aria nei suoi polmoni sfregiati. Whale aveva prescritto ogni singola pillola, ma anche mentre sistemava i vari farmaci, Gold sapeva che era senza speranza. Quella era la progressione della malattia di Bae, non un'ulteriore malattia che avrebbe potuto superare e da cui riprendersi. Quella era la loro nuova normalità. Non restava che vedere se il suo fragile corpo avrebbe resistito fino a quando non fossero stati disponibili nuovi polmoni.

    Col passare dei giorni, Bae giocava di meno e dormiva di più. Parlava meno e tossiva di più. L'intera giornata di scuola che faceva con Dove prima del suo ultimo spavento si era dimezzata e poi a mezze giornate a giorni alterni. Anche con quel programma modificato, era tutto ciò che il bambino poteva fare per tenere gli occhi aperti durante la cena e Gold non riusciva a ricordare l'ultima volta che aveva sentito ridere suo figlio.

    Era terrorizzato.

    Aveva fatto del suo meglio per non darlo a vedere, fingendo che fosse la cosa più normale del mondo per Bae addormentarsi in meno di cinque minuti dall'inizio di un film. Si sedeva sul divano con Bae tra le braccia, fissando a vuoto qualunque cartone animato avessero messo per lui mentre teneva stretto suo figlio addormentato, contando avidamente ogni respiro che il bambino prendeva e cercando di non sentire il crepitio nel suo petto.

    "Andrà tutto bene" mormorò Belle dalla sua posizione sul pavimento accanto al divano.

    Le sue parole erano prive di significato. Belle non poteva vedere nel futuro più di quanto potesse fare lui. Non c'era modo che potesse sapere che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Tuttavia, Gold si aggrappò alle sue parole così come si aggrappò a suo figlio, avendo bisogno delle sue bugie confortanti più di quanto avesse mai avuto bisogno di qualsiasi altra cosa.

    "Non posso farcela" sussurrò.

    Belle appoggiò la testa contro il suo fianco "Sì, puoi. Stai bene. Bae starà bene, vedrai. Andrà tutto bene".

    "Continua a dirmelo" le chiese. Forse, se Belle avesse detto quelle parole abbastanza spesso, sarebbero magicamente diventate vere.

    Regolò la presa su Bae in modo che il bambino riposasse più comodamente contro il suo petto. Liberando una mano, Gold si allungò per infilare le dita tra i capelli di Belle, sentendo quei fili di seta avvolgersi intorno alle sue dita come una carezza, tenendolo con i piedi per terra.

    "Stiamo bene" gli disse "Andrà tutto bene".

    Continuò quella litania rilassante finché Bae non si mosse, molto tempo dopo la fine del film "Come ti senti?" gli chiese Gold dolcemente.

    Bae ci rifletté per un momento "Stanco".

    Dopo un pisolino di due ore, non era quello che voleva sentire, ma Gold cercò di non reagire "Vuoi qualcosa da mangiare?".

    Bae si rannicchiò di più contro di lui "Non ho fame".

    Sebbene non fosse mai stato un amante delle verdure, Bae era sempre stato un buon mangiatore, ma nell'ultima settimana il suo appetito era stato inesistente. Gold deglutì a fatica "Tra un po' mangeremo un po' di zuppa. Ti piacerà. Cosa vuoi fare nel frattempo?".

    Mai in vita sua aveva voluto così tanto giocare a Toilet Trouble. Gold voleva sentire Bae suggerire quel gioco volgare o supplicarlo di fare il moccio finto. Avrebbe venduto la sua anima per mangiare una pizza di cartone e ascoltare gli animali robotici cantare canzoni se Bae avesse semplicemente chiesto una visita al ristorante.

    Voleva solo che le cose fossero normali.

    Invece, Bae allungò il collo per guardare Belle "Parla dei tuoi nonni”.

    Gli occhi di Belle erano enormi, il viso bianco, ma fece del suo meglio per sorridere alla richiesta. Gold ingoiò una boccata di bile. Durante la loro discussione sulla morte, Belle si era offerta di dire a Bae dei suoi nonni defunti, così sarebbe stato certo di conoscere qualcuno nell'aldilà se fosse morto prima del resto dei suoi cari.

    In realtà non era venuto fuori nulla da quella conversazione e Gold cercò di non considerarlo un presagio che Bae avesse scelto di riparlarne adesso "Perché vuoi sentirne parlare?".

    Bae scrollò le spalle "È così e basta. È importante“.

    Gold chiuse gli occhi per trattenere le lacrime, affondando brutalmente i denti nella lingua nel tentativo di usare il dolore fisico per distrarsi mentre Belle si mise a sedere sulle sue ginocchia e si lanciò in una storia su come una volta suo nonno le avesse costruito un'altalena.

    Il suo tono era leggero e allegro e Gold lasciò che la sua cadenza lo coinvolgesse, senza fare alcuno sforzo per ascoltare le parole che stava pronunciando. ’Come lo faceva?’ si chiese. In che modo Belle riusciva a mostrarsi coraggiosa e parlare come se tutto andasse bene? Se lui avesse provato a dire qualcosa, sarebbe caduto a pezzi, ma lei raccontava storie come se non le importasse del mondo.

    Il suo coraggio lo faceva vergognare. Non importava quanto orribili fossero le cose, Belle non vacillava mai, la sua luce tratteneva l'oscurità. Che cosa aveva mai fatto per meritarla?

    "... E il suo piede finì dritto attraverso il pavimento!" Belle disse, apparentemente finendo una storia.

    Gold non aveva idea di quale fosse stato il contesto di quella frase, ma Bae fece una risatina arrugginita, un suono che Gold strinse forte al cuore. Se il bambino poteva ancora ridere, c'era ancora speranza.

    "Facciamo un po' di zuppa" lui suggerì. Bae aveva bisogno di mantenere le sue forze e ciò significava che Gold non poteva smettere di lottare nemmeno per un istante. Doveva assicurarsi che mangiasse e riposasse, prendesse la sua medicina e facesse tutto il necessario per guadagnare più tempo possibile.

    "Non ho fame" protestò Bae, ma quando Gold si rifiutò di accettare un no come risposta, il bambino riuscì a mangiare quasi un'intera ciotola di zuppa di pomodoro.

    Aggiunse un'altra cucchiaiata alla ciotola di Bae prima che potesse raffreddarsi e quando Bae iniziò a sbadigliare, Gold cercò di tenerlo concentrato e sveglio.

    "Cosa vuoi per il tuo compleanno?".

    "Ooh, bella domanda!" Belle disse entusiasta, i suoi occhi brillavano mentre rivolgeva la sua attenzione a Bae "Otto anni è un compleanno piuttosto importante".

    "Possiamo prendere un cane?" chiese Bae.

    Se il bambino fosse arrivato al suo ottavo compleanno, Gold gli avrebbe comprato un dannato elefante se ne avesse voluto uno "Lo terrò in considerazione".

    Bae alzò il pugno "Sì!".

    Era il massimo entusiasmo che avesse mostrato per qualsiasi cosa dall'attacco e Gold si permise di sperare per il meglio anche se i suoi occhi gli mostravano quanto pallido e fragile fosse diventato. Rispetto a come appariva ora, era stato l'immagine della salute durante il loro viaggio alla Disney e il contrasto era spaventoso.

    Dopo aver messo a letto Bae quella notte, Gold rimase al fianco di suo figlio, guardando il suo petto alzarsi e abbassarsi. Quando si rese conto che stava contando i respiri, scosse la testa, cercando di trovare qualcosa a cui pensare che lo avrebbe distratto.

    La sua mente si aggrappò all'idea del compleanno di Bae. Doveva essere speciale, il giorno più bello di tutta la vita del bambino. Bae non aveva amici, nemmeno della sua età, ma se avesse pianificato un evento abbastanza elaborato, non avrebbe avuto importanza che le uniche persone presenti fossero adulti.

    Avrebbe potuto assumere un circo per uno spettacolo privato. Bae amava il circo e sarebbe stato entusiasta di averne uno nel suo cortile. Alcuni degli amici di Belle sarebbero potuti entrare in costume per guardare lo spettacolo e giocare con Bae. Se avesse dato abbastanza soldi alla Disney, il problema del costume si sarebbe risolto da solo. Abbastanza denaro poteva far sparire qualsiasi problema.

    Quasi ogni problema.

    Gold serrò la mascella, cercando di allontanare quel pensiero perdendosi nei piani della festa. Un circo... qualche dozzina di personaggi... cos'altro avrebbe voluto Bae?

    Quando tirò fuori il telefono per cercare un esperto di pirotecnica locale in grado di progettare uno spettacolo, Gold sapeva di essere uscito dai confini, ma stava scendendo a tutta velocità da una montagna in un'auto senza freni. Era fuori controllo, ma non sapeva come fermarsi. La festa doveva essere perfetta, assolutamente perfetta. Se lo fosse stato, l'universo non avrebbe avuto altra scelta che consentire a Bae di partecipare.

    Stava cercando di decidere se avrebbe dovuto sorprendere Bae con i genitori di Belle, facendoli apparire come parte di un numero da circo o avvolgendoli in una scatola gigante come regalo, quando Belle tornò nella stanza, con gli occhi scuri.

    “Vieni a letto” mormorò mentre gli metteva una mano sulla spalla.

    "Io..." Gold guardò suo figlio addormentato, il petto che si muoveva ancora sotto le lenzuola. Un respiro. Due.

    La presa di Belle si strinse "Vieni a letto".

    La sua voce era ferma e lui si ritrovò ad obbedire, il suo corpo che si muoveva senza pensieri consapevoli "Stavo organizzando la sua festa di compleanno".

    “Pianificala domani. Hai bisogno di dormire" prendendolo per un braccio, Belle lo trascinò quasi verso il loro letto e Gold lo seguì con il pilota automatico.

    "Non sono stanco".

    "Sì, lo sei. Semplicemente non lo sai. Elias, per favore. Sdraiati e chiudi gli occhi. Se non riesci a dormire, almeno puoi riposare" quando Belle gli diede una spinta gentile, Gold si ritrovò seduto sul bordo del letto, il telefono ancora stretto in mano. Le sue dita doloranti.

    Belle si inginocchiò ai suoi piedi e Gold la guardò mentre con cautela staccava le dita dal telefono, incapace di collaborare. Il suo corpo non sembrava obbedire ai suoi comandi.

    "Ecco" mormorò una volta liberato il telefono dalla sua presa disperata "Non va meglio?".

    Inconsciamente, piegò le dita, sentendo la circolazione tornare "Grazie".

    "Prego" Belle si chinò per baciargli la guancia prima di mettere il telefono sul comodino per tenerlo al sicuro "Sdraiati" gli ordinò mentre gli teneva le coperte scostate.

    Un'ondata di stanchezza lo travolse quando si appoggiò allo schienale, i cuscini lo accolsero. Belle aveva ragione, l’aveva sempre. Era stanco.

    Lo squillo acuto del suo telefono lo fece quasi saltare sul materasso. Si bloccò, fissando negli occhi Belle in stato di shock. Era mezzanotte passata. Non c'era motivo per nessuno di chiamarlo dopo mezzanotte, tranne...

    Scattò in avanti quando Belle prese il suo telefono con entrambe le mani "È Whale!" annunciò, la voce tesa mentre gli porgeva il telefono.

    Le sue mani tremavano così forte che riusciva a malapena a tenere il telefono "Che c’è?".

    Non era un gran saluto, ma Whale non sembrava averne bisogno "Potremmo avere dei polmoni per Bae”.

    Il respiro si fermò nel petto di Gold, emergendo come un qualcosa di affannoso quando Belle si sedette accanto a lui, il corpo che vibrava.

    "Potreste?" riuscì a dire, tenendo il telefono in modo che Belle potesse sentire le parole del dottore.

    "C'è stato un incidente. Il bambino...” Whale si interruppe e si schiarì la gola "Beh. I dettagli non sono importanti. I genitori sono divorziati. Il padre ha acconsentito a donare. Stanno aspettando la madre".

    Gold chiuse gli occhi, a malapena in grado di elaborare quelle parole. C'era speranza. Dopo tutto, c'era speranza per Bae.

    "Cosa facciamo?" chiese Belle, parlando quando lui non ci riuscì "Dovremmo portarlo lì? Oppure…?”.

    "Restate lì fino a quando non sapremo per certo. Non date niente a Bae da mangiare o da bere e siate pronti a muovervi. Quand'è stata l'ultima volta che ha mangiato?”.

    "Ha mangiato della zuppa di pomodoro alle sei e un bicchiere d'acqua alle otto" Gold non aveva idea di come se lo ricordasse. La sua testa era così piena di elettricità statica che non era sicuro di poter scrivere nemmeno il proprio nome.

    "Bene, ok. Ci sentiamo presto" Whale riattaccò senza salutare.

    Accanto a lui, Belle aveva entrambe le mani sulla bocca e respirava come se stesse morendo "Oh, Dio... oh, Dio...".

    Quando lei mise la sua mano nella sua, Gold resistette con tutte le sue forze, sentendosi come se stesse per cadere dal pianeta. Da qualche parte, là fuori, c'erano un paio di polmoni per Bae.

    Da qualche parte, là fuori, un bambino era morto.

    "Quel povero bambino... i suoi genitori..." Le lacrime scorrevano sul viso di Belle e Gold non poteva muoversi per asciugarle.

    "Sì" la sua voce era ruvida, la sua gola sembrava foderata di carta vetrata. C'era speranza per Bae, ma a quale prezzo? Quella notte, due sconosciuti stavano affrontando l'incubo che lui era così disperato di evitare.

    Perché la vita doveva essere così orribile?

    "Cosa facciamo?" sussurrò Belle "Dobbiamo vestirci? Posso fare le valigie... Fare il caffè... Preparare qualcosa da mangiare... Non per Bae, ovviamente. Dovremmo svegliarlo?".

    Quando si mosse per alzarsi, Gold le diede uno strattone, tenendola ferma "Non fare niente" scosse la testa quando lei lo guardò confusa "Non finché non lo sapremo con certezza”.

    Gold non era sicuro di come spiegare la paura che si contorceva nel suo intestino. Non era ancora reale. Se avessero fatto qualcosa, quella speranza sarebbe potuta svanire come un miraggio. Qualsiasi azione intrapresa avrebbe potuto essere eccessiva. Non potevano mettere alcun peso su quella nuova bilancia finché non fossero stati sicuri che sarebbe stato reale.

    Non era una grande spiegazione, ma Belle annuì come se avesse capito "Va bene".

    Allungò una mano e lui si aggrappò a entrambe le sue mani con le sue mentre appoggiava la fronte contro la sua, sentendo il respiro di lei contro il viso. Gold chiuse gli occhi e cercò di pensare ad altro che a quei caldi sbuffi d'aria, non sicuro se il mondo stesse finendo o ricominciando.

    Le mani intrecciate, si appoggiarono l'uno all'altro e aspettarono che il telefono squillasse.


    Continua…
  9. .
    CITAZIONE (tibi @ 8/6/2021, 20:50) 
    CITAZIONE (sweetest thing @ 9/5/2021, 21:39) 

    Inseriti! GRAZIE! :C1:


    Il Supernatural GdR chiude. Nascerà un nuovo posto a breve con un'altra storia. Possiamo tornare a rompervi le scatole con il forum nuovo quando sarà pronto? :)

    Certo, con piacere :lol:
    Ci dispiace sentire che il Supernatural chiuda, comunque :A22:
  10. .
    CITAZIONE (Connie @ 4/6/2021, 10:55) 
    | Link: Avviso abbonato | Benvenuti al "Barbershop" di Pan Barbiere ...pronti a rifare il vostro look? Correte a prenotare i vostri numeri e occhio alla lista "Forum plus"!

    Controllato

  11. .

    Capitolo 23



    Gold sussultò al suono di vomito proveniente dal bagno.

    Era molto tardi o molto presto. Non sapeva bene. Dal bagno, poteva sentire il rumore dell'acqua che scorreva, il tentativo di Belle di soffocare i gemiti che stava facendo. Senza dubbio sarebbe stata mortificata se avesse saputo che poteva sentirla.

    Sospirò. Non aveva senso alzarsi dal letto solo per ritrovarsi a parlare con una porta chiusa a chiave. Quell’episodio era il terzo in dodici ore e le due volte precedenti Belle aveva messo in chiaro che non aveva bisogno della compagnia di suo marito. Gold stava attualmente cercando di non essere infastidito dalla cosa. Dopo solo sei settimane di matrimonio, non poteva davvero biasimarla per essere ancora un po' timida nei suoi confronti, ma era suo marito. Era suo dovere confortare sua moglie quando non stava bene.

    Alla fine, la porta del bagno si aprì e Belle tornò a letto, reclamando il suo posto accanto a lui con un lieve gemito.

    "Domani andiamo dal dottore".

    "Diarmid!" Belle disse così forte che l'intero letto tremò "Pensavo stessi dormendo. Non volevo svegliarti".

    "Per prima cosa, domattina, chiamo il dottore".

    Belle aveva liquidato i suoi primi due episodi di malattia come reazione alla cernia che avevano avuto a cena e lui non era disposto ad accettare di nuovo quella spiegazione. Aveva mangiato la stessa cosa e si sentiva bene. Ergo, non era la cernia.

    "Sto bene" disse Belle ostinatamente.

    Gold non era dell'umore giusto per giocare. Se vomitava, non stava bene "Sei malata e hai bisogno di un dottore".

    "Non pagherò un dottore per dirmi che ho un mal di stomaco. È ridicolo" accanto a lui, Belle rotolò sulla schiena, e anche se era troppo buio perché lui la vedesse in faccia, la immaginò fissare il soffitto.

    Aprì la bocca per discutere, poi la richiuse mentre rifletteva sulle sue parole. Il suo riferimento al pagamento gli aveva dato tutte le informazioni di cui aveva bisogno per capire cosa motivasse il suo rifiuto di vedere un medico.

    Negli anni che aveva passato a prendersi cura di Moe, Belle aveva dimenticato molte cose: la sua salute, i pasti caldi e il sonno erano solo la punta dell'iceberg. Per quanto avesse dovuto lottare per sbarcare il lunario, non sarebbero rimasti soldi per le cure mediche a meno che la situazione non fosse stata completamente disastrosa. Tutti i soldi che aveva, andavano alle cure di Moe, non per sè. Anche ora che il denaro non era un problema, anni di abitudine le davano ancora la stessa reazione istintiva all'idea di cercare cure per se stessa.

    Con quello in mente, Gold provò una tattica diversa. Rotolando su un fianco, allungò una mano e gliela poggiò sullo stomaco “Tesoro, dammi retta, va bene? Tuo marito si preoccupa per te".

    Come sperava, l'appello emotivo fece più per ammorbidirla di quanto avrebbe fatto qualsiasi argomento logico. Un attimo dopo, Belle si rannicchiò tra le sue braccia, il debole profumo di menta nel suo alito gli diceva che si era lavata i denti. Anche quando non stava bene, cercava comunque di accontentarlo. Cosa che avrebbe potuto usare a suo favore.

    "Mi sentirò meglio quando saprò che non è niente di grave. Ok? Anche se è solo un mal di stomaco, il medico può darti delle medicine per aiutarti a sentirti meglio" la stava manipolando, ma Gold si rifiutava di sentirsi in colpa per quello. Era in gioco il benessere di Belle.

    Belle fece un sospiro "Mi sentirò stupida a sprecare il suo tempo".

    "Questo è il suo lavoro" le ricordò Gold "Inoltre, non conosci Whale. Non si lamenterà di dover passare del tempo con una donna meravigliosa".

    Come sperava, Belle ridacchiò “Quale donna meravigliosa stai pensando di portare con noi? Dovrei essere gelosa?".

    Se poteva scherzare con lui, non doveva sentirsi così male. Ma comunque, si sarebbe sentito meglio una volta che Whale le avesse dato una diagnosi di buona salute “Nessuno di speciale. Solo mia moglie”.

    Belle si rannicchiò più vicino "Parlami di tua moglie".

    Per un momento, fu tentato di scherzarci sopra, ma il modo in cui Belle gli stava accarezzando dolcemente il fianco lo dissuase. La presa in giro era divertente, ma lei meritava di sentire alcune cose carine su se stessa.

    "Beh, per cominciare, è incredibilmente bella. Splendidi occhi azzurri e un accento che mi fa sciogliere, ma lei è più di un bel viso. È intelligente, ama leggere ed è gentile. È totalmente devota alla sua famiglia. E probabilmente è più paziente con me di quanto merito" nonostante i suoi migliori sforzi, non le aveva sempre reso questo matrimonio facile, ma Belle non gli aveva mai rinfacciato i suoi errori contro.

    Un singhiozzo smorzato gli fece chiedere se stesse piangendo "Belle?".

    "Lei..." Belle si schiarì la gola e riprovò "Sembra una bella persona".

    "Lo è" le baciò la sommità della testa "Mi è molto cara".

    "Oh, Diarmid..." le parole rimasero sospese nell'aria come se avesse avuto intenzione di dire di più.

    "Dormi un po'" le consigliò quando divenne chiaro che aveva perso il filo dei pensieri. Una buona notte di sonno poteva solo aiutare e se al mattino fosse stata ancora malata, avrebbe chiamato Whale.

    Belle si svegliò altre due volte durante la notte per vomitare, quindi Gold si alzò all'alba per chiamare il dottor Whale. Alle otto del mattino erano nel suo ufficio in ospedale, il dottore che guardava sua moglie con sincero interesse.

    "Ha vomitato cinque volte in dodici ore" Gold quasi ringhiò e Whale colse il suggerimento, scattando in modalità professionale.

    “Ha mangiato qualcosa fuori dall'ordinario? Ha qualche allergia alimentare nota?" Whale misurò la temperatura di Belle mentre parlava.

    “Nessuna allergia. Ieri sera abbiamo cenato con la cernia. Non l’avevo mai mangiata prima” Belle alzò un po' le spalle "Ho pensato che forse sia un'intossicazione alimentare".

    "Solo che anche io ho mangiato la stessa cosa e sto bene" finì Gold per lei.

    "Allora probabilmente non è la cernia" Whale misurò la pressione sanguigna di Belle e annotò alcuni appunti "Altri sintomi?".

    "Il vomito non è abbastanza?" Gold sbuffò.

    "Non proprio".

    All'espressione di rimprovero di Belle, fece un respiro profondo.

    "Qualche possibilità di gravidanza?".

    La domanda di Whale lo colpì come un treno. Avevano deciso di mettere il discorso dei bambini in attesa per un periodo indefinito e Belle avrebbe dovuto fare in modo che ciò accadesse. Sua moglie era stata chiara sul fatto che avrebbe voluto dei figli, ma quello era per un futuro lontano, non ora.

    Accanto a lui, Belle sbiancò "Ho la spirale".

    "Questo è quanto di più sicuro si possa avere, ma niente è affidabile al cento per cento. Eseguirò un test per ogni evenienza e partiremo da lì. I risultati determineranno quale tipo di farmaco anti-nausea prescrivere. C'è anche un brutto virus intestinale in giro, che probabilmente è quello che ha, ma è meglio prevenire che curare".

    Quando un'infermiera venne per accompagnare Belle fuori dalla stanza per prendere un campione di urina, Gold rimase dov'era, fissando senza vedere l'acquerello piuttosto insipido sulla parete opposta. C'era una possibilità, per quanto piccola, che Belle fosse incinta di suo figlio.

    Non aveva la minima idea di come sentirsi al riguardo.

    Un bambino avrebbe significato una seconda possibilità. Non un sostituto di Bae - niente avrebbe mai potuto riempire il vuoto che l'assenza di suo figlio gli aveva lasciato nel cuore - ma un’altra occasione di paternità. Questa volta avrebbe fatto meglio. Questa volta, aveva una partner che voleva davvero essere una madre. Tra loro due, sarebbero riusciti a non sbagliare in modo così spettacolare tanto da far decidere a quella nuova vita di non voler avere niente a che fare con loro. Questo sarebbe stato un bambino che non avrebbe lasciato andare.

    Oppure sì?

    E se c'era qualcosa che non andava in lui? E se ci fosse stato qualcosa di orribile così profondamente radicato nella sua anima che rendeva impossibile a qualsiasi bambino di amarlo? Non appena Bae aveva avuto la possibilità, era partito per l'altra parte del paese e si era rifiutato di tornare. Nessun rapporto genitore-figlio era perfetto, ma quello non era normale. Chiaramente, aveva fatto qualcosa di orribilmente sbagliato se suo figlio non gli voleva nemmeno più parlare e nessuna quantità di auto-riflessione era sufficiente per mostrargli dove avesse commesso l'errore. Se non sapeva dove aveva sbagliato, come avrebbe saputo cosa non fare di nuovo?

    Forse era semplicemente condannato a ripetere i peccati di suo padre. Era fuggito dalle grinfie di Malcolm Gold il prima possibile e Bae aveva fatto la stessa cosa con lui. Se avesse avuto un altro figlio, cosa avrebbe impedito a tutto di andare a rotoli? Belle non faceva miracoli e aveva già le mani impegnate con Moe…

    Gold chiuse gli occhi al pensiero. La routine di Moe era già abbastanza fragile così com'era. Aggiungere un bambino al mix sarebbe stato un disastro.

    Belle tornò nella stanza pochi minuti dopo e rivendicò il suo posto, la schiena dritta e il viso pallido.

    "Come ti senti?".

    "Nauseata" disse secca e lui potè vederla visibilmente cercare di rilassarsi "Il dottor Whale sembra simpatico".

    "Credo di sì" il dottore era competente, il che gli bastava. Conoscere il dottore era in basso nell'elenco delle priorità di Gold.

    Dopo ciò, caddero in un silenzio così forte da riempire completamente la stanza. Gold non osava chiedere cosa stesse pensando Belle. L'unica cosa peggiore che sentirla dire che stava pregando di non essere incinta sarebbe stata sentire che sperava di esserlo.

    Non erano pronti per quello. Non c'era modo, assolutamente in alcun modo, che fosse pronto a essere di nuovo padre. Non poteva succedere.

    Qualche minuto o ora dopo, Whale tornò nella stanza "Buone notizie! Ha solo un virus intestinale".

    "Non sono incinta?" chiese Belle, con voce cauta e monotona.

    "Non è incinta" confermò Whale, guardando confuso avanti e indietro tra i due "Mi dispiace, avrei dovuto essere più discreto nel dare la notizia? Dato che sta usando la spirale, ho pensato che sareste stati contenti".

    Le spalle di Belle si abbassarono "No. No, ci ha detto quello che volevamo sentire".

    "Assolutamente" concordò Gold, dicendosi fermamente convinto che non stava provando altro che sollievo.

    "Bene" Whale continuò a guardarli per un momento prima di scrollarsi di dosso lo strano umore nella stanza “In tal caso, la cattiva notizia è che questa cosa deve solo fare il suo corso per due o tre giorni. La buona notizia è che posso darle qualcosa per mitigare i sintomi. Può scegliere tra due farmaci anti-nausea. Il primo è efficace al sessanta per cento, ma sarà sveglio e vigile".

    Belle fece una smorfia "Anche il sessanta per cento in meno di vomito è circa il quaranta per cento in più di quanto voglio".

    Whale annuì in segno di compassione "La sua seconda opzione si prenderà completamente cura della nausea, ma la farà stare fuori fase per un bel po’. Non sarà nemmeno in grado di rimanere sveglia abbastanza a lungo da usare un asciugacapelli. Se non ha programmi per i prossimi due giorni, è quello che le consiglio”.

    Dopo aver scambiato uno sguardo con suo marito, Belle rivolse di nuovo la sua attenzione al dottore "Sceglierò l'opzione due".

    "Chiamo la farmacia e potrà ritirarlo mentre tornate a casa. Due pillole ogni quattro ore o ogni volta che si sveglia" Whale alzò un dito ammonitore “Si assicuri di essere a letto o sul divano prima di prendere la prima dose. E si assicuri di bere molti liquidi. Altrimenti si disidraterà".

    Quando Whale se ne andò per fare la chiamata alla farmacia, Belle raccolse la sua borsa, la fronte aggrottata "Forse avrei dovuto optare per l'opzione uno".

    "Non è troppo tardi per cambiare idea" le ricordò Gold "Avevi dei programmi?".

    Non gli aveva detto niente e questo fece un po' male. Non si aspettava che sua moglie gli facesse rapporto per tutto, ma sarebbe stato carino essere informato su quello che succedeva nella sua vita.

    "No, sto solo pensando a papà. È abituato ai nostri appuntamenti quotidiani con i giochi da tavolo e potrebbe infastidirlo non vedermi" quando Belle esitò, Gold le prese il gomito per farla uscire.

    "Accetterebbe un sostituto?" trascorrere un'ora a giocare a giochi da tavolo con Moe non era esattamente la sua idea di divertimento, ma se avesse dato sollievo a Belle, avrebbe affrontato quel compito.

    "Lo faresti?" il viso di Belle si addolcì "È davvero dolce da parte tua".

    "Non è niente" Gold si scrollò di dosso le sue lodi, a disagio per la calda sensazione che si diffuse attraverso la bocca dello stomaco “Devi riposarti e stare meglio. Anche tuo padre vorrebbe questo".

    Arrivarono fino al parcheggio prima che Belle diventasse verde "Tranquilla" la rassicurò Gold, agganciandosi rapidamente il bastone sul braccio per liberargli le mani. La sostenne con una mano, l'altra le afferrò i capelli per tenerli lontani dal viso mentre si liberava in un cespuglio.

    Belle ebbe un ultimo conato di vomito, poi tossì prima di raddrizzarsi, il suo viso un'immagine di sofferenza.

    "Povero tesoro" mormorò Gold mentre le avvolgeva un braccio intorno alla vita, sostenendola mentre si dirigevano verso la macchina.

    Quando la fece accomodare sul sedile del passeggero, Belle fece una linguaccia, trasalendo "Mi sento disgustosa".

    Le diede un bacio sulla fronte "Prenderemo la tua medicina e andremo a casa. Ti sentirai meglio una volta che sarai a letto".

    Belle armeggiò nella sua borsa finché non trovò una mentina, ficcandola in bocca con un sospiro di sollievo "Odio vomitare".

    "Dubito sinceramente che a qualcuno piaccia" le fece notare con voce secca.

    Il viaggio tra l'ospedale e la farmacia fu breve “Devo prendere qualcos'altro per te? Whale dice che devi mantenerti idratata. Ci sono bevande disgustose a cui sei particolarmente affezionata? Kool-Aid o forse quella bevanda al cioccolato con il coniglio sull’etichetta?".

    Come sperava, la sua gentile presa in giro delle sue abitudini alimentari la fece ridere, il suono interrotto bruscamente da un gemito di sgomento "Oh, non farmi ridere. Vomiterò di nuovo altrimenti".

    "Mi dispiace, tesoro" aveva voluto solo tirarla su di morale.

    "Forse un po' di ginger ale?" gli chiese.

    "D’accordo. Ci metto solo un momento".

    La sua ricetta non era pronta quando Gold raggiunse il bancone, ma al suo cipiglio di dispiacere, il farmacista si mise subito in azione. Mentre l'uomo si affrettava a fare il suo lavoro, si diresse verso la selezione di ginger ale, aggrottando la fronte per l'assortimento.

    La sua naturale inclinazione era quella di selezionare la soda artigianale, ma da quello che sapeva dei gusti di Belle esitò. Era più probabile che apprezzasse il marchio generico che non era mai stato a meno di cinquanta metri da una vera radice di zenzero.

    "Signor Gold? La sua ricetta è pronta".

    Con uno sospiro, afferrò entrambe le opzioni, ignorando lo sguardo perplesso del cassiere. Se Belle si sentiva meglio, avrebbe comprato azioni della marca economica a patto che lei non si aspettasse che lui la bevesse.

    Acquisti in mano, tornò alla macchina, sollevando la soda generica mentre si avvicinava per la sua approvazione. Il suo sorriso brillante gli assicurò che aveva scelto saggiamente.

    "Che c’è? Non avevano un ginger ale invecchiato dodici anni e filtrato attraverso pietre preziose?" lo prese in giro mentre lui scivolava al posto di guida.

    "Ho comprato anche quello" ammise.

    "Certo che sì” Belle gli sorrise affettuosamente "Grazie per aver acquistato anche le cose normali".

    "Cerco di mantenere felice mia moglie" non era sicuro del motivo per cui i suoi occhi fossero diventati umidi.

    “È saggio. Moglie felice, vita felice".

    "E sarai molto più felice una volta che ti sentirai meglio" disse praticamente "Ti porto a casa e prendi le medicine".

    Belle chiuse gli occhi mentre guidava, facendogli domandare se si fosse addormentata. Se così fosse, non c'era modo che lui potesse tirarla fuori dalla macchina e Gold maledisse mentalmente la sua gamba malata. Che razza di marito non riusciva a portare a letto la moglie? Supponeva di poter chiamare Dove per farlo, ma il pensiero di Belle tra le braccia di un altro uomo lo disturbava per ragioni su cui aveva scelto di non riflettere.

    Con suo sollievo, lei aprì gli occhi mentre entravano in garage. Gold l'aiutò a scendere dall'auto e la portò di sopra, trasalendo quando si staccò da lui per correre in bagno.

    Quando la raggiunse, Belle era appoggiata al water, con le lacrime che le colavano lentamente sul viso "Va tutto bene" la calmò mentre inumidiva un panno con acqua fredda per asciugarle il viso arrossato "Forza".

    Si appoggiò a lui mentre la spogliava e la rimboccava a letto “Va meglio?" chiese mentre prendeva due pillole e gliele consegnava. Se il farmaco avesse funzionato così velocemente come aveva detto Whale, si sarebbe addormentata in pochi minuti.

    "Sei un bravo marito" mormorò Belle mentre si metteva le pillole in bocca e prendeva il bicchiere d'acqua che le offrì. Nel momento in cui le pillole sparirono, crollò con un gemito, rintanandosi tra le coperte.

    "Posso portarle qualcosa?".

    “Mi abbracci? Solo finché non mi addormento?" disse con voce fioca.

    La sua richiesta gli fece male al cuore. Belle si fidava di lui abbastanza da desiderare il suo conforto quando si sentiva vulnerabile e male "Certo che lo farò, tesoro".

    Si tolse le scarpe e si scrollò velocemente di dosso la giacca prima di unirsi a lei sotto le coperte, mettendosi a cucchiaio dietro di lei. Belle si rannicchiò nel suo abbraccio, sospirando quando iniziò a strofinarle delicatamente la pancia "Ci sono io" cantilenò “Tu riposati e basta, tesoro. Ti sentirai molto meglio quando ti sveglierai".

    "Grazie per essere rimasto con me" mormorò, già mezza addormentata.

    "Non c'è posto in cui preferirei essere" anche mentre pronunciava quelle parole, Gold poteva assaporarne la verità. Era esattamente dove voleva essere: abbracciato a sua moglie, anche se lei stava poco bene sfortunatamente. Sarebbe stato felicemente sdraiato lì tutto il giorno con Belle e si sarebbe considerato fortunato che lei avesse trovato conforto tra le sue braccia. Le sue responsabilità lavorative potevano essere bloccate. Tutto ciò che importava era che lei si sentisse meglio. Avrebbe fatto di tutto perché ciò accadesse.

    Gold strinse Belle più forte quando si rese conto con crescente orrore di ciò che stava accadendo.

    Si era innamorato di sua moglie.

    'Cazzo'.

    Continua…
  12. .
    CITAZIONE (tibi @ 14/5/2021, 13:56) 
    Eccomi, scusate il ritardo ma ho fatto la seconda dose del vaccino e mi ha fatto stare malissimo.
    Ho appena inserito il vostro banner, scusate ancora per il ritardo!

    Ma figurati, nessun problema. Spero tu stia meglio :)
  13. .
    CITAZIONE (tibi @ 9/5/2021, 21:05) 
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    Capitolo 9



    11 marzo 1843
    Il carissimo Stephen mi ha acquistato questo diario come regalo di compleanno. Spero di tenere traccia delle nostre avventure qui, mentre ci prepariamo a partire per l'America.
    Oggi Stephen e io ci siamo assicurati il nostro passaggio a bordo dell'Alyson. Per la prima volta ho incontrato il famigerato capitano Cottin e devo dire che non era neanche lontanamente terribile come avevo sempre sentito dire. Avevo immaginato un uomo così orribile che non avrei nemmeno osato guardare in faccia. Forse la mia immaginazione mi è sfuggita di mano, ma ogni volta che ne avevo sentito parlare, avevo percepito un tono di disgusto come se fosse l'uomo più spregevole sulla terra. Lo stesso Stephen me lo aveva detto che il capitano era recalcitrante e mancava delle buone maniere che ne derivano una corretta educazione. Quello che ho trovato nel capitano Cottin è stato un uomo ragionevolmente bello, con gli occhi azzurri più freddi che abbia mai visto e che mi ha fatto venire in mente i lastroni di ghiaccio lungo il bordo del fiume. Non sorrideva né puntava il cappello, ma c'era qualcosa di curioso dietro quei suoi occhi mentre mi fissava e allora capii che era un semplice uomo e non un favoloso mostro che avevo evocato nella mia immaginazione.

    24 marzo 1843
    Stephen e io partiremo per l'America domani. Ho deciso di non piangere per amore della mamma, anche se mi mancheranno lei e mio padre caramente. Se non fosse per la mia eccitazione per l'avventura che mi aspetta, mi sarei semplicemente sciolta in un fiume di lacrime e Stephen avrebbe dovuto raccogliermi nella sua caraffa e portarmi a bordo così. Sono solo grata di avere mio fratello con me in questo viaggio.

    25 marzo 1843
    Stiamo arrivando. L'aria di mare è frizzante, ma preferibile all'essere rinchiusa sottocoperta con gli altri passeggeri. Mi trovo a sperare di vedere scorci del capitano Cottin, anche se mi è stato detto che preferisce la sua solitudine.

    28 marzo 1843
    Stephen si è ammalato. Credo che il mare non gli sia amico. Molti dei passeggeri stanno anche male e questo rende il viaggio molto scomodo. Mi viene in mente la pecora imbottita a casa. Ci viene concesso uno scarso spazio personale e c'è pochissima privacy. Sento un rimorso di coscienza per il fatto di non essere influenzata dal movimento della nave come tanti altri. Ma Stephen è grato di avere la mia compagnia. Sono riuscita a intravedere il capitano oggi mentre camminava sul ponte. Sembrava così maestoso mentre camminava avanti e indietro con le mani intrecciate dietro la schiena. Non ho potuto fare a meno di inchinarmi e salutare. Lui ha semplicemente offerto una riluttante "Signorina McCready" in risposta e io devo dire che è stata una piacevole e inaspettata sorpresa che si sia ricordato il mio nome.

    29 marzo 1843
    Stephen non sta meglio. Vorrei poter fare qualcosa per alleviare il suo disagio. Oggi ho parlato di nuovo con il capitano Cottin. Sono stata molto audace e sono andata dritta da lui per chiedere informazioni sulla durata del nostro viaggio. Mi ha guardata dall'alto in basso con un tale cipiglio… Devo ammettere che quasi mi sono messa a ridere perché mi ha ricordato il Corgi della cugina Mary che è incline a ringhiare ferocemente quando a disagio, ma è innocuo come un petalo di rosa. Mi ha detto: "Signorina McCready, perché insiste a fare domande sciocche quando conosce già la risposta?". E io ho risposto:" Forse perché desidero molto sentire qualcosa oltre al vento".

    1 aprile 1843
    Ho molta paura che la malattia di Stephen sia più grave di quanto pensassi. Diventa sempre più debole ogni giorno di più. Non desidero lasciare il suo fianco, ma insiste che vada al ponte per prendere una boccata d'aria fresca, per non ammalarmi anch'io. Ho quasi incontrato il capitano Cottin ogni giorno. Sospetto che gli piacciano i nostri incontri tanto quanto me, poiché non si vede così spesso tra i passeggeri. A Stephen piace ascoltare le nostre brevi conversazioni e credo che la sua impressione del capitano si faccia più favorevole.

    5 aprile 1843
    Stephen ha richiesto un incontro con il capitano Cottin. Non so cosa voglia dirgli… non me lo dice. Ma sono molto preoccupata.

    6 aprile 1843
    Oggi Stephen mi ha ordinato di restare al suo fianco. È molto debole e pallido e magro. Non sopporto il pensiero di perderlo.

    9 aprile 1843
    Stephen se n’è andato. Sono sola.

    16 aprile 1843
    Il capitano Cottin mi ha mandato a chiamare. Ho a malapena lasciato gli alloggi dei passeggeri dalla morte di Stephen. Se fosse per me, mi getterei in mare e nuoterei verso casa da mia madre e mio padre.

    17 aprile 1843
    Il capitano Cottin è un uomo insopportabile. Non lo capisco affatto. Oggi abbiamo litigato. Mi ha detto: "Signorina McCready, cenerà con me per il resto del nostro viaggio". Quando io gli ho detto che volevo consumare i miei pasti qui sotto con gli altri passeggeri, si è accigliato e mi ha detto: "Non era una richiesta, signorina" e io ho detto: "Non sono uno dei vostri armatori, signore, non può darmi ordini". Poi ha emesso un grugnito e se n’è andato.

    18 aprile 1843
    Ho parlato di nuovo con il capitano oggi e ho chiesto un passaggio di ritorno quando arriveremo in America. Senza Stephen non c'è niente lì per me. Temo di non essere abbastanza coraggiosa da vivere in una nuova terra. Il capitano Cottin non mi ha dato risposta in un primo momento sul passaggio di ritorno. Ha cominciato semplicemente a camminare lontano da me, ma gli ho afferrato la manica e gli ho detto con fermezza che volevo una risposta. Ha detto: "Signorina McCready, se può pagarsi il passaggio, la riporterò sana e salva a casa. Se non potrà pagare, allora la lascerò a terra da sola”. Mi manca moltissimo Stephen.

    19 aprile 1843
    Oggi ho presentato al Capitano i miei risparmi per il viaggio di ritorno. Non ha accettato, né mi ha parlato. Quell'uomo mi fa infuriare.

    20 aprile 1843
    Mi ritrovo spesso a contemplare il capitano Abel Cottin. Sa essere una bella distrazione quando comincio a sprofondare nel desiderio disperato della compagnia di Stephen. Credo che il capitano sia l’uomo più capace che abbia mai incontrato, quindi il suo nome è abbastanza appropriato. L’ho trovato a canticchiare una melodia triste oggi ed è stato terribilmente triste e bello tutto in una volta e mi sono ritrovata a piangere. Si è rivolto a me come se avesse sempre saputo che fossi lì e ha detto: "Cosa vuoi, Pearl?" con una voce molto sommessa. Ero certa che mi avesse scambiata per qualcun’altra e ho detto: "Il mio nome non è Pearl, signore. Il mio nome è Struana". E lui ha detto:" Lo so" e si è voltato. Temo che non lo capirò mai.

    23 aprile 1843
    Il capitano mi ha chiesto di nuovo di cenare con lui, anche se l'ha fatto in modo tale che sembrasse quasi addolorato. Ho accettato. Ho cominciato a pensare a lui come ad Abel nel segreto dei miei pensieri.

    24 aprile 1843
    Ho scoperto qualcosa di inquietante. Amo Abel. Amo un uomo esasperante. Vorrei avere Stephen a consigliarmi.

    27 aprile 1843
    Abel continua a chiamarmi Pearl senza alcuna spiegazione. Di volta in volta è burbero e irascibile con me e poi gentile e tenero. Mi chiedo se conosca i miei sentimenti. Mi chiedo se lui provi qualcosa per me. Stasera abbiamo parlato di mare. Ci siamo fermati sul ponte con una vasta gamma di stelle sopra di noi e ha detto che questa era casa sua. Mi ha guardata negli occhi quando l’ha detto, come se volesse che io lo capissi veramente.

    1 maggio 1843
    In poco più di due settimane raggiungeremo le coste americane. Non so cosa ne sarà di me. Abel rimane in silenzio sull’argomento del mio passaggio di ritorno.

    3 maggio 1843
    Ieri sera Abel era di pessimo umore. Non sapevo cosa fare e ho cercato solo di agire come se nulla fosse. Poi lui, con i suoi soliti modi bruschi, mi ha detto: "Signorina McCready, se ha qualche idea romantica verso di me, deve metterla a tacere immediatamente". Devo confessare di aver riso e questo ha oscurato ulteriormente il suo umore. Non volevo essere scortese, ma le sue parole mi hanno sorpresa, per quanto inaspettate. Abbiamo camminato lungo il ponte in silenzio per un po' e poi lui ha detto: "Perché sei qui, Pearl? Perché non scappi mortificata ai miei insulti e modi volgari come ogni altra donna civilizzata?". Gli ho detto: "Non vi trovo volgare, capitano. É l'uomo più schietto che abbia mai conosciuto, non incline ad inutili coccole, ma gentile a modo suo. Siete stato un grande conforto per me". Dopodiché, si è limitato a guardarmi stranamente e poi mi ha augurato la buonanotte.

    4 maggio 1843
    La giornata di oggi ha portato la più inaspettata delle sorprese. Abel era più scontroso del solito. Con l'espressione più scura sul suo viso, mi ha detto: "Pearl, cosa diresti se ti proponessi di sposarmi?". Mi sono sentita come se il fiato mi fosse stato tolto e all'inizio non sono riuscita a parlare. Si è spazientito e ha iniziato a camminare, allora gli ho preso la manica e ho detto: "Direi di sì, capitano" e lui ha detto:" Allora sei una stupida, Pearl". Io semplicemente ho sorriso e l’ho abbracciato e lui mi ha guardato e ha detto con un cipiglio così feroce sul viso: "Se sei sciocca abbastanza da provare affetto per me, allora sarai punita conseguentemente avendo la dubbia presunzione di diventare mia moglie". Ci siamo sposati subito dinanzi al primo ufficiale di Abel e Abel ha fatto in modo che le mie cose fossero trasferite nella sua cabina. Ora sono Struana Cottin e riesco a malapena a crederci. Dopo la cerimonia, Abel mi ha lasciato da sola ed è tornato ai suoi doveri e io sono rimasta lì a divenire amica con i libri e gli effetti personali di quest'uomo che amo così tanto. Mio marito.

    10 maggio 1843
    Ieri c'è stata una terribile tempesta che ci ha investiti tutto d’un tratto. Stavo semplicemente camminando sul ponte quando la nave si è ribaltata violentemente da un lato e sono stata gettata oltre il lato dell'area di attesa. Non sono caduta lontano, ma è stato terribilmente spaventoso. Uno degli uomini di Abel ha calato un altro con una corda e mi ha recuperato. Abel era molto arrabbiato e mi ha detto di andare subito in camera e restare lì e mi sono sentita molto sciocca a essere rimproverata in quel modo. Invece, sono andata dai passeggeri e poi di nuovo alla cuccetta di Stephen. La mia caviglia pulsava senza pietà e mi sono ritrovata a volere mio marito quasi con disperazione. Mi sono sdraiata e ho pianto per non so per quanto tempo prima che Abel apparisse di nuovo e mi riportasse nella sua cabina. È stato così gentile, occupandosi della mia caviglia e asciugando le mie lacrime e allora ho capito che si era arrabbiato con me solo per paura e preoccupazione. A volte credo che potrebbe amarmi.

    3 giugno 1843
    Siamo finalmente arrivati sulle coste dell'America. Abel dice che rimarremo in questa città chiamata Silver Pines per un po' prima che lui debba tornare in mare. Mi sta costruendo una casa. Abbiamo litigato all'infinito per quella casa. Non voglio essere lasciata qui. Voglio navigare con Abel, ma mi dice che il mare non è un posto per me. Ha torto. Lo amo tanto quanto lui e voglio essere con lui ovunque vada.

    15 luglio 1843
    Abel è tornato alla sua nave. Mi ha costruito una magnifica casa su una piccola isola da dove posso guardare l'oceano e aspettarlo. So che la costruzione della casa gli è costata cara per averlo fatto così velocemente. È la casa più bella che abbia mai visto e lo disprezzo con tutta me stessa. Ho supplicato Abel per lasciarmi andare con lui, ma si è arrabbiato fino a quando, alla fine, mi ha detto che sarei stata solo un fastidio sulla nave e che mi ha sposato solo per mantenere una promessa fatta a Stephen che si sarebbe preso cura di me. Quelle sono state le sue ultime parole per me prima che se ne andasse.

    16 luglio 1843
    Abel ha assunto una domestica per stare qui, aiutarmi e tenere in ordine la casa. Si chiama Mary ed è piuttosto sgradevole, ma efficiente. Sembra essere infelice di essere qui come lo sono io, anche se so che Abel l'ha pagata profumatamente. Non credo che le piaccia essere su quest'isola. Il commerciante di Silver Pines, Mister Olger, ha accettato di venire sull'isola una volta ogni quindici giorni per portaci le provviste. Abel mi ha lasciato una generosa scorta di denaro e ho ordinato diversi libri, che per me saranno una compagnia migliore di Maria.

    30 agosto 1843
    Ho trascurato il mio diario nelle ultime settimane perché non c'è niente di nuovo di cui scrivere. Trascorro le mie giornate leggendo, camminando lungo le rive della mia piccola isola-prigione e aspettando il ritorno di Abel. Ho anche coltivato un piccolo giardino nel retro della casa con pacchetti di semi che il signor Olger ha portato per me. Questo posto è terribilmente solitario. Mary si è arresa ed è tornata a Silver Pines con il signor Olger la scorsa settimana. Mi ha restituito i soldi che Abel le aveva pagato e mi ha salutato. Lei non mi manca. Non sono più sola ora di quanto lo fossi in sua presenza.

    10 ottobre 1843
    L'inverno si sta avvicinando rapidamente. Ultimamente gioco con l'idea di andare in città con il signor Olger e restarci. Non mi piace vivere il lungo inverno da sola su quest'isola. Divento senza speranza all'idea che Abel tornerà. Forse intendeva lasciarmi qui per sempre e continuare la sua vita. Qualunque idea mi sia mai venuta in mente che potesse amarmi, è scomparsa con il calore del sole estivo. Ha mantenuto la sua promessa, ha provveduto alle mie cure e ora non c'è più niente da fare per lui. Eppure, mi piace ancora e mi manca così tanto. Ogni nave che vedo in lontananza mi fa battere il cuore all'impazzata, ma sono solo delusioni.

    12 novembre 1843
    Abel è tornato a casa. Ero così felice alla vista di lui che risaliva a grandi passi il sentiero dalla spiaggia che mi sono precipitata direttamente tra le sue braccia, ridendo e piangendo allo stesso tempo. Ha toccato la mia guancia, ha sorriso e ha detto: "Allora ti sono mancato?". Folle uomo. Mi farò ancora amare da lui.

    15 novembre 1843
    Abel è a casa solo per poche settimane e poi salperà di nuovo. Il mio cuore si dispera al pensiero. Mentre lui è qui, quest'isola è un posto felice e la amo, anche se il futuro immediato si profila davanti a me come una buia tempesta all’orizzonte. Gli è dispiaciuto apprendere che Mary mi aveva abbandonata e ho promesso di andare ad assumere un'altra cameriera, ma l’ho dissuaso. Non c'è abbastanza lavoro qui per due donne, gli ho detto. Non ho detto che nessun'altra donna desidera essere isolata qui come me.

    1 dicembre 1843
    Abel è andato via di nuovo. Non posso sentirmi troppo infelice perché potevo vedere quanto desiderasse tornare sulla sua nave mentre era qui con me. Desidero solo che sia felice. Ho chiesto di nuovo se potevo andare con lui, ma si è accigliato e ha scosso la testa e così non ho più riaperto il discorso. Pressarlo avrebbe solo portato a ulteriori litigi. Mi ha lasciato una nuova scorta di libri per riempire la nuova libreria che ha costruito per me. Mi ha anche regalato una piccola perla su una catena d'oro, che mi ha stretto al collo con tanta tenerezza. Mi manca già così tanto.


    Le date del diario continuavano in questo modo per parecchie pagine: Abel che tornava dal mare solo per lasciare di nuovo Pearl... e ancora e ancora. La solitudine che provava sembrava emergere dal foglio come una cosa vivente. Cameron pensava che avrebbe potuto crollare e piangere al solo pensiero di Pearl sola in quella casa per tanti mesi e anni. Poi...


    9 aprile 1846
    Abel è a casa. Non era atteso fino all'autunno, ma oggi ho visto diversi uomini che salivano dalla spiaggia, sostenendo Abel. Sembrava così magro e pallido, ho capito subito che qualcosa non andava. Con il mio cuore in gola, sono corsa incontro a loro e li ho aiutati a portarlo nel nostro letto. C'è stato un terribile incidente a bordo della nave, hanno detto, e Abel è rimasto ferito. Il suo braccio destro è sostenuto da un'imbracatura di tessuto e le sue dita sono così gonfie da sembrare grasse salsicce. Prova una grande quantità di dolore ed è molto cupo e arrabbiato. I suoi uomini se ne sono andati. Un nuovo capitano prenderà la nave di Abel. Tutto quello che posso fare è occuparmi delle sue ferite e cercare di tenerlo fermo.

    16 aprile 1846
    Abel è molto infelice. Mi ringhia contro come un cagnolino arrabbiato, non importa quello che faccio. Sa che probabilmente non guarirà mai abbastanza da riprendere il timone della sua nave. Il mio cuore si spezza per lui. Si riposa a malapena e insiste a camminare su e giù, guardando verso il mare. Per quanto abbia desiderato averlo con me, questo è il più lontano dei miei desideri. Lo amo così tanto. Vorrei che fosse abbastanza.

    20 aprile 1846
    Abel diventa un po' più forte ogni giorno, anche se prova ancora grande dolore. Marcia verso la spiaggia ogni giorno e passa ore a fissare l'acqua e so quanto gli manca. Mi sono stesa accanto a lui ogni notte, leggendogli dalla mia raccolta di libri. Non lo dice, ma penso che gli piaccia anche solo un po'. La sua presenza è tutto ciò che è richiesto per assicurare la mia felicità. Vorrei solo poterlo rendere felice quanto lui fa per me.

    25 aprile 1846
    Oggi Abel ha organizzato il ritorno del mercante a Silver Pines con me, senza neanche una parola con me. Sono diventata furiosa e ho rifiutato di andare. Non sono mai stata così arrabbiata in tutta la mia vita. Credo di aver spaventato il povero signor Olger. Ha preso la sua barca e ha remato per tornare a riva con una velocità che non avevo mai visto prima. Poi Abel si è arrabbiato con me per non essere andata. Ha chiesto di farlo e non sa perché sono rimasta con lui. Ha ripetuto che non mi ama e che mi ha sposata solo per mantenere una promessa e io dovrei lasciarlo finché ne ho la possibilità. Gli ho detto che non avrei fatto nulla del genere, che lo amavo indipendentemente dai suoi sentimenti per me e che volevo solo renderlo felice. Mi ha chiamata stupida e poi ha riso in quel modo che sapevo non essere allegro. Ha detto che se avessi rifiutato di andarmene, allora mi merito di essere bloccato con un amaro, rotto, vecchio uomo. Gli ho semplicemente preso il braccio e l'ho condotto di nuovo a casa. Siamo rimasti seduti in silenzio per un po' sotto il portico, sorvegliando le onde dell’oceano e poi gli ho detto: "Non ti penso nè vecchio nè rotto”. Ha riso, una risata vera, per la prima volta dopo tanto tempo.

    27 aprile 1846
    Abel è un uomo testardo e presuntuoso. Ha rimosso l'imbracatura dal braccio, anche se gli fa più male senza. È determinato ad agire come se fosse completamente guarito, sebbene così facendo stia probabilmente rallentando la sua guarigione. Non ascolterà la ragione. Per un uomo così intelligente, può essere così sciocco.

    1 maggio 1846
    Oggi ero fuori, dietro la casa, a occuparmi del bucato, quando Abel è uscito e si è seduto sui gradini. Si è semplicemente seduto e mi ha guardata per molto tempo, innervosendomi con quei suoi occhi, e poi ha detto: "Sei molto bella, Pearl" e mi sono sentita come se fossi diventata rossa come i grassi cardellini che si appollaiano sui pini in un giorno d'inverno. Quelle parole mi hanno reso insopportabilmente felice. Sono i pochi momenti come questi in cui credo che possa iniziare ad amarmi.

    10 maggio 1846
    Oggi era grigio e piovoso e Abel si è svegliato di umore uggioso. L'umidità si insinua nel suo braccio e gli fa tanto male. Ho fatto un impacco caldo e gliel’ho posato contro il braccio, poi mi sono seduta accanto a lui a leggere da un libro di poesie. Poco dopo, ha messo una mano sul libro e lo ha abbassato e mi ha detto: "Perché mi ami, Pearl?". La sua domanda mi ha colta impreparata e mi sono dovuta fermare a pensare per un momento. Alla fine ho detto: "Ti amo perché sei tu".

    12 maggio 1846
    Questo pomeriggio ho preparato torte di felci per il signor Olger e sua moglie, con un lotto extra speciale per Abel. Lui si è seduto al tavolo a guardare, la porta sul retro era aperta alla fresca brezza primaverile. Lui non ha parlato, a malapena guardava, canticchiando di tanto in tanto una piccola melodia. Il suo umore era molto migliorato, il che mi ha reso molto felice. Mentre le torte stavano riposando, ci siamo seduti insieme sulla veranda sul retro e lui ha detto di me: "Sei un conforto per me, Pearl". Poi abbiamo camminato fino alla spiaggia e per un po' siamo rimasti di fronte al mare. Ho messo il mio braccio attorno al suo e ho detto: "So quanto ti manca". Si è voltato verso di me e ha detto: "Non sono stato del tutto sincero con te, Pearl. Seppur abbia promesso a Stephen che mi sarei preso cura di te, ti ho amata da quando ti ho visto per la prima volta e questo è perché ti ho sposata". Mi ama. Il più caro, il più meraviglioso uomo del mondo mi ama. Non ho bisogno di più di questo.


    I racconti continuavano in questo modo per un po' e Cameron si accorse di sentirsi stranamente felice per quella donna d'altri tempi, che aveva finalmente conquistato il cuore dell'uomo che amava. La loro felicità, tuttavia, sarebbe stata frenata da eventi futuri.


    18 novembre 1846
    Sono incinta. Abel sembra solo temere per la mia salute, ma io sono abbastanza certa di essere la donna più felice del mondo.


    C'erano altri racconti sulla gravidanza di Pearl e poi...


    5 marzo 1847
    Nostro figlio è arrivato prima. Non vivrà a lungo. Lo sento nel mio cuore. L'ho chiamato Stephen Alistair come il mio amato fratello. Spero che si incontreranno in paradiso.

    15 marzo 1847
    Il mio dolce bambino è morto. Il mio cuore è morto dentro il mio petto e lo metterò nella tomba con il mio bellissimo figlio.

    30 aprile 1847
    Abel ha scolpito una pietra per contrassegnare la tomba di Stephan. Sono andata là fuori per amore di Abel, anche se vorrei solo restare a letto.


    House e Cameron stavano arrivando alla fine del diario. Avevano letto del viaggio di guarigione dalla perdita di suo figlio, come il dolore di Pearl diminuisse nella sua intensità con il tempo, però mai scomparso del tutto. Nel giugno del 1848, diede alla luce un altro bambino, un bambino sano di nome John Abel, dal nome di suo padre.

    Cameron si chiese se forse prendersi cura di suo figlio avesse consumato Pearl, avendo trascurato il suo diario, anche se c’erano brevi resoconti dei traguardi del bambino e altro ancora, menzionando Abel e l'amore di Pearl per la sua piccola famiglia.


    29 ottobre 1863
    Mio padre manda a dire dalla Scozia che la mamma è molto malata. Mi chiede di tornare subito. John Abel mi accompagnerà. Ho implorato Abel di venire con noi, ma si è rifiutato. Uomo testardo. Dice che se non può comandare la nave, non ci metterà più piede. Non mi separo da lui da molti anni ormai. È strano pensare che sarò io che me ne andrò per mare e lascerò Abel lì. Vorrei che cambiasse idea. Mi mancherà terribilmente.

    30 ottobre 1863
    John Abel e io partiremo domani. Lascerò il mio diario qui. Abel ne ha acquistato uno nuovo per me, perché sono rimaste poche pagine di questo ormai. Credo che volesse più essere certo di avere abbastanza carta per scrivergli ogni giorno. Ho la sensazione che volesse venire con noi, ma è troppo ostinato per ammetterlo. Io provo disperazione al pensiero a lui solo in casa. Spero solo di poter tornare da lui il prima possibile. Sembra molto strano lasciarlo lì, come se stessi lasciando una parte vitale di me stessa.


    Quella era l'ultima voce scritta da Pearl. Ce n'erano altre, scritte da Abel in una mano forte e mascolina - lettere a Pearl mentre aspettava che lei tornasse a casa. Erano così piene di desiderio e rimpianto e crepacuore, che Cameron difficilmente poteva respira per il dolore al petto che le portavano quelle sue parole.


    5 dicembre 1863
    Carissima Pearl,
    Proprio come hai scritto, sono uno sciocco testardo. Dal momento in cui ho visto la tua nave salpare dalla riva, ho capito che avevo fatto un terribile errore. Sei la vera forza che mi ha tenuto in vita per tutti questi anni quando altrimenti mi sarei arreso come un inutile guscio d'uomo. Mi vergogno di quante volte ti ho lasciato credere che fossi indifferente al tuo affetto e al tuo fascino. Pearl, non sono mai stata indifferente a te. Ora so quanto sei stata sola in tutti quegli anni in cui ero via per mare e si lacera il tessuto stesso del mio cuore. Forse ho persino sospettato che sarebbe stato così quando ho costruito questa casa per te, ma non potevo sopportare il pensiero di lasciarti in città, dove avresti potuto incontrare dei bei gentiluomini che avrebbero sicuramente provato a rubare il tuo cuore. Dal momento in cui ho posato gli occhi su di te, ho sentito che eri mia. Avrei dovuto tenerti sempre con me, ma temevo per la tua sicurezza sulla nave e temevo che saresti cresciuta fino a risentirti per i mesi in mare. Senza te, questa casa, quest'isola, è una prigione. Sto impazzendo per il bisogno che ho di te, Pearl.
    Il tuo devoto marito,
    Abel.

    25 dicembre 1863
    Mia cara Pearl,
    Com'è che non ti ho mai detto come sono arrivato a chiamarti Pearl? Mi vergogno di quanto del mio cuore ti ho tenuto nascosto. Al nostro primo incontro, ho pensato che fossi sicuramente un raro tesoro dal mare, una perla di donna. Devi sapere quali strani pensieri mi avevano investito in quel momento e mi sono sentito sciocco immediatamente. Avevo incontrato tante belle donne, alcuni dei quali avevano anche cercato di conquistare il mio affetto, sebbene fossi, e sono, fermamente convinto che fossero più innamorate del mio portafoglio di quanto non fossero del mio fascino, dato che non ho fascino comunque. Si spaventavano facilmente. Non ho provato alcuna crisi di coscienza per il mio duro trattamento di quelle vanitose e sciocche creature. E poi sei arrivata tu e mi hai messo in crisi come un'improvvisa e violenta tempesta in mare. Non sei stata così facile da cacciare via, Pearl, e di questo te ne sarò eternamente grato. Mi manchi con una disperazione che rasenta la follia, Pearl. Ti prego torna presto a casa da me.
    Schiavo dei tuoi affetti, tuo
    Abel.


    Le lettere erano tutte sullo stesso tema: la solitudine di Abel che desiderava raccontare a Pearl tutto ciò che aveva nel cuore. Con ogni lettura, il senso di disperazione di Abel diveniva sempre più evidente. Cameron si chiese se alla fine fosse impazzito. Le sue parole erano come piccole pietre lanciate nel fiume del tempo, piccole increspature che avevano attraversato le generazioni tra di loro.

    House lanciò un'occhiata a Cameron brevemente, uno sguardo imperscrutabile in quei suoi insondabili occhi azzurri e poi si voltò verso l'ultima pagina.


    14 febbraio 1864
    Oggi ho ricevuto una lettera da John Abel e potrebbe anche essere la mia sentenza di morte. Pearl se n'è andata, è morta in mare prima di arrivare in Scozia. Non ha vissuto fino al 1864.
    John Abel rimarrà con i suoi nonni e io mi scaverò una tomba… perché sono come morto senza di lei.



    Continua…
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