House of Telefilm Forum - Tutto sui telefilm!

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    Capitolo 3 (I parte)



    Cameron aveva la televisione accesa ma non la stava guardando. Di recente, le piaceva averla solo come una compagnia. L'aveva persino spostata dalla camera da letto in

    soggiorno. Era posizionata in un angolo su una cassetta per la frutta restaurata che aveva dall'università e che non aveva mai buttato via. Si rifiutava di comprare un vero poggia televisione o una tv più grande; convincendosi che presto l'avrebbe riportata in camera.

    Al momento, le voci sullo schermo erano accompagnate dal rumore dei suoi passi contro la plastica dura, con una cadenza regolare. Aveva il tapis roulant programmato per 30 minuti di corsa ed era a metà percorso. Sapeva che non avrebbe finito. Non era più riuscita a correre più di 20 minuti sin da dopo due giorni dal trattamento con gli anti-virali. Le facevano aumentare i battiti senza fare alcuno sforzo e correre le faceva girare la testa e le dava la nausea, ma lo faceva comunque.

    Fuori, il tempo era un misto di pioggia e nevischio che colpiva le sue finestre pesantemente. Un altro rumore a impedirle di pensare. Un altro rumore per distrarla dal suo monologo interiore.

    Non era abbastanza.

    Si era sentita forte quando aveva affrontato House. Scoraggiata, ma forte. Aveva mostrato le sue carte e aveva tenuto la testa alta. Sarebbe stata una follia autodistruttiva permettere di continuare le cose con lui che, ancora, pensava a Stacy mentre si muoveva in una nuova relazione con lei. Era stata abbastanza logica da dirgli che doveva prendere una decisione. Aveva solo pensato che le cose sarebbero andate diversamente da allora.

    E desiderava poter incolpare lui, ma ora la colpa era anche sua per paura di soffocare contro il timore e la depressione che la colpivano quanto meno se l'aspettava e le mozzavano il fiato. Se ci fosse stata solo la depressione… ma era riuscita a peggiorare tutto senza nemmeno l'aiuto di House. Aveva cercato di incolpare Kalvin per averla punita, ma la verità era che aveva già allora avuto un piede nella fossa.

    Tutta la sua giovinezza l'aveva passata ad essere silenziosa, piccola e d'aiuto e, poi, da grande era diventata empatica e prodiga. Era passata attraverso brevi periodi di pentimento, ma nessuno profondo quanto la sua esposizione all'HIV e ad House e al suo comportamento crudele verso di lei. Kalvin aveva solo dato voce a qualcosa che lei aveva sempre temuto: che non aveva mai davvero vissuto.

    Le droghe erano state un orribile errore, ma aveva solo voluto sentire qualcosa - qualsiasi cosa - per sentirsi viva. Qualcosa che avrebbe zittito le voci nella sua testa che le dicevano che non era arrivata a niente a dispetto della sua qualifica.

    House non sarebbe venuto. Le sue azioni durante il giorno avevano ben chiarito che non poteva dipendere dal suo supporto. Foreman l'avrebbe messa a letto e detto di dormire. Wilson... nonostante le sue tante avventure, non sarebbe mai andato a letto con la diciamo-fidanzata del suo migliore amico. Non aveva quasi nessun altro. Gli altri suoi pochi amici le avrebbero detto che non sarebbe stato giusto, ma lei non aveva bisogno di quello. Aveva saputo, prima ancora di digitare il numero, che Chase non le avrebbe detto di no. Che sarebbe andato a letto con lei e l'avrebbe baciata e le avrebbe fatto sentire qualcosa. Aveva saputo che se ne sarebbe pentita, ma aveva comunque chiamato.

    Le conseguenze e i rischi e il suo solito modo di essere e il suo credo personale di 'Non nuocere a nessuno' erano stati soppiantati da emozioni sanguinanti e una pericolosa dose di cristalli.

    Il mattino dopo, House aveva quasi cercato di essere comprensivo in ascensore, ma era ormai troppo tardi per l'empatia e lei si era vergognata moltissimo. Era anche arrabbiata con lui per non aver bussato alla sua porta senza essere chiamato. Non si era aspettata che House potesse scoprirlo presto, ma poi realizzò di essere stata stupida a pensarlo.

    Ovviamente, sarebbe venuto a saperlo. Ovviamente, non l'avrebbe tenuto segreto. Non era nel suo stile, specialmente quando era ferito… ed era stato ferito. Aveva visto il suo sguardo attonito negli occhi anche mentre la buttava a terra.

    Non avevano parlato da allora. A malapena l'aveva guardata e, per quanto fosse arrabbiata, non poteva accusarlo di nulla. Non era dell'umore di affrontare nessuno. Non c'era dubbio che la dinamica del team sarebbe cambiata, per non parlare del suo rapporto con House. Chase aveva tentato di sistemare le cose, come se altre droghe e alcune parole di conforto avrebbero potuto cancellare ciò che era accaduto. Aveva voluto essere arrabbiata con lui, ma non aveva senso. Aveva fatto esattamente ciò che lei aveva voluto. Cosa aveva detto ad House una volta? "Gli uomini dovrebbe crescere". E la sua risposta? "Non accadrà mai".

    Iniziò a vedere dei puntini neri negli occhi e rallentò il passo, per poi scendere. 18 minuti. Si premette una mano contro il petto e si appoggiò al muro, scivolando giù fino a terra, piegando le ginocchia al petto e abbandonandoci sopra la fronte. Almeno, un minuto in più di ieri.

    Si costrinse ad alzarsi e a barcollare verso la camera da letto, avendo bisogno di una doccia ma avendo solo voglia di dormire. Il sudore che le avvolgeva le braccia la stava facendo tremare e cercò dei vestiti puliti ai piedi del letto. Ecco. Una calda felpa. Morbida e larga. Se la mise e gattonò sul letto. Premendo il viso sul cuscino, una parte della sua mente tentò di dimenticare chi le avesse dato quella felpa, mentre l'altra metà stringeva tenacemente la speranza che le cose potessero ritornare alla relativa felicità della loro bizzarra relazione.


    Continua...
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    Capitolo 6



    La reazione di Belle alla casa fu tutto ciò che Gold sperò di vedere.

    Ebbe grande piacere alla sua espressione estasiata mentre la presentava la sua nuova casa. Sebbene fosse abituato allo splendore di casa sua, vederla con gli occhi di Belle la fece sembrare fresca e nuova. Aveva, in effetti, una bella casa. Ogni pezzo di antiquariato era pulitissimo e messo in esposizione. Ogni pezzo d'arte dimostrava il suo squisito gusto e non c'era dimostrazione migliore della sua nuova fidanzata. La sua presenza era il tocco finale per completare quella casa.

    "Una bella differenza da Boston, vero?" lui scherzò gentilmente mentre le mostrava la cucina.

    Belle si guardò intorno "Ho paura a toccare qualsiasi cosa".

    "Oh, non essere sciocca" Gold le cinse la vita con un braccio "Questa è casa tua, ora".

    Un rumore ai piani superiori la fece sobbalzare, ma quando non fu seguito dal rumore delle campanelle, Belle si rilassò "Continua a ripetermelo. Aiuta. È solo una casa, giusto? È solo... grande".

    "Solo la giusta misura per due... o tre persone" si corresse quando Belle lo guardò male.

    "Mi ci abituerò" gli promise "Abbiamo vissuto in una bella casa quando ero piccola. Ho dovuto venderla quando papà... non importa. Comunque, conosco le buone maniere".

    I suoi occhi si illuminarono quando disse quelle parole e Gold ne fu ammaliato "Ne sono sicuro".

    Belle prese un profondo respiro e spostò lo sguardo, facendogli domandare se avesse sentito solo lui la tensione di quei momenti appena passati "Hai un orario per le cose da fare? Tipo, lavatrice il lunedì e spolverare il giovedì... cose del genere?".

    Gold si accigliò alla sua strana domanda "Perchè me lo chiedi?".

    "Avere me e papà qui deve essere un bel cambiamento per te. Pensavo che, se potessi mantenere tutto intatto secondo i tuoi canoni, potrebbe esserti utile" gli sorrise "Ed è un modo per iniziare prima di abituarmi a tutto".

    "Abituarti?" ripetè, capendo di essersi perso qualcosa "Non è una tua priorità. La governante si occuperà di queste cose".

    Ora fu il turno di Belle di accigliarsi "Beh, sì, ma ora hai me. Hai detto che volevi una moglie. Pensavo che cucinare e pulire rientrassero nell'ambito delle occupazioni di una moglie".

    Gold scosse la testa meravigliato per come lei avesse un'idea totalmente diversa dalla sua "Non ti sto sposando per risparmiare i soldi della governante. Voglio una moglie, non una cameriera".

    "Oh!". Lui non fu sicuro di come interpretare la sua espressione. Pensava che sarebbe stata compiaciuta di sapere che non si aspettava che facesse le pulizie di casa, ma Belle non sembrò proprio contenta. Nè dispiaciuta. Stupita era, forse, il termine migliore per descrivere le sue sopracciglia alzate e le labbra serrate.

    "Belle?" le disse, non sicuro di come chiederle a cosa stesse pensando. Era strano. Non avevano mai avuto problemi a confrontarsi.

    "Scusa!" lei ridacchiò "Ero sovrappensiero".

    "Continuiamo il nostro tour?" le offrì. Forse, era meglio semplicemente ignorare quello strano momento.

    Belle intrecciò il braccio col suo e sorrise, tranquillizzandolo "Fai strada".

    Lei rimase in silenzio mentre riprendevano ad esplorare la casa, sebbene sorrise alla vista degli scacchi nel suo ufficio, notando che la partita era già in corso e che era quella che avevano iniziato via messaggi.

    "Non vedo l'ora di averti di fronte per una partita a scacchi" lui mormorò.

    Gli occhi di Belle si scurirono e gli si chiuse la gola a quella vista. Un momento dopo, lei sbattè le palpebre e tutto ritornò al suo posto, facendogli domandare se si stesse immaginandosi tutto.

    Dopo ciò, rimase solo una stanza, ma Gold si sentì immensamente nervoso. Prima, Belle non era sembrata contrariata all'idea di condividere una camera con lei e, per un momento, si domandò se sarebbe stato meglio farla dormire in una delle stanze per gli ospiti - finchè non si sarebbero conosciuti meglio o fino al matrimonio. Forse, allora, si sarebbe sentita più a suo agio lì.

    Anche se ebbe quell'idea, gli istinti di Gold si ribellarono di renderla partecipe. Se lui e Belle avessero iniziato la loro relazione in camere separate, sarebbe stato troppo facile cadere nell'abitudine di separarsi la notte. Non era un matrimonio d'amore e, sebbene avesse chiarito che non le avrebbe messo pressione per il sesso, non aveva desiderio di ritrovarsi come semplice compagno di stanza. Se Belle sarebbe diventata sua moglie, era importante iniziare come avrebbero poi anche continuato, e questo significava condividere un letto.

    "Ti andrebbe di vedere la nostra camera, ora? Probabilmente vuoi sistemare le tue cose. Oppure preferiresti cenare, prima?" Gold fu fiero del compromesso che aveva trovato. Se Belle non si fosse sentita pronta ad affrontare la loro camera, le avrebbe dato una comoda scappatoia per ritardare un po', anche se rese chiaro che, all'ora di dormire, avrebbe condiviso la camera con lui.

    "Mi andrebbe di vedere la tua - la nostra - camera" gli sorrise "Non mi ci vorrà molto per sistemare le mie cose".

    Avevano lasciato le valigie all'ingresso e Gold si mise in spalla quella di lei, mentre Belle subito prendeva la borsa di suo padre. Al secondo piano, lei si diresse in camera di lui e Gold non mancò di notare il suo sospiro di sollievo quando lo trovarono ancora al tavolo.

    In pochi minuti, mise i vestiti di Moe nell'armadio e i suoi effetti personali in bagno senza che suo padre alzasse anche solo lo sguardo. Gold rimase appoggiato alla porta, non sicuro di come sentirsi a quella vista. Di nuovo, Belle stava facendo la badante di suo padre senza nemmeno un grazie, ma il suo sorriso indicava che non era dispiaciuta. Prima avrebbero assunto l'inserviente, meglio sarebbe stato.

    Belle baciò la testa di suo padre prima di uscire e la mano di Gold si strinse attorno al bastone, un forte desiderio si impossessò del suo corpo. Quant'era passato dall'ultima volta che qualcuno gli aveva mostrato gesti simili? 30 anni? Di più?

    Prese un profondo respiro e cercò di calmarsi. Belle sarebbe diventata sua moglie. Presto, avrebbe dimostrato anche a lui dell'affetto. Magari non sarebbe mai diventata affettuosa con lui come con suo padre, ma già non lo aveva ripudiato. Doveva solo essere paziente.

    Quando l'accompagnò lungo il corridoio che avrebbe portato alla loro camera, gli occhi di Belle si illuminarono "È perfetto! Non siamo distanti. Temevo che sarebbe finito dall'altro lato della casa".

    "Chiunque entri o esca dalla stanza di tuo padre, dovrà passare dalla nostra porta" Gold spiegò e, per un momento, Belle gli strinse la mano.

    "Hai pensato a tutto".

    "Ci provo" disse modestamente, realizzando subito il suo errore quando la fece entrare in camera. Non aveva pensato di dire alla governante di fare spazio per le cose di Belle.

    Belle si guardò intorno con interesse mentre lui cercava di immedesimarsi in lei. Era un po' in disordine e incredibilmente mascolina nella sua organizzazione, ma tutto si sarebbe potuto sistemare. Belle di certo aveva le sue idee su cosa costituisse un piacevole nido e lui voleva farla sentire a suo agio. Quella era la loro stanza, il loro angolo di mondo condiviso e lontano da tutto.

    Scosse la testa per allontanare quel romantico pensiero "Prego, sentiti libera di spostare tutto a tuo piacimento".

    Belle depositò la sua borsa sul letto e subito l'aprì. Gold deglutì a fatica "Tutto lì?".

    Il sorriso di lei fu tirato "Non ho avuto proprio tempo nè denaro per comprare molto".

    I contenuti della sua borsa lo dimostravano. Oltre gli abiti da lavoro, Belle aveva quasi nulla - alcuni pigiami usurati, lingerie di quart'ordine e molto classica e effetti personali del supermercato. Un moto di rabbia lo avvolse. Avesse saputo da subito come viveva, le avrebbe fatto la proposta un anno prima. Belle si meritava molto di più.

    "Domani ti darò la mia carta di credito" le promise "Potrai comprarti qualsiasi cosa tu voglia".

    Belle si irrigidì subito "Cercherò di non metterti in imbarazzo, signor Gold".

    Non era sicuro di cosa avesse fatto per meritarsi quella freddura "Non volevo offenderti. Pensavo ti sarebbe piaciuto avere un'occasione di comprarti qualcosa di carino".

    Belle gli si avvicinò, gli occhi di fuoco "Non devi comprarmi! Ho già detto di sì".

    Gold rimase stupito. Nella sua esperienza, le donne di solito erano contente quando gli permetteva di spendere i suoi soldi senza pensieri "Sì, è vero. Non capisco perchè sei così arrabbiata all'idea che voglia dare qualsiasi cosa a mia moglie".

    Lei sospirò e nascose il viso tra le mani "Scusami".

    "Belle..." le disse con calma, afferrandole un polso e scoprendole il viso "Non volevo offenderti".

    Lei sospirò di nuovo "No, è vero. Sei solo generoso. Di nuovo".

    "È una cosa brutta? Preferiresti fossi uno avaro?". Senza dubbio, i suoi partner potevano descriverlo come tale, ma questo era diverso. Come marito di Belle, era suo dovere e onore darle tutto.

    "No, io...". Per un momento, lei sembrò desolata, poi alzò il mento e gli sorrise "Grazie. Sì, mi piacerebbe fare dello shopping".

    "Potresti comprare dei libri. Quanti ne vuoi" le suggerì, non fidandosi della sua espressione. Era possibile che a Belle non interessassero i vestiti, ma sapeva che amava i libri. Di certo, il pensiero di poter comprare qualsiasi titolo volesse doveva esserle gradito.

    Il viso di lei si addolcì "Oh, non dirmelo! Il tuo conto si asciugherebbe subito!".

    "Trasformeremo la sala di sotto in una libreria" le promise subito, troppo sollevato di vederla sorridere genuinamente per preoccuparsi del potenziale danno del suo conto. Belle poteva comprare 50 libri la settimana per il resto della vita senza creare alcuna difficoltà al suo conto.

    "Sembra come un sogno che si avvera" Belle si guardò di nuovo intorno, come se stesse vedendo quella stanza per la prima volta e indicò le sue cose "Dove dovrei...?".

    "Non ho pensato di dire alla governante di farti spazio. Mi dispiace. Dimmi dove vuoi mettere le tue cose e faremo spazio". Invece di essere irritata, Belle sorrise.

    Non ci volle molto per trovare un posto per le sue cose, ma Gold si godette il tutto. In qualche modo, sembrava giusto lavorare fianco a fianco con Belle, anche per completare un semplice compito come quello. Stavano già diventando una squadra, una coppia invece di due singoli individui.

    Quando anche l'ultima gonna venne appesa, Belle gli strinse un braccio e lo riportò verso il letto. Il cuore di Gold perse un battito, ma lei si sedette semplicemente prima di indicargli di fare lo stesso.

    "Hai detto che non vuoi che cucini o pulisca" iniziò "Credo che dovremmo parlare di cosa vuoi tu".

    Gold sbattè le palpebre. Pensava di essersi già spiegato parecchie volte "Te l'ho già detto. Voglio una moglie".

    Belle scosse la testa "Voglio solo essere sicura che siamo sulla stessa lunghezza d'onda. Tu come la vedi? Cosa deve fare tua moglie?".

    Gli si strinse la gola per la bile. Nella sua esperienza, sua moglie aveva bevuto all'infinito e aveva portato altri uomini in casa per fornicare sul loro letto. In qualche modo, non pensava che Belle gli stesse chiedendo quello.

    Si schiarì la voce e provò a pensare. Belle non era Milah. Sarebbe stata una moglie diversa - una moglie migliore. Lentamente, provò a dar voce ad un'annebbiata immagine mentale di cosa significasse per lui "Mangi con me. Chiedi la mia opinione e come è andata la mia giornata. Ti comporti come la padrona di casa quando ne ho di bisogno e mi accompagni alle cene d'affari. Presti attenzione alle cose che potrei perdermi durante gli eventi di lavoro e ridi con me dei miei partner e dei miei clienti, dopo. Giochi a scacchi con me la sera e mi massaggi le spalle quando mi fanno male e mi aiuti a scegliere le cravatte. Mi leggi i libri quando sono malato---".

    Ora, stava diventando mieloso. Gold chiuse la bocca così velocemente che quasi si morse la lingua, sentendosi come se avesse mostrato la gola nuda alle sue fauci. Venne avvolto dalla sensazione di umiliazione anche se non sapeva perchè. Erano cose normali che voleva, no? Di certo, c'erano milioni di mariti e mogli che facevano quelle cose ogni giorno, senza nemmeno pensarci.

    Belle poggiò una mano sul suo ginocchio e glielo strinse. Gli occhi di lei brillarono di calore e, quando la guardò negli occhi, l'imbarazzo svanì "Posso farlo" lei promise.

    "Sì, beh..." Gold si schiarì la voce e lisciò una piega immaginaria sui pantaloni "Lo sapevo che potevi. Ecco perchè ti ho chiesto di sposarmi".

    Non era sicuro di quanto fossero rimasti in silenzio, prima che Belle parlasse di nuovo "Hai detto qualcosa sul mangiare insieme? E, poco fa, mi avevi promesso una cena…".

    Gold la fissò. Si era perso nei pensieri, ma se qualcuno gli avesse offerto un milione di dollari per rivelarli, non sarebbe stato capace di spiegarli. Ora, il suo cervello riprese a funzionare. Belle aveva fame.

    Si alzò e le offrì una mano, silenziosamente contento quando lei gliela prese e si fece aiutare ad alzarsi "Ti ricordi come arrivare in cucina?".

    Il suo sorriso fu come sole sulla sua pelle "Penso di sì".


    Continua...
  3. .

    Capitolo 3



    "Dai, papà! Sbrigati!".

    Nel tentativo di tenersi Bae al fianco mentre entravano all'Epcot, Gold gli prese la bombola d'ossigeno, usando il tubo come una specie di guinzaglio. Ma anche così, Bae praticamente saltava sul posto mentre tentava di guardare ovunque nello stesso momento.

    "Dov'è?".

    "Calmati, Bae" lo ammonì, scuotendo la testa. Non aveva detto a Bae che avrebbero incontrato Belle al parco fino a quando non stavano attendendo la monorotaia, quella mattina, e immediatamente aveva capito di aver fatto la scelta più giusta. Se fosse stato per lui, Bae avrebbe probabilmente battuto la monorotaia in velocità per arrivare all'Epcot e rivedere Belle. Se gliel'avesse detto la sera prima, Bae non avrebbe dormito un momento per l'emozione.

    "Ha detto che ci saremmo incontrati al negozio vicino la grande palla". Il giorno prima, Belle gli aveva mandato un messaggio con le direzioni per l'esatta panchina in cui li avrebbe attesi e, guardandosi intorno, Gold la ringraziò per la sua accortezza. L'entrata dell'Epcot era immensa ed era facile vedere perchè era passata da "Incontriamoci di fronte l'entrata del parco alle 9:00" ad un piano molto più specifico. Non aveva idea dove fosse l'"Art of Disney", ma pensò che sarebbe stato capace di trovarlo.

    Belle era sveglia su tanti punti di vista. Durante la stessa conversazione, aveva chiesto se c'era qualcosa che doveva sapere su come interagire con Bae. Aveva voluto sapere se c'era qualcosa di cui era preoccupato, qualcosa a cui era allergico o che non avrebbe dovuto fare, e se c'era qualche argomento che non doveva toccare. Gold era rimasto attonito anche se se la prese con se stesso per la mancanza di una simile accortezza.

    Pensava di averle dato delle semplici linee guida - non parlare della madre o della malattia di Bae a meno che non fosse Bae a parlarne, non incoraggiarlo a urlare o a iniziare attività stancanti, frequenti pause per riposare e assolutamente non dire mai "Quando sarai grande" o "La prossima volta". Doveva ammettere che l'ultima parte era stata più per lui che per Bae, che spesso parlava, invece, di piani per il futuro. Gold preferiva non ricordare che il suo bambino poteva non avere alcun futuro.

    "Ricorda, avrà un aspetto diverso" ricordò a suo figlio. Secondo la mappa in mano, si stavano avvicinando al negozio dove Belle aveva promesso di incontrarli.

    "Perchè è in... conito" Bae concordò.

    "In incognito" Gold lo corresse automaticamente. Avevano avuto quella discussione sulla monorotaia e a Bae erano piaciute sia quella nuova parola che l'idea di Belle come un agente segreto che voleva passare una giornata con lui, Gold era più preoccupato delle cose pratiche. L'avrebbero riconosciuta? Come sarebbe stata senza parrucca e abito?

    Anche se non sapevano che aspetto aveva davvero, lei li conosceva. Forse avrebbero dovuto aspettare prima di vederla avvicinarsi, ma Gold preferiva essere distaccato che mettersi in imbarazzo avvicinando donne a caso che potevano assomigliare a Belle.

    La mano di Bae gli afferrò la giacca "Eccola!" disse, il tono pieno di emozione "Belle!".

    Gold seguì il dito puntato di suo figlio verso una ragazza seduta da sola su una panchina, indossando una giacca bianca sopra un vestito blu. I capelli, un po' più chiari di quelli della parrucca, erano raccolti in una coda, e Gold riconobbe il suo outfit come similare ad uno indossato da Belle nel cartone.

    Al suono dell'urlo di Bae, la donna alzò lo sguardo, il suo adorabile viso si aprì in un enorme sorriso "La mia Bestia!". Senza curarsi del pavimento sporco, Belle si inginocchiò e abbracciò Bae, il volto luminoso "Sono così felice di rivederti!".

    Dopo un lungo abbraccio, Belle si rimise in piedi e gli sorrise "E sono felice di vedere anche voi, sua maestà".

    Gold la fissò, consapevole che qualcosa era cambiato. Il suo outfit era diverso e i suoi capelli erano più chiari - castani invece di mogano. Gli occhi erano di uno splendido blu, proprio come si ricordava dopo l'incidente della lente a contatto, ma non era quello che spiegava il cambiamento.

    Dopo un momento, realizzò cosa c'era davvero di diverso "Sei più bassa".

    Era una cosa scortese da dire e si maledisse per come l'aveva detto.

    Con grazia, Belle ridacchiò e gli mostrò le sue scarpe da ginnastica nere "Tacchi alti ed Epcot non vanno d'accordo. Ho scelto delle scarpe più comode, oggi".

    "Molto giusto" le rispose. Senza tacchi, Belle gli arrivava a malapena al mento e lui non era un uomo alto.

    Belle si voltò verso Bae "Voglio sapere tutto quello che hai fatto da quando ci siamo lasciati!".

    Bae fu più che felice di farlo e Gold li seguì mentre suo figlio stringeva la mano di Belle e si faceva guidare da lei nel parco. Era assurdo quanto sembrassero completarsi. Erano entrambi piccoli, con capelli scuri e sorrisi enormi e Belle poteva benissimo passare come la madre di Bae.

    Il volto di Bae era luminoso quando la guardava e a Gold si chiuse la gola mentre si domandava se avesse arrecato un danno a suo figlio nel non aver cercato un rimpiazzo per Milah. La sola influenza femminile nella vita di Bae era la loro piatta governante. Il suo bambino si meritava l'amore di una madre.Tra il tempo passato a lavoro e quello con Bae, non aveva mai avuto tempo di trovarsi una compagna e Gold aveva da tempo accantonato quella possibilità. Oggi, Bae aveva Belle.

    Doveva bastare.

    "Hanno una pista di Nemo!" Bae esclamò mentre si girava ad afferrare la mano libera di suo padre, camminando tra i due adulti, muovendo le braccia gioiosamente.

    "Nemo? Parli del capitano Nemo?" Belle chiese, facendo al meglio la parte di una principessa ignara del mondo moderno.

    "Nemo è un pesce" Bae spiegò e, quando raggiunsero l'enorme edificio blu, decorato con immagini coloratissime di "Alla ricerca di Nemo", aveva rivelato quasi tutta la trama a Belle.

    Gold sospirò sollevato quando entrarono in un locale mediamente illuminato e con l'aria condizionata. Indossare un tre pezzi era perfetto per Storybrooke, Maine, ma iniziava ad essere fastidioso in Florida.

    La fila si diramava nello scenario di una spiaggia prima di condurre sotto il mare, dove Bae rimase rapito dalla batteria di pesci che gli passavano accanto su grandi schermi.

    "È proprio come il film" Bae si meravigliò prima di notare una barca sopra le loro teste, ridendo subito dopo "È un sedere! Voglio toccare il sedere!".

    Gold scambiò uno sguardo divertito con Belle. Dopo aver girato un'altra curva, vennero accolti dalla vista di veicoli dalla forma di cozze rosa, della giusta misura per due adulti e un bambino.

    Salire su quei veicoli significava salire su un nastro trasportatore, cosa non facile per un uomo col bastone. Fortunatamente, Gold aveva affinato la sua tecnica nel corso di quei giorni e riuscì a spostarsi senza finire a terra. Si sedettero nella loro cozza, Bae tra loro.

    Il giro finì quasi subito, ma Bae sembrò molto compiaciuto. Da parte sua, Gold rimase incuriosito dalla coppia di lamantini che nuotavano in una vasca vicino l'uscita, ma Bae gli permise di osservarli solo per poco prima di volersi spostare.

    Subito dopo, ebbero l'opportunità di parlare con Scorza, la tartaruga marina. Bae venne portato nella prima fila di un piccolo auditorium con altri bambini, mentre Gold e Belle si sedevano a poca distanza. "Adoro vederlo così entusiasta" Belle mormorò mentre osservavano un Bae eccitato che attendeva che Scorza apparisse sullo schermo.

    "È la nostra prima, vera vacanza" Gold ammise. Avevano tantissime cose con cui tenersi occupati nel New England, ma questa era la prima volta che viaggiavano insieme solo per piacere. Poteva solo sperare che non fosse l'ultima.

    "Probabilmente farà bene ad entrambi. Non posso immaginare quanto sia difficile". Il suo genuino tono di solidarietà gli fece chiudere la gola. I professionisti medici che lavoravano con lui e Bae erano gentili, ma per loro, suo figlio era prima un caso di studio e poi una persona. Quando Belle guardava Bae, vedeva Bae. Quello faceva tutta la differenza.

    Prima che potesse rispondere, Scorza entrò in scena e i bambini andarono in visibilio. Gold sorrise alla gioia di Bae e prese il telefonino per fare un video, sperando che le luci basse non avrebbero rovinato il suo sforzo.

    Aveva pensato che il piccolo show sarebbe stato un video montato ad arte, intento ad educare il pubblico sulle tartarughe marine e mentalmente aveva anche fatto un applauso alla Disney per riuscire a far mettere in fila le persone per guardare un cartone informativo. Ma non gli ci volle molto per ricredersi.

    "Alzate la mano se avete una domanda per Scorza" uno dello staff disse e metà dei bambini alzò subito la mano. Bae ne alzò due per sicurezza.

    "Ok, parliamo col piccolino in seconda fila - scorza rossa, ha entrambe le pinne alzate" Scorza disse, descrivendo Bae, e Gold spalancò la bocca quando realizzò che la tartaruga poteva davvero vedere suo figlio.

    L’addetto tenne il microfono davanti a Bae e Scorza chiese "Come ti chiami, amico?".

    Bae, emozionato, ignorò la domanda della tartaruga per dire subito la domanda che si era preparato "Quanto possono trattenere il fiato le tartarughe?".

    Scorza nuotò all'indietro e poi fissò Bae. Dopo un momento, disse "Nome interessante".

    Lo sguardo di Bae si fece confuso finchè non capì la battuta, sorridendo divertito, e Gold si ritrovò a ridere insieme a qualche altro genitore. Scorza stava parlando con Bae come se fosse stato un qualsiasi altro bambino e quello era bellissimo.

    "Come ti chiami, amico?" Scorza ripetè e questa volta Bae fu abbastanza rilassato da rispondere.

    "Bae!".

    "E qual era la tua domanda, amico Bae? Quanto possono trattenere il fiato le tartarughe?" Scorza ripetè "Beh, un tempo luuuuuuuunghissimo" la tartaruga disse saggiamente "Per esempio, se mi sto rilassando e non sto facendo niente, posso rimanere sott'acqua fino a 7 ore".

    "Whoa..." Bae sembrò attonito a quella notizia.

    "Sai cos'è ancora più 'whoa'? Alcune tartarughe possono ibernarsi e, quando lo fanno, possono rimanere sott'acqua per mesi!" Scorza diede un momento ai bambini per immagazzinare quelle informazioni "Non è il mio stile, però. Perchè dormire quando si può surfare!".

    Gli diede una breve dimostrazione delle sue abilità di surfer prima di ritornare a guardare i bambini "È stato un piacere parlarti, amico Bae! Ora, chi altro ha una domanda per il grande Scorza?".

    Quando ripresero Bae, a fine show, stava quasi volando per l'emozione "Scorza mi ha parlato! Hai visto, papà? Hai visto, Belle? Ha detto il mio nome!".

    "Abbiamo visto" Gold lo rassicurò, mostrandogli il telefono come prova. Con suo sollievo, suo figlio non provò a prenderglielo di mano per guardare, dato che gli addetti stavano facendo uscire le persone dall'auditorium per il prossimo turno.

    "Hai fatto una domanda molto intelligente" Belle gli disse mentre afferrava la mano di Bae.

    "È così simpatico!" Bae guardò da oltre una spalla per assicurarsi che suo padre li stesse seguendo "Andiamo, amico!".

    Quando Scorza aveva consigliato ai bambini di passare tutta la giornata a dire 'amico' quanto più possibile, promettendogli che i loro genitori l'avrebbero adorato, Gold aveva riso. Avrebbe dovuto realizzare che suo figlio avrebbe preso alla lettera la tartaruga. Quando raggiunsero la successiva attrazione, Gold aveva sentito la parola 'amico' più di 7 volte ed era già pronto a gustarsi una bella zuppa di tartaruga per pranzo.

    "Che facciamo ora, amico?".

    Questa nuova abitudine doveva essere recisa il prima possibile. Allora, Gold ignorò la domanda di Bae e guardò Belle "Il tempo è bellissimo, oggi".

    Alzò le sopracciglia e Belle sembrò capire la sua tattica. Quindi, gli resse il gioco "Sai come dicono: una brutta giornata in Florida è sempre meglio di una qualsiasi buona giornata altrove. Ma non hai caldo con quel vestito? Mi viene caldo solo a guardarti!".

    "Forse un po'" le rispose. Sebbene avesse obiettivamente saputo che la Florida aveva temperature e umidità più alte di qualsiasi altro posto visitato da Gold, non aveva davvero compreso il fatto fino al loro primo giorno nel Regno Magico. Era troppo tardi, comunque. Aveva portato solo abiti.

    "Non sono belli quei mosaici?" Belle chiese mentre indicava un enorme murale dall'altro lato del percorso che conduceva al padiglione successivo.

    A quel punto, Bae stava iniziando a trascinare i piedi "Amico..." si lamentò, tirando Gold per la mano.

    Fingendo di non sentirlo, Gold si avvicino di più al lato del percorso per guardare meglio "Fantastici".

    "The Land" Bae lesse il nome della nuova attrazione "Che cosa fanno qui, amico?".

    "È davvero incredibile trovare un lavoro così, qui. Devo ammettere che non ho mai accostato l'idea di Disney World all'arte".

    "Aspetta finchè non arriviamo al World Showcase" Belle promise, gli occhi luminosi mentre deliberatamente cercava di non guardare il bambino che era praticamente attaccato alle loro mani.

    "Che c'è qui dentro, papà?".

    Non c'era voluto poi molto, Gold pensò. Chiaramente, Bae stava cercando di comportarsi bene per Belle. Per premiare il suo ritorno alla calma, Gold subito lo guardò "È un'ottima domanda, Bae. C'è un giro su una barca e un qualche giro su un deltaplano".

    Era un po' insicuro sul fatto del deltaplano. Aveva letto un sacco di recensioni su quei giri, ma non riusciva bene ad immaginarselo. Sapeva solo che c'era un film e bisognava stare seduti per vederlo, cosa che gli stava più che bene.

    "Chi vive qui?" Bae chiese, di nuovo col suo buon umore ora che gli adulti gli avevano ridato attenzione.

    Gold prese un profondo respiro di aria fresca mentre entravano nel padiglione "Che vuoi dire?".

    Bae provò a spiegare "Tipo... Nemo vive nel palazzo blu. Chi vive qui?".

    "C'è un film con Timon e Pumba e Simba, ma nessuno vive realmente qui" Belle spiegò "Vuoi fare quello prima?".

    Il film aveva un bel messaggio sulla conservazione, ma Gold non lo trovò particolarmente emozionante. Bae sonnecchiò alla fine, quindi lui e suo figlio avevano la stessa opinione.

    L'attrazione seguente era un giro in barcetta attraverso le ricreazioni di vari ecosistemi e poi attraverso delle vere serre, cosa che li coinvolse molto di più.

    Bae si godette gli animali robotici, ma con sorpresa di Gold, furono le serre a catturarlo. "Ci sono così tante piante! Danno tutte cibo? Guarda, un albero di banane! Quella zucca somiglia a Topolino! Cos'è un frutto magico?".

    "L'ho letto" Belle arrivò in soccorso, perchè Gold non ne aveva la minima idea "Quando ne mangi le bacche, cambia la percezione dei sapori che hai sulla lingua per un po'. Potresti mangiare in limone intero e ti sembrerebbe dolce, e invece i dolci ti sembrerebbero acidi".

    "Davvero veramente?" Bae chiese, assicurandosi che Belle non lo stesse prendendo in giro.

    "Davvero veramente" Belle confermò.

    Dal suo sguardo, sembrava come se avesse spiegato a Bae il perchè dell'universo "Fico".

    Gold si annotò mentalmente di scoprirne di più e di capire dove poterlo acquistare.

    "Ancora!" Bae disse appena scesero.

    La fila si mosse velocemente e ritornarono sulla barchetta in meno di 10 minuti e, questa volta, Bae gattonò oltre il grembo di Belle così da potersi sedere esternamente ed avere una vista migliore.

    "Non penso che cadrà" gli mormorò.

    "Se fa qualcosa di stupido, afferralo. Altrimenti, lascialo lì". I riflessi di Belle erano probabilmente migliori dei suoi.

    Belle tenne un occhio sempre fisso su Bae, assicurandosi che fosse concentrato altrove, poi gli si avvicinò "Fanno dei tour guidati per le serre ogni ora. Penso che costì 25 dollari a persona, ma puoi vedere tutto da più vicino e ti fanno assaggiare alcune verdure. Penso che a Bae piacerebbe".

    Era gentile da parte sua pensare di dirglielo e ancora più gentile assicurarsi di non farlo sentire a Bae "Hai pensato bene. Dove posso iscriverci?".

    Non fu facile trascinare Bae via dalla barchetta per non fare un terzo giro, ma quando suo figlio scoprì del tour, tutto fu perdonato "Possiamo camminare e guardare tutto?".

    "Quasi tutto. Potrai vedere anche alcune cose che non hai visto dalla barchetta" Belle promise.

    Se qualcuno gliel'avesse chiesto, Gold avrebbe detto che un tour di un'ora a guardare piante e a saperne di più sulla coltura idroponica sembrava incredibilmente noioso. Con sua sorpresa, si ritrovò a godersi il tour quasi quanto Bae, sebbene notò che la guida non gli offrì una farfalla da liberare. Avere l'opportunità di dare da mangiare ai tilapia fu comunque abbastanza.

    "Sono collegati alla famiglia dei piranha?" mormorò a Belle mentre i pesci si muovevano rabbiosamente nell'acqua in cerca di cibo. Apparentemente, i tilapia erano dei mangiatori estremamente entusiasti.

    Dopo, gli vennero offerte delle fette di cocomero, cresciuti nelle serre, e Bae mostrò la sua migliore interpretazione dei tilapia mentre trangugiava la sua fetta e anche quelle di Gold, mentre Belle condivise la sua. Era la prima volta che suo figlio mangiava volontariamente delle verdure e solo quello valeva tutti i soldi spesi.

    Il tour fu affascinante ma, a metà, Gold iniziò a rallentare. Tutto quel camminare l'aveva stremato e il dolore alla gamba, insieme al caldo delle serre, gli stavano facendo girare la testa.

    Belle gli afferrò un gomito "Togliti la giacca".

    Doveva aver sentito male "Prego?".

    "Io sto sudando e indosso un vestito a maniche corte. Collasserai" lo sguardo che gli diede fu duro e Gold si levò la giacca prima di rendersene conto.

    Col suo aiuto, riuscì a togliersi anche il panciotto e la cravatta senza perdere il passo del gruppo del tour. Per quanto ne sapeva, Bae non si era nemmeno reso conto che lui e Belle erano rimasti indietro, seguendo la guida come se fosse il Pifferaio Magico.

    "Non va meglio?" Belle chiese mentre l'aiutava a girare le maniche della camicia.

    Quando gli sbottonò i primi due bottoni, la mente iniziò a schiarirgli "Molto. Grazie".

    Non si era mai permesso di sembrare così informale in pubblico, ma Gold si ricordò che era in vacanza. Finchè non indossava dei bermuda e una camicia hawaiana, era tutto ok.

    Era possibile che non avrebbe più recuperato la sua giacca, essendo stata accartocciata e chiusa nello zaino, ma era un piccolo prezzo da pagare per poter respirare.

    "Papà, possiamo costruire una serra?" Bae chiese quando il tour si concluse.

    "Sono sicuro che possiamo piantare qualcosa". Se Bae si immaginava una cosa simile nel Maine, Gold avrebbe dovuto deluderlo, ma tra loro, potevano riuscire a far crescere qualcosa.

    D'altro canto, Bae poteva mangiare le verdure che faceva crescere lui. Forse, era un'ottima idea.

    "Avevamo una serra quando ero piccola" Belle gli disse "Ci vuole tanta cura, ma è una sensazione meravigliosa piantare qualcosa e farla crescere".

    "Davvero? Cosa facevi crescere? Crescevano i cocomeri? Le zucche?". A Bae erano particolarmente piaciute le zucche.

    "Un sacco di cose: fiori e lattuga e taro e...".

    "Taro? Cos'è il taro?".

    A Belle non sembrò dispiacere l'interruzione e la discussione del giardino della sua famiglia continuò per tutta la fila dell'attrazione successiva. Non fu finchè un addetto non gli chiese quanti erano, e lui rispose "Tre" senza doverci pensare, che Gold realizzò quanto fosse naturale avere Belle con loro.

    Era un pensiero preoccupante. Se fosse stato un giocattolo o un animale a far sorridere Bae in quel modo, Gold non avrebbe perso tempo nel procurarli, ma Belle era una persona, non qualcosa che poteva acquistare. Poteva dare a suo figlio tanto altro, ma Bae non poteva tenersi Belle.

    Per la prima volta, Gold si domandò se avesse fatto un errore a convincerla a passare del tempo con loro. A Bae non poteva mancare ciò che non aveva mai avuto. Ora che sapeva com'era avere la compagnia di Belle, la sua mancanza avrebbe potuto creare un nuovo buco nella sua vita, e ne aveva già parecchi.

    Ormai, non poteva fare molto. Lei aveva detto di sì nel rimanere in contatto e quello sarebbe dovuto bastare. Ci volle qualche attimo per sistemare la tanica di Bae sotto il sedile e Gold si beò di quella distrazione dai suoi pensieri.

    Mentre Gold sistemava tutto, Belle attaccò la cintura di Bae e la propria "Ho sempre voluto volare" disse a Bae, gli occhi pieni di emozione "Spero che non sia troppo spaventoso".

    "Non preoccuparti, ci sono io" Bae le promise, impavido.

    Gold si sedette accanto a Bae, potendosi finalmente sedere prima che tutte le luci si spegnessero improvvisamente. Si stavano muovendo, i sedili si erano alzati e mossi in avanti verso un gigantesco schermo curvo che proiettava paesaggi di bellissimi luoghi storici da ogni parte del mondo.

    Il vento gli soffiò in faccia mentre i sedili si abbassavano e curvavano, la simulazione del volo era incredibilmente realistica. Lo stomaco di Gold si capovolse mentre afferrava i braccioli e si piantava sul sedile più che poteva, ricordandosi che era solo un'illusione e non si sarebbero davvero schiantati contro la Muraglia Cinese.

    Accanto a lui, Bae si spinse in avanti e alzò le braccia come un uccello mentre urlava di gioia e Gold istintivamente lo afferrò con la mano, anche se era ben assicurato con la cintura.

    Non gli erano mai piaciute le altezze.

    Il giro era un capolavoro tecnologico e tentò di focalizzarsi sul domandarsi come avessero riprodotto i vari profumi che aveva sentito nello sforzo di distrarsi dalla convinzione che stava per morire. Almeno, Bae si stava divertendo, e quando guardò oltre suo figlio, anche Belle stava sorridendo.

    Dopo quelle che erano sembrate ore, ma in realtà solo 5 minuti, atterrarono e Gold resistette al desiderio di baciare a terra. Bae, dal canto suo, era elettrizzato.

    “È stato fantastico! Sembrava proprio che stavamo volando! Hai avuto paura, Belle? Io no, nemmeno un po'".

    "Sei molto coraggioso" Belle gli disse "Io avevo un po' di paura. Eravamo altissimi" lei guardò Gold "Tu hai avuto paura?".

    Bae rispose subito "Papà non ha paura di nulla".

    Gold desiderò che fosse vero. C'erano così tante cose nella sua vita che lo terrorizzavano, tanto che un volo sembrava quasi piacevole "Forse un po'".

    Fu un sollievo quando il padiglione successivo conteneva solo un giro lento con Eric Idle e uno strano dragone viola di cui Bae subito di innamorò. Una versione di peluche del dragone finì nello zaino di Bae insieme alla giacca di Gold, oltre a Scorza di peluche che Bae doveva assolutamente avere, e poi ripartirono.

    "Test Track o World Showcase?" Belle gli chiese quando uscirono sotto il sole della Florida.

    "Test Track è un giro sulle montagne russe, giusto?". Quando Belle annuì, Gold fu sollevato che Bae fosse troppo distratto dalle vicine fontane per dare la sua opinione. Suo figlio avrebbe fatto di tutto per un infernale giro, ma Gold ne aveva già abbastanza "World Showcase sia".

    Belle indicò verso destra con due dita "Il prossimo!".

    Sulla mappa, il padiglione Canada non sembrava molto distante, ma in realtà, sembrò distante chilometri. Gli enormi giardini erano meravigliosi da passare, ma Bae li trovò molto poco entusiasmanti. Dopo poco, tirò Gold per la mano "Dai, papà! Belle vuole fare un giro".

    Belle ridacchiò per essere usata come capro espiatorio e li condusse al padiglione successivo - un film sulla cultura canadese, presentato da Martin Short. Bae era troppo piccolo per riconoscere l'attore se non solo come Jack Frost, ma rise alle sue battute comunque.

    Lungo il percorso per il successivo padiglione, Bae si fermò mentre un gruppo di uomini in kilt saliva su un palchetto e iniziava a cantare "The fields of Athenry", una tradizionale canzone irlandese che Gold aveva spesso sentito durante la sua infanzia a Glasgow. Quello era un periodo della sua vita che era meglio dimenticare, infatti non aveva mai fatto alcun tentativo di iniziare Bae a quel tipo di musica. Dallo sguardo entusiasta di suo figlio, sapeva di aver commesso un errore.

    Di fronte al palco, un paio di bambini stavano danzando come pazzi, e lo sguardo desideroso di Bae spezzò il cuore di Gold. Notando ciò, Belle prese Bae in braccio e iniziò a danzare uno strano valzer.

    Si fermarono quando la canzone terminò così che Bae potesse ridere alle battute dello zampognaro e Belle si allungò per parlare a Gold in un orecchio "Ho fatto bene? Hai detto nessuna attività stancante, ma sembrava così triste...".

    "Hai fatto benissimo. Sono felice che tu ci abbia pensato" le disse. Belle aveva danzato lentamente, così da non stancare troppo Bae. Ancora meglio, l'aveva fatto sorridere e gli aveva dato l'impressione di poter fare come i bambini normali.

    Finirono per guardare tutto lo spettacolo, con Gold che si allontanò per acquistare ogni CD della band. Cosa avesse a che fare col Canada, non ne aveva idea, ma se faceva felice Bae, era pronto a diventare il loro primo fan.

    I membri della band furono abbastanza gentili da rimanere anche alla fine dello show e fare delle foto dopo aver firmato i CD di Bae. "Voglio fare lo zampognaro quando sarò grande!" annunciò per il divertimento di tutti.

    Gold fece del suo meglio per mantenere uno sguardo neutrale, ma qualcosa doveva essergli sfuggito perchè Belle gli strinse un braccio, dandogli conforto senza parole. Aveva ragione. Non c'era motivo di temere il futuro quando, proprio ora, Bae era felice e gioioso.

    Il padiglione successivo, che era a tema Regno Unito, non prevedeva nè film nè giri. Aveva, invece, un incontro con Winnie the Pooh e Tigro. Bae non ne fu felice.

    "Pooh è per i bambini".

    Belle sorrise alla sua frase "È ok. Se sei troppo grande per Pooh, non dobbiamo salutarlo".

    Non era il metodo che Gold avrebbe scelto, ma quando Belle si allontanò dai personaggi, potè vedere lo scopo della sua strategia. Bae trascinò i piedi, guardando da oltre una spalla Pooh e Tigro, cosa che Belle finse di non vedere.

    "Beh... Vuoi incontrarli, allora?" Belle chiese. Nascondendo un sorriso, gli disse "A me piacerebbe salutarli. Ma se tu non vuoi, è ok".

    "Lo farò solo perchè vuoi tu" disse Bae con un sorriso magnanimo.

    "È molto generoso da parte tua" Belle lo premiò con un bacio sulla guancia, che fece arrossire suo figlio, e Gold desiderò aver avuto il telefonino a portata di mano.

    A dispetto del suo iniziale sdegno, dovettero praticamente trascinare via Bae da Tigro.

    "Il prossimo padiglione è a tema francese. Sarà come essere a casa" Belle disse mentre uscivano.

    "Sono stanco di camminare. Fa caldo" Bae si lamentò.

    Gold conosceva bene quel tono "Fermiamoci a pranzare".

    Pesce con patate ravvivò Bae un po' troppo velocemente. Gli ci volle tutta la forza per far stare fermo suo figlio e farlo riposare, e se non fosse stato per l'aiuto di Belle con il gioco 'Cosa vedo?', non avrebbe vinto la battaglia.

    "Possiamo prendere un gelato?" Bae chiese speranzoso mentre passavano un ponte per entrare nel padiglione francese, notando varie persone con enormi coni colorati.

    "Aspettiamo un po', abbiamo finito ora di mangiare, poi lo prenderemo". Bae aveva ereditato il suo stesso amore per gli zuccheri, cosa che Gold cercava di evitare quanto possibile, ma questa era una vacanza. Il gelato era d'obbligo.

    "Che succede lì?". C'era una folla sul bordo di una laguna e Bae si avvicinò per osservare, Gold e Belle dietro di lui. Improvvisamente, Belle si fermò "Oh no...".

    Gold esitò, combattuto tra stare con lei e tenere vicino Bae "Che succede?".

    Il suo sguardo fu molto dispiaciuto "Mi dispiace così tanto. Non ci avevo pensato".

    Molto confuso, Gold osservò il gruppo di persone finchè non vide di cosa stava parlando. Nella laguna, una Belle in abiti azzurri da paesana stava firmando autografi e facendo foto.

    Oh, cavolo.

    Fece per afferrare Bae, ma era troppo tardi. Suo figlio aveva già visto l'altra Belle. Il suo faccino si contorse confuso mentre guardava la loro Belle e l'altra.

    "Papà, perchè ci sono due Belle?".


    Continua...
  4. .

    Capitolo 2



    Sabato mattina arrivò con occhi lucidi e stanchi e mal di testa e House iniziò la sua routine mattutina come un automa. Dolore, pillole e, dopo un po' di blanda autocommiserazione, una doccia calda. I pensieri sempre occupati da quello che era già stato nella sua mente ancor prima della visita di Wilson.

    Pensò di nuovo a quel gesto apparentemente altruista di Cameron nel suo ufficio. Non era stupido; sapeva qual era il piano di Cameron. Aveva voluto vederlo ritornare in ginocchio. Aveva voluto vederlo prostrarsi dinanzi a lei, insistere che, qualsiasi cosa avesse avuto con Stacy, ora era finita, che i sogni di lui e ogni suo pensiero del giorno erano rivolti a lei.

    Aveva sempre vissuto meglio da solo. Era un fatto vero e rodato. Quindi, come aveva potuto essere così ingenuo nel pensare che stare con Allison Cameron non gli avrebbe portato altro che miseria?

    Si fermò a metà del mettersi la camicia. Socchiudendo gli occhi in auto-disgusto, sospirò e continuò a vestirsi. Stava mentendo a se stesso sui difetti di una delle donne più oneste che avesse mai incontrato. Patetico. Cameron non aveva altri volti. Non lavorava con sotterfugi o giochi mentali. Almeno, le doveva di doverla pensare così com'era e non come la sua coscienza voleva che fosse per poter dormire la notte.

    Era sbagliato. Lei non era stato il problema. Quello che avevano avuto gli stava davvero bene. Gli piaceva, anche se non lo aveva mai ammesso. Era abbastanza sicuro che anche a lei piacesse, dato il modo in cui aveva affondato le mani nei suoi capelli quando si erano baciati, al quarto appuntamento.

    No. Di certo non era stata lei. Era stato lui. E Stacy. O meglio, l'idea di Stacy.

    Per quanto fosse calcolatore, House aveva completamente omesso di pensare alle ramificazioni di vedere Stacy fuori dall'ospedale. Diavolo, Princeton era grande; le probabilità di finire nello stesso ristorante erano quasi pari a 0, eppure, era successo proprio quello. Quando aveva visto Stacy con Mark al 'Sangiovese', la sua mente si era come spenta.

    Prima, i suoi pensieri erano stati occupati dal lavoro, dai giochi, dalle soap e da Cameron. Ora, solo da Stacy.

    Cameron ci aveva provato. In circostanze normali, si sarebbe goduto il concerto e, specialmente, la sua compagnia, ma la sua mente era stata focalizzata su Stacy. Stacy l'inottenibile.

    House si sedette ai piedi del letto e iniziò a mettersi le Nike Shox.

    L'amava ancora o era semplicemente una conquista della sua mente? Ottenere il controllo della relazione di loro due proprio come lei aveva fatto con lui, anni prima? O c'era dell'altro? Le domande erano: perchè le cose erano terminate e di chi era stata la colpa davvero e lui era diverso rispetto a 5 anni prima?

    Non era la prima volta che si poneva quelle domande. Solo che non aveva mai alcuna risposta. Questa volta non fu diversa.

    Quando era arrivata la prima volta, pregandolo di aiutare suo marito, si era sentito preso alla sprovvista e impreparato dei sentimenti che lei si era portata dietro. Vederla, apparentemente, felicemente sposata. Poi, sullo sfondo, erano arrivate le parole di Cameron e le azioni, liberandolo da qualcosa che loro non avevano mai avuto, ma, al contempo, costringendolo a realizzare che non avrebbe mai avuto niente nemmeno con Stacy.

    Si era detto che chiedere a Cameron di uscire una seconda volta era stata una prova per sè, soprattutto. Poteva andare avanti, dannazione. Poteva avere la donna più bella dell'ospedale e Stacy poteva stare seduta durante le sessioni di terapia del suo maritino in carrozzina e sapere che lui era andato avanti. Non si era aspettato di divertirsi. Non si era aspettato di provare cose che aveva con cura messo da parte e chiuso a chiave insieme ai suoi sogni di camminare e correre. Si era divertito e Stacy era passata al secondo posto nei suoi pensieri, tenuta lì dal suo sempre presente bisogno di tenerle testa.

    Tutto era cambiato al quinto appuntamento, quando l'aveva vista mangiare con Mark nel loro ristorante preferito, al loro tavolo preferito. Non ci erano più riandati dal suo infarto; lui non aveva voluto andare da nessuna parte. Lei aveva dovuto trascinarlo fisicamente in terapia e... al diavolo la terapia. Si era sentito nel giusto e giustificato nella sua rabbia. Si sentiva ancora così, ma ora si chiese cosa sarebbe successo se non avesse avuto l'infarto. Sarebbero rimasti insieme o lui avrebbe trovato un altro motivo per spingerla via? Che tipo di uomo era, davvero? Era cambiato?

    Forse, il bisogno di sapere era la cosa principale che l'aveva portato lì, sebbene avesse detto a Wilson che era tutta colpa di Stacy e aveva bisogno di sapere se l'amava ancora.

    Sì, doveva saperlo, doveva sapere se quei sentimenti erano stati reali e se esistevano ancora. Non poteva mentire a se stesso. L'amava ancora, ma quando provava a immaginare un mondo perfetto in cui Mark e Cameron non esistevano, non riusciva a immaginarsi con lei. Oh, poteva immaginarsi il sesso. Quello era facile. Aveva tantissima esperienza alle

    spalle e il canale di Playboy come ispirazione. Ma quando pensava a loro due nei momenti tranquilli, uscendo insieme, cenando, guardando la tv... non poteva immaginarla nello spazio vuoto accanto a sè... uno spazio che Cameron aveva occupato di recente. La domanda sull'amore era lì, ma c'era tanto altro. Doveva sapere cosa pensava di lui, così che avrebbe potuto sapere cosa avrebbe dovuto pensare di se stesso.

    Stacy sembrava consumarlo in un modo peculiare. Era riuscita, in qualche modo, a infiltrarsi nei suoi pensieri così totalmente che tutto sembrava secondario. Così totalmente che lui aveva violato la riservatezza medico-paziente e aveva letto la sua cartella del terapista. Voleva entrarle in testa proprio come lei aveva fatto con lui. Quando ce l'avrebbe fatta, allora avrebbe potuto decidere il corso delle sue azioni. Poteva averla o esorcizzarla per sempre. Ad ogni modo, sapeva che avrebbe dovuto farlo da solo.




    Quante cose cambiano in un giorno. Una frase così trita, forse perchè era spesso così vera. Infatti, le cose cambiate in questione erano avvenute in una settimana, ma la sensazione era la stessa. Era passata una settimana di lunghe discussioni e sguardi addolorati; di fingere di non preoccuparsi mentre era il contrario; di discussioni acide e dure realizzazioni. House era seduto sulla sua poltrona, pensando a tutto quello e tentando di pensare al dolore alla gamba per anestetizzare tutti gli altri dolori. Sfortunatamente, funzionava solo quando c’era di mezzo un altro dolore fisico.

    Era venerdì mattina, ore 10:00, e l'ultimo giorno di House come leader della sua banda di disadattati. Foreman avrebbe preso potere il lunedì e, seppur House fosse molto più che incazzato, non era sorprendentemente al primo posto nella sua lista di preoccupazioni. Infatti, aveva la sensazione che si sarebbe divertito a seccare Foreman per un mese.

    Aveva passato di peggio all'università.

    Se allungava il collo, poteva vedere a malapena Chase e Foreman nell'altra stanza, parlando e bevendo caffè. L'altro membro del suo team si era data malata. Cameron, la donna che non si era mai presa un giorno di malattia da quando era stata assunta e che si era presa solo una settimana di ferie quando gliene toccavano 3, si era data malata.

    Ovviamente, non aveva chiamato lui.

    No, Cuddy gli aveva passato l'informazione mentre si dirigeva in Clinica, mentre fingeva di essere invisibile. House aveva notato lo sguardo del suo volto. Lo stava compatendo. Come se avesse saputo qualcosa dietro quel semplice giorno di malattia e come se non avesse passato le chiavi del suo regno ad uno dei suoi menestrelli. House strinse i denti al ricordo di quello sguardo. Non aveva il diritto di compatirlo. E non ne aveva nemmeno motivo. Lui stava bene. Tutto andava bene.

    Giusto.

    Almeno Chase era lì; significava che Cameron non c'era andata di nuovo a letto.

    Cazzo.

    Non che lei fosse sua. Anzi, l'aveva allontanata. Non aveva nemmeno cercato di parlarle dopo che si era aperta con lui, dicendogli di cosa aveva bisogno e cosa lui doveva fare se voleva che le cose continuassero tra loro. Lui aveva agito come se non ci fosse mai stato nulla di cui discutere. La distanza era tanto più facile rispetto all'affrontare le cose.

    Non le aveva dato nemmeno una pacca di supporto sulla spalla mentre affrontava due giorni da zombie. Uno in shock e uno in disperazione. Ignorarla era stato molto più facile di ammettere qualcosa. Molto più facile di smettere di pensare che un futuro su cui aveva fantasticato era già sfumato. Concentrarsi su un dannato topo malato era molto più facile che pensare ad una donna malata terminale. Una donna per cui aveva finto disinteresse. Una donna che aveva evitato in favore di una cieca diagnosi su una storia da tempo morta.

    Ecco perchè era andata a letto col canguro.

    E ora non c'era perchè malata. Una reazione alle sue nuove medicine, o una reazione al suo atteggiamento disgustosamente egoista? House non era sicuro cosa preferire.

    Passarono lunghi minuti con lui a nascondersi dietro una cartella di un paziente. Per fortuna, la gente sembrava aver deciso di rimanere in salute almeno per un giorno. Non c'erano chiamate per nuovi pazienti e nessuna minaccia di revocare i suoi privilegi se non fosse sceso in Clinica. Cuddy si era davvero data la zappa sui piedi mettendo Foreman al comando. Di certo dava ad House molto meno incentivo a fare il bravo... non che gliene avesse mai dato.

    Era stanco di pensare e tirò fuori Gameboy e iPod. Un doppio sovraccarico sensoriale bloccava la sua mente dal mordersi la coda. Aveva appena finito il 7° livello di 'Metroid' quando un'ombra gli oscurò la visuale. L'ombra di Wilson. Alzò lo sguardo e lo guardò a malapena, abbassando il volume.

    "Caffè?".

    Caffè. Quello era il codice di Wilson per 'Vuoi parlarne?'.

    "No. Sto bene" House replicò, poi alzò la console "E sto andando alla grande".

    "Offro io. Posso allargarmi anche per qualche Danese". Altro codice per 'Andiamo. Ti tormenterò finchè non cederai'.

    House sospirò e posò il Gameboy sulla scrivania "Ok. Ma mi prenderò quelli grandi e costosi".

    "Lo immaginavo".

    Si diressero a mensa in silenzio e House sapeva che Wilson stava cercando l'occasione per attaccare. Ma l'atteggiamento silenzioso di House non gli dava tante chance. Il che era, dopo tutto, l'obiettivo. Ordinarono i loro caffè e i dolci, con House che selezionò il Danese più grosso che c'era, e si diressero verso l'ascensore, non essendosi scambiati più di cinque parole.

    Wilson mandò gli occhi al cielo. Se arrivavano al loro piano, avrebbe perso inutilmente 50 dollari e 50 centesimi "Ho notato che Cameron non c'è, oggi" disse "Devono essere le medicine. Ha detto che gli effetti collaterali le stavano dando qualche fastidio".

    I due salirono in ascensore e House guardò a malapena Wilson "Già. È malata. Come sai così tanto di lei?" House disse, tentando di tenere a bada sarcasmo e acidità.

    "Abbiamo... parlato" Wilson disse vagamente, concentrandosi sul suo caffè. Quando alzò lo sguardo, House lo stava fissando. "Non guardarmi così. Guardati allo specchio se vuoi vedere l'uomo che l'ha abbandonata e guarda Chase se vuoi vedere il tizio che si è approfittato di lei. Io sono solo il povero zoticone con cui lei parla perchè nessun altro sembra volerla ascoltare".

    House socchiuse gli occhi "Io l'ascoltavo" disse rabbiosamente.

    "Sì. Come no. Era prima o dopo che hai rubato la cartella di Stacy? Forse è stato tra un viaggio a casa di lei e la somministrazione di medicinali ad un topo".

    "Si chiama Steve".

    Wilson scosse la testa e rise senza divertimento "Scusa. Dimentico che è la tua nuova ossessione. Spero che troverai la vostra relazione soddisfacente" Wilson disse, fissando House. Era qualcosa che poche volte aveva occasione di fare "Sai, di solito mi sento in colpa per te. Penso che non sai che diavolo stai facendo quando si tratta degli altri. Ma stavolta? Sapevi benissimo cosa stavi facendo. Ti sei scavato questa fossa e ti meriti di finirci sotterrato. Sai chi non si merita tutto questo? Cameron. La sola cosa che ha fatto, è stato di credere che potevi davvero diventare, anche lontanamente, un essere umano normale".

    "Già e chi gliel'ha chiesto di crederci?" House rispose. L'ultima cosa di cui aveva bisogno, era Wilson che lo faceva sentire in colpa "Ha tirato i dadi e ha perso. Non è colpa mia".

    "House..." Wilson tentò un'altra tattica ma era troppo tardi.

    "Non hai qualcuno morente che è in disperato bisogno della tua morbida mano da stringere?".

    Qualsiasi parola gli morì in gola e strinse i denti, rassegnato. Le porte si aprirono e House uscì.




    Le giornate più corte significavano che alle 16:30 l'ufficio di House era avvolto nell'ombra, salvo per la tiepida luce del lampione della strada che illuminava un angolo. House era seduto alla scrivania e la luce non lo raggiungeva. 2 ore dopo ed era ancora con il suo iPod e la testa poggiata contro la poltrona. Poteva sembrare addormentato, ma aveva gli occhi aperti e fissava un punto imprecisato sul muro.

    Era ancora in ospedale perchè non aveva altro posto dove andare. Fatto che raramente lo preoccupava, ma non quel giorno.

    Dannato Wilson.

    In corridoio, sentì dei passi veloci avvicinarsi e poi fermarsi. House mantenne lo sguardo fisso sul muro.

    "Greg?".

    Beh, quello era un cambiamento. Di solito, era lui lo stalker.

    "Non dovresti essere a casa col tuo adorabile maritino?".

    "Sì, probabilmente dovrei. Avevo da finire alcuni documenti".

    "Qualcun altro che vuole denunciarmi?".

    "Non questa volta" l'espressione di Stacy aveva qualcosa simile ad un crudele ghigno mentre entrava nell'ufficio.

    "Beh, bene. Non avrei voluto mandare in fumo tutto il budget che la Cuddy tiene solo per le mie questioni legali. Devo convincerla a trasformarlo in bonus natalizio ogni fine anno. Pensi che concorderà?".

    "Non lo so. Probabilmente, dovresti comunque provarci. Penso che è un 50 e 50".

    "Meno male che tu lavorerai per me pro bono" House si girò sulla sedia e guardò finalmente la donna che l'aveva tradito anni prima e che riusciva ancora ad avere una tale influenza sulla sua vita.

    Stacy continuò ad avvicinarsi con uno sguardo fisso e si sedette di fronte ad House. La sua forma illuminata dalla luce fuori e lui la fissò dall'ombra.

    "Per quel che vale..." lei disse "Mi dispiace per la tua sospensione".

    House fece spallucce "Non è la prima volta e non sarà nemmeno l'ultima. Comunque, mi divertirò a prendere in giro Foreman".

    Lei rise "Ne sono sicura".

    "Che ci fai qui?". La risata di Stacy si spense. Era la risata di sempre. Una risata che una volta aveva amato. Ora gli dava fastidio. Il suo sguardo era duro e penetrante e poggiò le mani sulla scrivania, facendole colpire dalla luce.

    "Non lo so" lei replicò onestamente "Credo che volessi vedere come stavi".

    "Grazie, ma non penso che sia un tuo dovere".

    "Vecchie abitudini".

    Lui sbuffò e si appoggiò di nuovo alla poltrona.

    "Greg, non sarò qui per sempre e non voglio andarmene pensando che ti ho ferito di nuovo".

    Lui mandò gli occhi al cielo e spostò indietro la sedia "Cos'è successo a tutto il veleno che avevi fino a qualche giorno fa?".

    "Mi sono calmata. Ti ho detto che non è stato tutto brutto".

    "Giusto. Non è stato solo abbastanza buono per te da ammettere che preferiresti stare con me e non con Marky-Mark".

    "È davvero questo che vuoi sentirti dire? Vuoi che lasci Mark e corra tra le tue braccia dichiarando che non ho mai smesso di amarti?".

    "Sarebbe un inizio".

    "E poi cosa?".

    Lui rimase in silenzio mentre la fissava "Poi, cercherei di scoprire cos'è andato male la prima volta".

    Stacy sospirò e si sporse in avanti, i gomiti sulle ginocchia "Vuoi dire a parte il mio tradimento?".

    "Già. A parte quello" lui rispose acidamente.

    "Eravamo troppo simili, Greg. Tutto spigoli e lingue biforcute. Io ti accusavo di lasciarmi da sola, ma io non ero da meno. Siamo stati bene per un po', ma anche senza l'infarto, sai che non sarebbe durata. Tutto si sarebbe sgretolato in modo spettacolare, proprio come era iniziata... solo che con le urla e senza il sesso".

    House alzò un sopracciglio prima di tornare a guardare Stacy in modo serio, sapendo che le sue parole erano più che vere. Aveva cercato una diagnosi, un motivo per la fine della loro relazione, e sebbene avesse già saputo tutto, non l'aveva mai ammesso. Era sembrato più sicuro pensare che lui avesse fatto semplicemente qualcosa. Un qualche errore che l'aveva reso incapace di portare avanti una relazione. Un tale errore che non gli permetteva di coinvolgersi di nuovo. Cosa che avrebbe eliminato la possibilità di non sentirsi mai sconfitto quando si guardava nel soggiorno vuoto come se un ladro avesse spazzato via tutto.

    "Che ci fai ancora qui, Greg?" Stacy gli chiese, riportando House con i piedi per terra.

    "Sono comodo".

    "Non staresti più comodo a casa... o con qualcuno?".

    House alzò la testa a quelle parole e la fissò.

    "Non sono cieca, Greg. Ho visto come vi guardate. Cos'è successo?".

    "Non sono affari tuoi".

    "Provo ad indovinare e dico che non ha apprezzato il tuo essere ossessionato da me".

    "Non ero ossessionato. Ero irritato. Grossa differenza".

    "Lei non è un tipo spigoloso, Greg".

    House sospirò e mandò gli occhi al cielo "Ne saresti sorpresa" disse, poi abbassò la testa, pensando a quanto poco sapesse anche lui di Cameron.

    "Complessa non significa difficile".

    "Come dici tu" era pronto a mettere fine a quella discussione. Non aveva bisogno di consigli da parte della sua ex.

    Stacy percepì che la loro discussione era giunta alla fine e si alzò. Quella era un'ottima qualità nel conoscere Greg House. Poteva ancora capirlo come sempre.

    "Non stare qui tutta la notte".

    "Sarò a casa prima del coprifuoco" House rispose sarcastico.

    Stacy non replicò, solo uscì dalla stanza lentamente, i tacchi che risuonavano per il corridoio.

    House fissò la luce che illuminava la sedia dove era stata seduta e poi la sala conferenze vuota. Poteva scorgere il camice di Cameron appeso e si domandò cosa stesse facendo e se stesse davvero male o se fosse solo stanca di lui. Si mise l'iPod in tasca e si alzò, appoggiandosi più del solito al bastone dopo ore passate nella stessa posizione.

    Non sapeva dove stesse andando, ma era ora di uscire di lì.


    Continua...
  5. .

    Capitolo 5



    "Siamo a casa".

    Gold disse quasi sottovoce, come per non svegliare Moe, che si era addormentato un'ora prima. Nel sedile passeggero, Belle non aveva mosso un singolo muscolo da quando l'aveva convinta ad addormentarsi e, mentre parcheggiava la Cadillac di fronte casa sua, Gold si voltò verso di lei, sorridendo.

    Con un dito, le sfiorò lievemente il naso, spostando subito la mano quando Belle sobbalzò come se fosse stata toccata da una scarica elettrica, i suoi occhi blu si aprirono quando fece un movimento improvviso in avanti, bloccata dalla cintura di sicurezza.

    "Ehi, ehi, va tutto bene" la calmò mentre lei si guardava intorno, spaventata.

    Quando lo notò, Belle si abbandonò sul sedile con un sospiro "Oh, sei tu".

    "Ti aspettavi qualcos'altro?" le chiese un po' troppo duramente, prendendo poi un profondo respiro, costringendosi a rilassarsi. Quando era uscito di casa, il giorno prima, aveva pensato che sarebbe ritornato da solo, come sempre. Invece, era accompagnato dalla sua fidanzata e da suo padre. Sebbene l'alterazione della sua routine fosse un bel cambiamento, era anche enorme, e non poteva essere il solo ad esserne stato toccato. Aveva più senso pensare che Belle fosse semplicemente confusa dal suo sonno e dalla rivoluzione della sua vita e non delusa dal trovare lui al suo fianco, invece di un misterioso amante del Maine che suo padre gli aveva inavvertitamente rivelato.

    "Pensavo di sognare" Belle sorrise imbarazzata "Ma sei reale".

    Le sue parole lo avvolsero come una coperta di emozioni. Aveva sognato lui e scoprire che erano davvero fidanzati, la faceva sorridere. Forse, si stava preoccupando troppo di questo ragazzo del Maine. Chiunque fosse, non aveva salvato dalla sua vita di preoccupazione e squallore.

    Era ora, per Belle, di vedere cosa significava essere sua moglie. Gold fece cenno verso la casa "Ti piace la tua nuova casa?".

    Aveva deliberatamente parcheggiato in strada, invece che nel garage come faceva di solito, proprio per dare a Belle la migliore vista della sua casa. Quando lei si voltò a guardare, la osservò avidamente, nascondendo il suo trionfo quando i suoi occhi si spalancarono. "Vivi qui?".

    "No, viviamo qui" la corresse, a malapena capace di nascondere la sua risata quando lei sembrò attonita.

    Col sole al tramonto a distanza, l'immensa casa, con i suoi esterni elaborati e rosa, sembrava uscita da un libro delle fiabe ed era completamente inappropriata per un solo abitante. Gold non aveva mai pensato di viverci da solo, ma la vita non era andata come aveva immaginato. Negli ultimi anni, aveva avuto molta più fortuna e mai come in quel momento poteva essere vero.

    Casa sua era troppo grande per una sola persona, ma era perfetta per due, e se Moe French avesse voluto farne parte, ci sarebbe stato tanto spazio anche per lui. La vita di Gold, già perfettamente organizzata, era migliorata con l'aggiunta della sua futura sposa.

    “È bellissima" Belle mormorò come se temesse che, parlando a voce alta, avrebbe rovinato la magia.

    "Penso che sarai molto felice, qui" non diede voce al paragone con la bettola da cui l'aveva salvata, ma non ne aveva bisogno. Belle aveva già dovuto fare le giuste differenze col patetico appartamento dove si era svegliata quella mattina e lo splendore di casa dove si sarebbe svegliata ogni giorno a venire.

    Mentre riaccendeva l'auto per avvicinarsi di più alla casa, Belle si voltò indietro "Svegliati, papà! Siamo arrivati!".

    Moe French grugnì, svegliandosi lentamente "Siamo arrivati?".

    "Siamo nel Maine. Vivremo qui, ora. Guarda che bello!". Gold sorrise mentre Belle indicava gioiosamente ogni elemento della casa che trovava attraente, indirizzando l'attenzione del padre verso le finestre colorate dei balconi.

    Da parte sua, French sembrò neutrale, ma non protestò quando Belle lo fece scendere. Tutti e tre si diressero verso la porta d'ingresso, fermandosi periodicamente così che Belle potesse incoraggiare suo padre ad ammirare il panorama. Andava contro ogni suo istinto di gentiluomo lasciarle portare il borsone, ma col suo bastone, poteva portare solo la valigia di Moe French. French, dal canto suo, portava solo la sua scatola di stranezze. Prima avrebbero assunto una badante, meglio sarebbe stato.

    "Wow" Belle disse mentre lui li faceva entrare, guardandosi intorno come se fosse in un museo.

    "Non è molto, ma è casa" lui disse, sapendo che la sua modestia avrebbe reso la casa più impressionante. La sua collezione di oggetti antichi e opere d'arte creava un'atmosfera che doveva essere subdolamente intimidatoria verso i suoi clienti, una mostra di ricchezza. Belle, dal canto suo, non doveva essere intimidita. I suoi soldi le sarebbero giovati, non andati contro.

    "Facciamo un tour?" lui offrì, accigliandosi quando Belle scosse la testa.

    "Penso che papà sia stanco" lei rispose, mettendosi velocemente tra French e un arzigogolato orologio a cucù quando l'altro uomo si allungò verso di esso.

    Gli occhi azzurri di lei lo pregarono di capire e Gold zittì il proprio disappunto "Nessun problema".

    Quel giorno, ore prima, aveva dato alla sua governante ordini di preparare una camera degli ospiti per French ed era ora di vedere se la donna si fosse guadagnato il suo profumato salario "Seguitemi".

    Non aveva esperienza con i pazienti ammalati, ma c'era qualcosa di infantile in French e quello mise Gold leggermente più a suo agio. Aveva scelto la Camera Blu, in parte perchè aveva un bagno privato e un piccolo salottino, ma soprattutto perchè era accessibile solo da un corridoio che dava direttamente sulla camera da letto di Gold. Se French si fosse allontanato, avrebbe dovuto passare davanti a lui.

    "È più grande di casa" Belle si meravigliò quando le mostrò la stanza, compiaciuto di vedere che la signora Potts era stata perfetta. Tutto era stato spolverato, arieggiato, profumato e sistemato per gli ospiti.

    "Che ne pensi, papà?" Belle chiese mentre French si guardava intorno, accigliandosi leggermente.

    "Quando ce ne andremo?".

    Gold si morse un labbro per non rispondere acidamente, mentre Belle gli poggiava una mano sul braccio. Quello era il ringraziamento? Un altro uomo avrebbe lasciato French a marcire in quel buco di casa o avrebbe chiesto a Belle di mettere suo padre all'ospizio. Al di là della sua usuale bontà di cuore, aveva accolto quell'uomo e si era visto rinfacciare la propria generosità.

    "Guarda quella finestra!" Belle intervenne mentre si allontanava per afferrare il braccio di suo padre e guidarlo verso la finestra, dove Gold aveva sistemato una scrivania affinchè sostenesse i progetti di French "Pensa a quanta più luce avrai durante il giorno. Potrai lavorare molto di più, riuscendo a vedere meglio. E guarda questo letto! Vediamo se è comodo tanto quanto sembra!".

    Gold poggiò le mani sul bastone e osservò Belle mostrare a suo padre tutta la stanza. Si abbandonò sul letto, entusiasta, si sedette sul divanetto e fece sedere French alla scrivania, aspettando finchè la sua attenzione fu tutta su un suo progetto, prima di girarsi verso di lui e sorridergli in modo tirato.

    "Mi dispiace" lei mormorò, sebbene avrebbe anche potuto urlare. French non stava dando attenzione a nulla attorno a lui. "Lo chiede sempre, ovunque andiamo. Non significa che non gli piaccia e penso che questa stanza sia fantastica. È... tu sei meraviglioso".

    I suoi complimenti lo inorgoglirono "Ho cercato di prevedere i suoi bisogni".

    "E lo hai fatto" lei rispose "Gli ci vorrà solo un po' per abituarsi. È abituato a quella casa. Un cambiamento è difficile per lui".

    Privatamente, Gold pensò che il piacere di migliorare il modo di vivere di una persona, da una bettola ad una camera privata, avrebbe potuto superare qualsiasi difficoltà di adattamento, ma Belle capiva il modo di pensare di suo padre "Capisco".

    "Quel divano è così comodo. Grazie. Dormirò molto meglio, stanotte" i suoi occhi brillarono, distraendo Gold dal significato delle sue parole.

    Quando finalmente capì, si immobilizzò "Questa è la camera di tuo padre".

    Belle annuì, non capendo "Ho capito".

    Pensava davvero che avrebbe permesso a sua moglie di dormire sul divano della camera di suo padre? "Tu condividerai camera mia".

    Belle alzò le sopracciglia "Oh!".

    Non sembrò particolarmente elettrizzata all'idea e Gold digrignò i denti mentre respirava lentamente. Pensava di essere stato abbastanza chiaro sul fatto che Belle sarebbe stata sua moglie, non la sua protetta, ma forse non era stato così.

    Era un vecchio, senza dubbio meno attraente del ragazzotto del Maine di cui Belle era attratta, ma Gold sapeva che le piaceva la sua compagnia e aveva detto di sì sul rimanergli fedele. L'aveva abbracciato abbastanza nelle ultime 24 ore per dirgli che non lo trovava fisicamente ripugnante. Era un buon inizio. Il desiderio sarebbe potuto crescere col tempo.

    Forse era quello il problema. Si conoscevano da un anno e mezzo, ma c'era ancora tanto che non sapevano l'uno dell'altra. Era irritante pensare che Belle potesse credere che lui fosse un tipo che le avrebbe richiesto piaceri carnali per ripagarlo.

    "Il tuo corpo è tuo e io non ti chiederò nulla, a meno che non sia tu a voler condividere con me" le disse rigidamente.

    Le guance di Belle si colorarono di rosso "No! No, non è quello il problema. Sono abituata a sentirlo se si sveglia, capisci? E questo è un posto nuovo e...".

    Gold sospirò sollevato quando realizzò cosa stesse preoccupando Belle. Mentalmente, mise da parte il concetto che fare sesso con lui non era visto come un problema, da riprendere ed esaminare in seguito, e cercò di risolvere il reale problema di Belle.

    Sarebbero state necessarie una serie di badanti. Avrebbero dovuto assumere qualcuno per stare con French durante il giorno e qualcuno per la notte. Era una soluzione a lungo termine, ma avevano a malapena tempo di valutare i potenziali candidati quella sera. Avevano bisogno di una soluzione a breve termine fino a quando il piano completo non sarebbe stato redatto.

    "Un lucchetto alla porta per evitare che esca?" azzardò, sapendo sin da subito che non era stata la cosa migliore da dire.

    "Non lo chiuderò dentro come un animale nello zoo!" gli occhi di Belle si riempirono di fuoco e Gold alzò le mani a mo' di difesa.

    "Stavo solo pensando a voce alta. Non volevo offenderti".

    Belle sospirò "Scusa. Io... mi preoccupo per lui".

    Belle si preoccupava troppo e Gold decise che fosse compito suo trovare un modo per tranquillizzarla. Nel mentre, il modo migliore per risolvere un problema era capire quale fosse il problema "Di cosa, esattamente, ti stai preoccupando?".

    "E se vagasse per casa e cadesse? O toccasse qualcosa? Hai degli oggetti così belli e, se avesse occasione, smontasse qualcosa per vedere come funziona? E se accendesse i fornelli e bruciasse casa? E se si spaventasse perchè non sa dov'è? E se uscisse fuori e venisse colpito da una macchina? E se...".

    "Credo di aver capito" Gold odiava interromperla, ma la voce di Belle stava diventando sempre più frenetica mentre elencava tutti i pericoli che sarebbero potuti accadere a Moe French senza la sua supervisione. Ecco perchè sembrava esausta. Anche nel sonno, doveva stare sempre in allerta.

    Il livello di amore di un figlio per il genitore era qualcosa che Gold non conosceva, ma gli toccò delle corde del passato che sembravano di un'altra vita "Penso di avere la soluzione".

    Mentre scendeva le scale per trovare una scatola che non apriva da decenni, Gold tenne la mente saldamente sul presente. Per troppo tempo, Belle aveva portato il peso del mondo sulle spalle e ora era nella posizione di aiutarla. Era un peccato che non avesse scelto di confidarsi prima con lui. Se l'avesse fatto, sarebbero già stati sposati da mesi.

    Ci vollero pochi minuti per trovare ciò che cercava e, mentre ritornava da Belle, Gold venne accolto da un gioioso "Sei un genio!" prima di aver anche solo chiuso la porta.

    Belle arrivò dalla stanza di French e sorrise alla vista delle campanelle che aveva in mano. Su una lingua di pelle vi erano 8 grosse campane, con un gancio finale per appenderle alla porta. Se Moe French fosse uscito dalla camera, la notte, l'avrebbero sentito.

    Prendendogliele, Belle le appese e aprì e chiuse la porta, ascoltando le campane tintinnare. French alzò lo sguardo dal suo progetto, sorridendo al rumore.

    "Approvi?" dal suo sguardo ne era certo, ma Gold voleva le sue parole.

    Gli occhi di Belle furono così luminosi quando gli baciò una guancia "È una soluzione brillante. Grazie".

    La sensazione delle sue labbra contro la pelle fece sentire Gold come se fosse stato premiato per i suoi sforzi e quella luce nei suoi occhi completò il tutto. Il peso sulle spalle iniziava ad alleggerirsi.

    Con le campane a posto e French sul suo progetto, finalmente ebbero un momento per loro. "Andiamo, tesoro. Ti mostro la tua nuova casa".


    Continua...
  6. .

    Capitolo 2



    Quando Gold pensava alle vacanze, gli veniva in mente solo il relax. Prendersi una vacanza significava uscire dalla routine giornaliera e provare qualcosa di nuovo, così da poter ritornare alla vita di ogni giorno riposati e ringiovaniti.

    Disney World non era una vacanza.

    Grugnì mentre si svegliava, cercando a tastoni il telefonino per vedere l'ora. Dato che aveva chiuso tutte le tende, poteva essere mezzanotte o mezzogiorno, visto che la camera era del tutto al buio. Il telefonino lo informò che erano le 10:00 e dovette guardare due volte per esserne sicuro. Non dormiva così tanto da decenni, eppure fu tentato di girarsi e chiudere di nuovo gli occhi. Dopo un solo giorno al parco, la gamba gli faceva male per tutto il camminare e poteva sentire le spalle doloranti per lo zaino con tutto il necessario per Bae. Di quel passo, avrebbe avuto bisogno di una vacanza per riprendersi da quella vacanza.

    Portare via da scuola Bae prima della fine ufficiale della scuola elementare era stata la cosa più saggia che avesse fatto. Dato che faceva già caldo e c'erano tanti turisti in giro, Gold non riusciva ad immaginare quanto sarebbe stato più difficile il mese successivo, quando le vacanze estive sarebbero state in piena fase ovunque. Ancora meglio, i parchi chiudevano ancora presto. Le 21:00 era abbastanza tardi per una chiusura. Fossero andati 2 settimane dopo, il Regno Magico sarebbe stato aperto fino a mezzanotte e quella era una terribile prospettiva.

    Gold diede ai suoi occhi alcuni minuti per abituarsi al buio, poi si allungò verso Bae, contento di vederlo ancora addormentato. Dopo la maratona di divertimento del giorno prima, il riposo era la cosa migliore per lui. Voleva che suo figlio si divertisse il più possibile, ma si rifiutava di permettergli di finire senza energie. Bae doveva conservare le forze.

    Fino ad allora, suo figlio aveva cooperato. Dopo il loro ritorno al resort, la sera prima, Gold aveva insistito nell'andare subito a letto dopo la doccia e il bambino non si era lamentato. Con il suo nuovo peluche stretto al petto, Bae si era addormentato in 5 minuti e Gold non era durato molto di più. Aveva davvero dormito per 10 ore consecutive?

    Doveva ammettere che gli erano sicuramente servite. A volte, sembrava come se non riuscisse a dormire sin dalla malattia di Bae. Se non veniva svegliato per aiutare Bae durante una crisi, stava alzato fino a tardi a preoccuparsi del futuro.

    Gold si promise che non ci avrebbe pensato fino all'indomani. Si sarebbe goduto il momento e non si sarebbe preoccupato del futuro. Al momento, Bae si stava divertendo e Gold non avrebbe rovinato questa felicità presente per preoccuparsi del domani.

    Si mise a sedere e accese la luce sul comodino, sorridendo a suo figlio. Bae aveva la bocca aperta, la sua Bestia stretta sotto il mento.

    Belle era stata una vera meraviglia, Gold riflettè mentre prendeva il menù per il servizio in camera e cercava di decidere cosa ordinare per colazione. La sua gentilezza aveva avuto un grosso impatto su Bae, ma Gold era rimasto impreparato per come aveva influenzato se stesso. Era stato isolato per così tanto che si era quasi dimenticato quanto fosse bello avere un altro adulto con cui parlare, non importa se brevemente.

    Era stato generoso da parte sua offrire di rimanere in contatto con Bae. Suo figlio si trovava con i suoi pari, ma la sua malattia lo teneva spesso in disparte dagli altri e Gold non aveva idea di come sistemare quella situazione. Non aveva talento nel farsi gli amici lui stesso, quindi non aveva consigli da condividere. Era felice di avere Bae come suo unico amico, ma suo figlio si meritava più persone con cui parlare. Ora, aveva Belle.

    Recuperò il foglietto con le sue informazioni e le salvò sul telefonino, poi le scrisse un veloce messaggio: " Sono Elias Gold. Grazie ancora per la tua gentilezza verso mio figlio."

    Quelle parole sembravano ovattate e formali, ma Gold non sapeva cos'altro scrivere. Le sole persone a cui mandava messaggi erano i medici di Bae.

    In un lampo di ispirazione, scattò una foto a un Bae dormiente, assicurandosi di includere la Bestia nella foto, e gliela mandò: "Adora il tuo regalo."

    Per qualche ragione, rimase sorpreso quando lei rispose: "È adorabile! Sono felice che gli piaccia. Non vedo l'ora di parlargli di nuovo!"

    Qualsiasi cosa potesse pensare di rispondere sembrava troppo o troppo poco, quindi Gold mise via il telefonino senza replicare. Ad un certo punto, avrebbero dovuto pensare alle logistiche su come far interagire Belle e Bae. Avrebbero dovuto prendere in considerazione gli orari di lavoro di Belle e, se i due avrebbero fatto una videochat, lei avrebbe avuto bisogno di un preavviso necessario per mettersi il costume. Quello, però, era un problema per dopo.

    Quando ordinò da mangiare, Bae iniziò a svegliarsi "'Giorno, papà. Che facciamo oggi?".

    "E buongiorno a te" Gold lo baciò in testa "Faremo colazione e, dopo, andremo in piscina".

    Invece di sembrare entusiasta, Bae si accigliò "Piscina? E il parco?".

    "Niente parco, oggi" Gold mantenne un tono leggero "Ti piacerà la piscina. Ha un vulcano e uno scivolo".

    "Posso nuotare ovunque. Non abbiamo visto ancora nemmeno tutti i treni!".

    Gold notò la testardaggine del viso di Bae e contò fino a 10. Il bambino aveva un buon colorito e aveva dormito per quasi 11 ore. Forse, far visita al parco non era una cosa troppo astrusa. Il Regno Animale era noto per i suoi spettacoli e guardare gli animali non doveva essere troppo sfiancante. A causa della sua salute, Bae era più piccolo per la sua età, quindi non era abbastanza alto per la maggior parte delle attrazioni.

    Gold, comunque, cedette "Ok. Ma devi fare una buona colazione e, se inizierai a sentirti stanco, dovrai dirmelo. Non dobbiamo vedere tutto in una sola volta. Avremo tutta la settimana".

    Era un totale pollo, ma Bae sembrava così felice che Gold non riusciva a dire di no.

    Quando raggiunsero il Regno Animale, si era già pentito della sua decisione. Grazie alla monorotaia, si erano ritrovati il giorno prima di fronte i cancelli del Regno Magico subito dopo aver lasciato la loro camera. Invece, l'entrata del Regno Animale sembrava essere a chilometri di distanza dal parcheggio, con pochissimi punti di sosta lungo il tragitto.

    Gold era zuppo di sudore sotto il suo tre pezzi ancor prima di essere arrivati all'ingresso.

    Bae era silenzioso, ma determinato, guardandosi intorno curiosamente quando entrarono "Qui c'è un castello?".

    "Penso ci sia un albero" Gold non era ben sicuro dove fosse l'albero, ma pensò che il vialetto di fronte a loro li avrebbe di certo condotti lì.

    Bae sembrò ammaliato dai fenicotteri, ma non fu prima di vederli uscire fuori dalla giungla e trovare un enorme albero, la sua corteccia intagliata con le forme di migliaia di animali diversi, che iniziò a mostrare vero entusiasmo "Fico! Guarda, papà!".

    La giornata iniziò bene, con entrambi a godersi il film in 3D sugli insetti dentro l'albero. Alcune urla provenirono dall'auditorium quando la Vedova Nera 'attaccò'. Le varie file permettevano di avvicinarsi alla corteccia e Bae rimase ammaliato da tutti quegli animali.

    "Guardali" si meravigliò, allungando un dito per tracciare i contorni di una zampa, la sola cosa che poteva raggiungere "Dovremmo portare Belle, qui. Le piacerebbe".

    Era un'idea. Gold pensò a quella possibilità. Se Belle avesse avuto un giorno libero che fosse coinciso con la loro permanenza lì, forse avrebbe potuto assumerla per 24 ore. A Bae sarebbe piaciuto il parco con la sua nuova amica.

    Era qualcosa a cui pensare davvero "Ne sono sicuro".

    La prossima attrazione fu uno spettacolo teatrale de ‘Alla ricerca di Nemo’, un film verso cui Gold provava un senso di ambiguità. Bae adorava quel film, vedendo un riflesso di sè nel pesciolino con la pinna malformata. Gold, dal canto suo, si ritrovava un po' troppo nel padre super-protettivo di Nemo.

    Fortunatamente, Bae non era abbastanza alto per nessuna delle montagne russe, ma il giro per i dinosauri era sembrato abbastanza innocuo finchè non furono a bordo. Gold aveva pensato ad un tour scenico del periodo cretaceo, non un giro movimentato per cunicoli bui, interrotti solo per mostrare qualche forma di vita terribile come il Carnotaurus che, apparentemente, aveva deciso che loro fossero la sua prossima preda.

    Grato per le cinture di sicurezza, Gold afferrò la barra di fronte a sè e la tenne stretta mentre, accanto a lui, Bae rideva di gioia. Almeno, uno dei due si stava divertendo.

    Il loro veicolo si bloccò di colpo mentre un enorme Carnotaurus veniva sonoramente fuori dalla vegetazione, lanciandosi verso di loro con un ruggito. Gold sobbalzò sul sedile e Bae urlò, finendo poi per iniziare a tossire.

    "Oh no" Gold sospirò mentre Bae iniziava a respirare male, cercando di riprendere fiato. Un momento dopo, il veicolo riprese a muoversi e arrivò al capolinea e Gold subito slacciò la cintura del bambino, prendendolo in braccio mentre continuava a tossire.

    "È tutto ok. Tutto ok. Papà è qui" col suo ginocchio malandato, il peso di Bae era troppo, ma la necessità gli diede la forza necessaria. Gold trovò una panchina in disparte, proprio fuori dall'edificio, non permettendosi di mostrare alcuna reazione mentre osservava il viso stressato di Bae e il sangue sul mento.

    "Va tutto bene" Gold lo rassicurò mentre apriva lo zaino, cercando dentro finchè non trovò ciò che stava cercando. Aveva addosso abbastanza medicine da poter aprire una farmacia e, basandosi sul suono della tosse di Bae, avrebbe avuto bisogno di quasi tutto.

    Quando riuscirono a placare la crisi, Bae aveva la maglia tutta coperta di sangue e si era disteso sulla panchina, la testa sul grembo di suo padre mentre Gold gli accarezzava i capelli. "Papà" Bae si lamentò.

    "Lo so" non c'era molto altro da poter dire "Lo so, Bae-bae".

    Che Bae non avesse protestato a quel nomignolo disse a Gold tutto ciò di cui aveva bisogno sullo stato mentale di suo figlio. Si appoggiò allo schienale, osservando tutti i turisti che gli camminavano davanti a passo lento, genitori e figli che chiacchieravano senza alcun pensiero in testa. In un'altra vita, quelli avrebbero potuto essere lui e Bae e Gold si concesse un momento per desiderare di poter vivere in quell'universo parallelo dove non dovevano pensare a pillole e inalatori e bombole d'ossigeno. In quel mondo, Bae poteva correre e urlare quanto voleva e un colpo di tosse avrebbe significato solo l'aver preso freddo.

    Dopo un po', Bae si mise seduto, il viso pallido e le spalle abbassate "Odio stare male" mormorò, fissandosi i piedi "Mi è piaciuto il giro. È stato divertente. Non è giusto".

    "No, non lo è" Gold concordò, augurandosi di poter fare di più per il suo bambino.

    Anche allora, il respiro di Bae era affannato e quello significava che la loro giornata al parco era finita "Puoi camminare fino alla macchina?".

    "Voglio fare i giri" Bae si lamentò.

    "In questo momento, devi riposarti. Possiamo farli domani" allora, Gold fu ben fermo nelle sue parole "Andiamo. Torniamo in camera e potrai dormire un po', poi andremo a nuotare. Stasera, faremo qualcosa di divertente".

    A quello, Bae si illuminò un po' "Qualcosa di divertente? Tipo?".

    "È una sorpresa" sarebbe stata una sorpresa per entrambi, in realtà, perchè Gold non aveva la minima idea di come avrebbero passato la serata.

    La promessa di una sorpresa divertente fu abbastanza per far cooperare Bae quando Gold tirò fuori una maglietta pulita. Quando non sembrò più come una vittima di un killer con l'ascia, i due ritornano al parcheggio, Gold con lo zaino di Bae in spalla. Quando raggiunsero la Cadillac, la sua gamba era in fiamme e ne avrebbe pagato il prezzo nelle ore successive.

    Guidare dal Maine in Florida era stato un viaggio lungo, ma quando Gold si mise al volante e vide Bae già quasi addormentato sul sedile posteriore, decise che ne era valsa la pena. In questo modo, non doveva preoccuparsi di perdere qualche cosa negli spostamenti o delle condizioni sanitarie dei mezzi di trasporto. Aveva sterilizzato la loro stanza d'hotel quando erano arrivati, ma c'erano dei limiti che avrebbe dovuto rispettare su un aereo.

    Una malattia per Bae avrebbe potuto scatenare un disastro, quindi Gold gli fece una doccia quando ritornano in camera prima di metterlo a letto con il suo peluche. Aveva pensato che il bambino si sarebbe addormentato subito, ma Bae fu inquieto finchè suo padre non gli si sedette accanto ad accarezzargli la schiena, quel movimento era confortante per Bae e per se stesso. Sotto la sua mano, poteva sentire il calore del corpo di suo figlio e il muoversi del suo petto, un promemoria fisico che il suo bambino era ancora con lui.

    Quando Bae si addormentò, Gold si ritirò sul suo letto per pensare a che tipo di sorpresa poteva organizzare quella sera. Sapeva una cosa - per quel giorno, non sarebbero ritornati in un parco e quello limitava le sue opzioni. Uno spettacolo di qualche tipo? Non sapeva se avrebbero potuto trovare dei biglietti con così poco preavviso e, anche se avessero potuto, avevano già assistito a degli spettacoli quella mattina. L'ultima cosa che voleva era deludere Bae.

    Quindi, cosa gli sarebbe potuto piacere?

    In un momento di ispirazione, Gold prese il telefonino e replicò al messaggio di Belle: "Ti pagherò per passare del tempo con mio figlio."

    Appena inviò il messaggio, se ne pentì. Sebbene Belle gli avesse fatto intendere che voleva tenersi in contatto con Bae, offrire di comprare la sua compagnia per quella sera significava buttarsi in acque bollenti. Da donna intelligente, avrebbe avuto dei dubbi ad incontrare un vecchio che conosceva appena solo perchè le aveva offerto dei soldi.

    Probabilmente, aveva peggiorato le cose offrendole dei soldi.

    Continuò a rimuginare per alcuni minuti finchè il telefonino non gli vibrò in mano: "Non so bene cosa tu voglia dire. Ci sentiamo tra 10 minuti."

    10 minuti era il tempo per il piccolo spettacolo che faceva per i bambini e Gold non potè non sorridere al ricordo del suo ballo con Bae. Era difficile che controllasse il telefonino durante la sua performance e questo gli diede tempo per pensare alla sua argomentazione e, forse, mitigare un po' di danno che aveva fatto col suo messaggio.

    Prendendo un profondo respiro, tentò di mettere a posto i pensieri: "Io e Bae abbiamo passato la mattina al Regno Animale e ha detto di volerti portare al parco con noi. Dopo aver preso il trenino dei dinosauri, ha avuto una brutta crisi e si sente malissimo... fisicamente e mentalmente. Al momento, siamo nella nostra camera e lui sta dormendo. Appena si sveglierà, andremo in piscina, ma gli ho promesso che avremmo fatto qualcosa di divertente stasera. Sfortunatamente, non ho idea di cosa sarà questa 'cosa divertente'. Speravo potessi unirti a noi per cena. Gli piacerebbe molto passare del tempo con te e sarei felice di pagarti per qualsiasi cosa. Voglio solo vederlo sorridere."

    Gold rilesse la sua spiegazione, soddisfatto che avesse scritto tutto decentemente. Ora, doveva solo attendere la risposta di Belle.

    Arrivò pochi minuti dopo: "Ok. Ho 15 minuti. Pausa. Dammi un secondo per leggere cos'hai scritto."

    Si ritrovò a trattenere il fiato mentre rileggeva le sue parole, consapevole del fatto che, dall'altra parte del telefono, anche lei lo stava facendo.

    "Povero piccolo tesoro! Mi sento così male che stia male! Vorrei poter fare qualcosa, ma devo lavorare fino a tardi, oggi. Ho il giorno libero domenica, quindi, magari, possiamo fare qualcosa allora?"

    Ovviamente, doveva lavorare. Gold scosse la testa alla sua stupidità. Lui aveva la libertà delle sue ore di lavoro, ma Belle aveva un orario fisso: "Capisco. Per domenica abbiamo l'Epcot, ma possiamo trovare una soluzione."

    "Perfetto! Adoro Epcot! Fammi sapere a che ora vogliamo incontrarci."

    Gold fissò il suo messaggio. Non poteva essere così facile.

    Un momento dopo, lei scrisse di nuovo: "È una cosa informale, quindi non apparirò in costume. Posso indossare qualcosa simile allo stile di Belle, ma non potrò essere la principessa Belle. Sarà un problema?"

    Lui ci pensò su. Ovviamente, poteva trovare qualche modo per spiegare il cambio di abito a Bae. Suo figlio di certo non si aspettava di vederla camminare per il parco con un abito da ballo, no? Forse, poteva dirgli che era sotto copertura per poter vedere il parco senza essere tormentata da cacciatori di autografi: "Nessun problema. Vuoi che ti paghi prima o il giorno stesso?"

    Sembrò passare un'eternità prima della sua risposta: "Niente pagamento :-) Non mi è permesso accettare compensi o cose simili, ma, comunque, non mi sembra giusto accettare compensi a prescindere. È un bambino meraviglioso. Non vedo l'ora di rivederlo!"

    La sua semplice generosità gli mozzò il fiato. Belle stava cedendo il suo giorno libero per intrattenere Bae e senza nemmeno un compenso. Gold scosse la testa, a disagio al pensiero di avere qualcosa di così tanto valore in cambio di nulla. In qualche modo, avrebbe trovato il modo di farle vivere una bella domenica.

    "Ti sono grato per la tua gentilezza. Ti manderò un messaggio per l'orario di domenica." esitò e poi inviò "Nel mentre, hai qualche suggerimento per cosa fare stasera? Qualcosa non faticoso?"

    La sua risposta fu immediata: "Certo! Dammi solo un secondo per pensare.". Ci vollero pochissimi secondi per pensare a qualcosa: "Siete al Poly, giusto?"

    "Corretto."

    "Bene! È tutto più facile. Portalo per un tour sulle monorotaie. Fate il giro dell'Epcot. Gli piacerà perchè potrete vedere il parco. Potete cenare, o prima o dopo, da 'Chef Mickey'. È al Contemporary - un pasto a tema Topolino, Minnie, ecc. Se non riuscite a prenotare, non preoccuparti. Vai lì e, chiunque sia l'addetto ai tavoli, di' che Izzy French vi manda per riscuotere il suo favore. Vi faranno sedere :-)."


    Il tono veloce del suo messaggio lo fece ridere e Gold non potè non chiedersi perchè 'Chef Mickey' avesse dei conti in sospeso con Belle. Forse, poteva convincerla a dirglieli quella domenica.

    "Assicurati di ritornare al Poly non dopo le 20:30 e di scendere in spiaggia. Sedetevi lì, dove potete vedere il castello. Potrete ammirare i fuochi d'artificio alle 21:00, ma c'è una cosa speciale nella laguna, prima."

    "Qualcosa di speciale?"
    quasi si sentiva un bambino lui stesso mentre Belle complottava un'avventura per lui e Bae.

    "È una sorpresa! Una delle mie cose preferite a Disney. Vi piacerà."

    Aveva promesso a Bae una sorpresa e gliel'avrebbe data. C'era qualcosa di affascinante in tutta quella storia: "Non potrò mai ringraziarti abbastanza. Non vedo l'ora di vedere la nostra sorpresa."

    "Nessun problema! La mia pausa è quasi finita, quindi devo andare, ma fammi sapere per domenica. Ci divertiremo :-)"
    .

    Gold la salutò, sentendosi più leggero nello spirito come non mai. Era un conforto avere qualcuno con cui commiserarsi, qualcuno che voleva aiutarlo quando inciampava. Anche nei suoi momenti d'oro da sposato, Milah non era stata proprio di supporto e lui non era mai stato bravo a farsi degli amici. Belle era stata una manna dal cielo per entrambi.

    Prese il rischio di lasciare suo figlio dormire da solo per andare a mensa, ritornando con del caffè e un brownie per sè e una crispellina di riso a forma di faccia di Topolino per Bae. Le calorie non contavano in vacanza.

    Bae si svegliò poco dopo, abbastanza ravvivato da mangiare metà brownie di suo padre, oltre al suo snack, e Gold ne fu contento sebbene non fosse sicuro se essere sollevato o preoccupato che Bae non l'avesse pregato di far visita ad un parco.

    Invece, sembrò divertirsi davvero in piscina anche se l'area dei giochi fu un po' troppo stancante per lui. A Gold sarebbe piaciuto unirsi a lui, ma non osava allontanarsi dal suo telefonino, in caso la sua chiamata fosse magicamente arrivata. Invece, alternò tra rallegrare suo figlio e assicurarsi che facesse delle pause regolari per l'ossigeno.

    Lo scivolo fu la sua attività preferita e Gold ebbe la sensazione che avrebbe avuto più fortuna a tentare di far passare a Bae del tempo in piscina, ora che l'aveva vista. Di certo, ebbe difficoltà a riportarlo in camera, ma ricordò a suo figlio che aveva una sorpresa ad attenderlo solo se si fosse sbrigato.

    Come Belle aveva previsto, Bae adorò il circuito della monorotaia. Insistette di rifarla per tre volte e fu estasiato alla vista di un cervo che brucava l'erba. Comunque, la monorotaia fu nulla in confronto allo 'Chef Mickey'.

    Dare il nome di Izzy French gli procurò subito un posto, ma gli attenti camerieri furono l'unica cosa rispondente agli standard di Gold. L'arredamento era pacchiano. Internamente era rumoroso, tanto da riuscire a malapena a sentire se stesso, e il cibo era al limite dell'immangiabile.

    Bae lo adorava.

    Topolino si avvicinò al loro tavolo poco dopo essersi seduti e, se Gold fosse vissuto per altri 100 anni, non avrebbe dimenticato mai lo sguardo di suo figlio quando Topolino gli dedicò tutte le sue attenzioni. Poi arrivò Paperino, poi Minnie, Pippo con Pluto e ogni personaggio sembrava voler superare l'altro in attenzioni verso Bae. Gold non era sicuro se fosse per la bombola d'ossigeno o se Belle avesse messo una buona parola per loro, ma di certo erano al centro dell'attenzione.

    "È il posto migliore qui, papà!" Bae disse dopo che Paperino si sedette accanto a lui e lo aiutò a comporre un disegno con le patatine. Il papero si arrabbiò molto quando Bae disegnò la testa di Topolino e Bae rise così forte che Gold temette un'altra crisi.

    Suo figlio gli sorrise, il volto luminoso e felice, e, in quel momento, Bae non era malato. Era un normale bambino che si stava divertendo con alcuni dei suoi personaggi preferiti e Gold desiderò poter mettere in una bottiglia quell'esperienza e tenerla con sè per sempre.

    "Quindi, se è il posto migliore, vuol dire che Belle passa al secondo posto?" chiese divertito, domandandosi se Bae avrebbe scelto quella cena alla sua futura sposa.

    Bae fece una smorfia mentre rifletteva "Forse non proprio il migliore migliore" disse "Ma davvero bello".

    Avrebbe probabilmente dovuto dare credito a Belle per tutto, dato che quella serata era stata idea sua, ma Gold pensò che l'avrebbe perdonato per essere rimasto zitto. Voleva far pensare a Bae che suo padre fosse un genio ancora per un po'. E poi, menzionare che aveva parlato con Belle avrebbe rovinato la loro sorpresa per la giornata all'Epcot. Non era ancora pronto a dirlo a Bae. Se l'avesse fatto, suo figlio sarebbe stato sulle spine fino a domenica, non godendosi null'altro nel mentre.

    Per lo stesso motivo, non disse una parola sui loro piani per il resto della serata finchè non scesero dalla monorotaia al Polynesian. Bae, automaticamente, si diresse verso la loro camera, ma Gold lo afferrò per una spalla "Penso che dovremmo fare un giro".

    Come si era aspettato, suo figlio non protestò. Tutto sembrava affascinare Bae e rimase particolarmente colpito dalle torce polinesiane e dalle cascate fuori dalla hall. Insistette nel farsi una foto con ogni creatura dipinta nel negozietto del resort e Gold ebbe la sensazione che avrebbe speso una piccola fortuna lì dentro prima di ritornare a casa.

    Tenendo un occhio sull'orologio, seguì Bae, indirizzandolo nei momenti giusti per assicurarsi di finire in spiaggia nel tempo specificato da Belle. Un paio di persone erano già lì, i loro occhi rivolti verso l'acqua e il castello a distanza, ma c'erano un paio di sdraio che reclamavano la loro presenza.

    O, per lo meno, reclamavano la sua. Camminare sulla sabbia morbida non era una buona cosa per la sua gamba. Bae si sedette accanto a lui e passò alcuni minuti a fissare il castello prima di iniziare ad agitarsi "Dai, papà. Andiamo a guardare altre cose".

    "Se ce ne andiamo ora, ti perderai la tua sorpresa" Gold gli rispose.

    Bae alzò le sopracciglia "La mia sorpresa? Cos'è?".

    "È una sorpresa" Gold nascose un sorriso al suono esasperato che Bae fece "Siediti, guarda e vedrai".

    Era facile essere misteriosi quando non si aveva la minima idea di cosa sarebbe accaduto. Pensò che avrebbe riconosciuto la sorpresa di Belle quando l'avrebbe vista, ma mentre il cielo continuava a scurirsi senza alcun segno di alcunchè, Gold iniziò a dubitare. Erano nel posto giusto, vero?

    Una fanfara di musica proveniente da sintetizzatori quasi lo fece sobbalzare anche se realizzò, al contempo, che la sorpresa era iniziata. Non importava quanto strizzasse gli occhi, non riuscì a vedere nulla nell'acqua nera finchè, a distanza, la figura illuminata di un serpente marino apparve improvvisamente.

    "Wow!" Bae disse estasiato "Papà, guarda!".

    Il serpente marino lentamente si avvicinava a ritmo di musica. Dopo un momento, la musica cambiò e apparve una balena dietro, come se ci fosse una parata. Poi arrivò una tartaruga che abbassava ed alzava la testa, seguita da un polipo con i suoi tentacoli in movimento.

    Dovevano essere una serie di piattaforme con degli schermi, Gold analizzò. Ogni creatura aveva una sorta di animazione, ma le linee illuminate erano un po' primitive. In qualche modo, rendevano tutto più affascinante.

    Guardò Bae, vedendolo fissare la parata con la bocca spalancata. Si era seduto quasi al limite della sdraio per vedere meglio, ma Gold si stese meglio, invece, godendosi quel momento.

    "I delfini!" Bae urlò quando l'animale apparve dal nulla e i mammiferi iniziarono a giocare nell'acqua.

    I delfini furono seguiti da un dinosauro che gli fece ricordare della crisi di quel giorno. Quel giorno, dopo tutto, avrebbero avuto dei buoni ricordi dei dinosauri. Quando apparvero le altre figure, Gold ridacchiò. Un coccodrillo stava famelicamente aprendo e chiudendo le fauci, rivelando denti aguzzi, e il dinosauro avrebbe fatto meglio a guardarsi alle spalle.

    Re Tritone e la schiera di cavallucci marini arrivarono subito dopo e Gold ammirò quelle figure illuminate che, lentamente, gli sfilavano davanti finchè non iniziò un'altra fanfara e le onde si trasformarono in una scena patriottica di stelle e strisce, accompagnata da una musica appropriata finchè tutto sparì di nuovo, gli schermi diventarono neri.

    "Falli ricominciare!" Bae pretese.

    Suo figlio aveva troppa fiducia in lui "Non posso, ma possiamo ritornare a vederli".

    "Ogni sera. Voglio vederli ogni sera".

    "Possiamo farlo" se Bae voleva ritornare al resort a vedere la parata acquatica, farlo uscire dai parchi a fine giornata sarebbe stato più facile.

    Bae si abbandonò sulla sdraio con un sospiro contento "Adoro questo posto".

    Suo figlio si guardò intorno, notando che le persone erano aumentate "Succederà altro?".

    Come per rispondere alla sua domanda, tutte le attività nella piscina vicina cessarono mentre la musica iniziò a riempire il posto, seguita dal castello che si illuminò tutto mentre una voce di uomo parlava dell'importanza dell'inseguire i propri sogni.

    I fuochi d'artificio furono di certo più incredibili di qualsiasi spettacolo visto nella loro cittadina per l'annuale parata del Giorno dell'Indipendenza e Bae ne fu catturato. Gold si ritrovò ad ascoltare la canzone che accompagnava lo spettacolo, sperando che anche lui avrebbe potuto avere il finale felice di cui tesseva le lodi.

    L'ottimismo non era una sua caratteristica, ma, in quel posto, era facile credere. Bae avrebbe ricevuto i suoi nuovi polmoni e suo figlio sarebbe stato bene.

    E avrebbero vissuto felici e contenti.


    Continua...
  7. .


    Modulo Fanfiction

    #dove#la #trama #la #fate #voi;

    Nome Autrice: Bad_Faery
    Status: Completa.
    Parings: Rumplestiltskin-Mr. Gold/Belle French.
    Tipologia: Drama, angst, AU.
    Piccolo sunto: Quando Gold porta suo figlio, gravemente malato, a Disney World, la loro piccolissima famiglia viene notata dalla vera Principessa Belle della Disney.
    Link storia originale: Enchanted Tales With Belle
    Ringraziamenti & Varie: Che dire, le storie di Bad_Faery sono magnifiche e sono sempre super-gasata quando le traduco 5179266egyptian Grazie mille come sempre per avermi permesso di tradurle!

    «role scheme by graphite; - please don't copy or claim as your own»







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    Capitolo 1



    Gold aveva i suoi dubbi sul buon senso di quella escursione, ma Bae l'aveva pregato di andare a Disney World e c'era davvero poco che era capace di negare al suo bambino, soprattutto da quando non c'erano garanzie di avere con sè ancora per molto quello stesso bambino.

    Passandosi una mano sul viso, Gold cercò di focalizzarsi sugli aspetti positivi. Al momento, Bae era raggiante, il suo sorriso era immenso sul suo viso pallido mentre osservava dal finestrino della monorotaia, esclamando verso qualsiasi cosa vedesse durante il breve tragitto dal Polynesian Resort, dove stavano soggiornando, ai cancelli d'ingresso del Regno Magico. Un tubo per l'ossigeno era attaccato dal suo naso fino alla bombola nel suo zainetto sulle spalle... zainetto che lui insisteva di dover portare perchè abbastanza forte. Al momento, non stava tossendo, ma Gold era pronto con uno zaino pieno di fazzoletti, inalatori, vestiti puliti e qualsiasi altra cosa di cui Bae avrebbe potuto aver bisogno se fosse stato colto da una crisi. Il telefonino era in tasca, con batteria carica e attendendo una chiamata che sarebbe potuta non arrivare mai.

    Bae era il prossimo sulla lista per i trapianti di polmoni, ma polmoni della grandezza di un bambino erano difficili da trovare nel mondo della donazione degli organi e nè i soldi di Gold nè la sua influenza potevano fare la differenza. Era un vero crimine che una cosa che non poteva comprare era la sola cosa che desiderava di più al mondo - la salute di Bae.

    Tutto quello che poteva fare, era cercare di dare a suo figlio una vita agiata e felice e se questo significava un viaggio a Disney World, a Disney World sarebbero andati.

    Continuava a guardare suo figlio per assicurarsi che non si stancasse troppo, immagazzinando con cura quanti più ricordi possibili, nel caso in cui... Solo nel caso.
    Bae era così occupato a cercare di guardare ovunque nello stesso momento che a malapena aveva notato le file che dovettero fare per passare i controlli di sicurezza per entrare, quasi saltellando felicemente sul posto mentre tentava di notare ogni singolo dettaglio. "Papà, quei fiori assomigliano a Topolino! Papà, c'è un treno; possiamo salirci? Papà, cosa fa quella cosa?".

    Nei primi 10 minuti dentro, Bae aveva subito una vera e propria trasformazione dal bambino troppo serio che era costretto ad essere, ad un tipico bambino di 7 anni, tubo al naso a parte. Gold era abbastanza contento che nessuno degli altri turisti avesse anche a malapena guardato la bombola d'ossigeno.

    "Saliamo sul treno" suggerì e Bae aprì la bocca per urlare, poi la richiuse, ricordandosi che le urla potevano scatenare una crisi di tosse.

    C'era un'altra fila per il treno - Gold iniziava a capire che sarebbe stato così sempre - ma fu relativamente breve e, poco dopo, si ritrovarono sul trenino, Bae con gli occhi spalancati a guardarsi intorno. "Possiamo salire su tutto, papà?".

    "Vedremo" Gold disse. Bae si rifiutava assolutamente di stare confinato su una sedia a rotelle e, tra le file e le frequenti fermate per riposarsi che suo padre insisteva di fare, era molto improbabile che avrebbero potuto salire su tutto, ma sarebbero stati lì per una settimana. Il suo piano era quello di passare il tempo in ognuno dei 4 parchi, ma se gli ci sarebbero voluti 7 giorni per vedere solo il Regno Magico, sarebbe stato fantastico lo stesso.

    Gold aveva una mappa del parco, ma la mise da parte per osservare suo figlio. Il viso pallido di Bae era illuminato dalla gioia di essere nel bel mezzo dei film che così tanto amava. La sua salute gli impediva di correre e saltare come gli altri bambini della sua età, quindi Gold aveva cercato di tappare quei buchi con libri, DVD e giochi da tavolo,

    portando ad una collezione di film Disney troppo grande, tanto che Bae possedeva anche una sua copia de "I racconti dello zio Tom".

    "Hanno un treno per "La bella e la Bestia"?" Bae chiese quando notò la mappa. Di tutti i cartoni, quello era il suo preferito, probabilmente perchè Belle era un topo da biblioteca proprio come lui e riusciva comunque a vivere la sua avventura.

    Gold osservò la mappa, desiderando di aver pensato di portare con sè gli occhiali da lettura "Penso ci sia uno spettacolo, non un tour" disse, localizzando 'Le magiche fiabe di Belle' nel bel mezzo del parco "Ci andremo dopo, ok?".

    La forza e l'autonomia di Bae erano limitate e Gold voleva fare un solo viaggio per il parco da Adventureland fino a Tomorrowland e poi ritornare in hotel. Potevano far rientrare lo spettacolo di Belle dopo cena.

    Aveva passato mesi a programmare quel viaggio, ma non ci voleva molto per mandare a pezzi tutto il suo attento itinerario. Non aveva intenzione di salire nè sul treno in corsa nè sulla giostra dei tronchi, non volendo mettere sotto stressi i polmoni di Bae più del necessario, ma suo figlio si rifiutava di non andare in qualsiasi cosa in cui fosse abbastanza alto da poter fare. Dopo aver passato infinite procedure mediche molto paurose, delle mere montagne russe non erano nulla per Bae. Suo figlio era coraggioso come un leone.

    Gold, dal canto suo, non lo era affatto, ma era troppo bello vedere suo figlio così felice e libero come un bimbo sano, che quasi non gli dispiacquero tutte quelle curve e discese da far rivoltare lo stomaco. Le pubblicità non mentivano: Disney World era un posto magico. Al contempo, fu felice quando l'attrazione preferita di Bae della mattina sembrò essere 'Country Bear Jamboree'. Orsi canterini erano molto più sulle sue corde rispetto alle montagne russe, anche se, nel caso in cui quello avesse reso felice Bae, avrebbe fatto migliaia di giri sulla 'Big Thunder Mountain'.

    "Cosa facciamo ora, papà?" Bae chiese, mentre si muoveva incessantemente sulla sedia per osservare tutto, dando pochissima attenzione al suo sandwich al tacchino pagato quanto un anello di diamanti.

    Conoscendo la passione di suo figlio per 'La Bella e la Bestia', Gold aveva prenotato al 'Be Our Guest' per una cena anticipata, sperando che la novità del ristorante, che sembrava essere uscito dritto dal cartone preferito di Bae, lo avrebbe distratto abbastanza da farlo riposare un po'. Al momento, stava funzionando.

    Avevano preso un tavolo nell’Ala Ovest, l'atmosfera malinconica passò quasi inosservata dinanzi all'entusiasmo di Bae. Gli aveva già indicato la rosa magica con i suoi petali cadenti e aveva parlato e parlato sul quadro lacero del principe che cambiava per mostrare la Bestia ogni volta che c'era una luce che lo colpiva. Almeno, Bae rimase seduto.

    "Vuoi ancora vedere lo spettacolo di Belle?" Gold si morse un labbro per nascondere un sorriso allo sguardo di Bae, l'espressione di suo figlio fu ben eloquente sul fatto che suo padre avesse posto una domanda incredibilmente stupida "Lo prenderò per un sì".

    Apparentemente, tutti gli ospiti del parco avevano deciso di far visita a 'Le magiche fiabe di Belle', ma, dato che la fila si apriva su un'eccellente replica del giardino di fronte la casa che Belle condivideva con suo padre, Maurice, Bae non sembrò notarlo. Dopo un po', riuscirono ad arrivare dentro la casa e Bae si guardò attorno nel laboratorio di Maurice, gli occhi spalancati. "Whoa. Guarda, papà!".

    "Sto guardando" gli promise, cercando di memorizzare l'espressione strabiliata di Bae. Si rifiutava di credere che sarebbe arrivato un giorno in cui suo figlio non ci sarebbe più stato a rallegrargli la vita. Gold non avrebbe potuto vivere in un mondo senza Bae.

    Anche lui rimase affascinato dallo specchio magico, che pensava fosse uno schermo molto ben camuffato e che mostrava scene del cartone, poi si ingrandiva enormemente e si fratturava al centro, mostrando un passaggio che conduceva dritto al castello della Bestia. Per lui, era un pezzo incredibile di tecnologia, ma per Bae era pura magia.

    "Voglio vivere qui" Bae mormorò mentre entravano nella sala successiva, dove un grosso pupazzo-armadio li attendeva, parlando a chiunque si avvicinasse.

    In un mondo dove c'erano specchi magici e mobili parlanti, la condizione di Bae poteva essere curata con un tocco di bacchetta magica "Anche io".

    Con l'aiuto di un addetto, l'armadio stava accompagnando alcuni volontari a interpretare alcuni ruoli per lo spettacolo di Belle. Bae stava quasi volando per l'emozione "Posso, papà? Posso? Posso?".

    Gold non ebbe il cuore di dirgli di no "Vai". Se fosse successo il peggio e la recita avrebbe stancato Bar, sarebbero potuti ritornare subito in hotel.

    Bae non sembrava stanco. Bae sembrava trionfante quando il suo miglior ruggito gli fece guadagnare il ruolo della Bestia e Gold preparò la videocamera, prima di sistemare il mantello che avevano legato sulle spalle di Bae, assicurandosi che non intralciasse la bombola. Sicuramente, l'avevano già fatto loro. Non potevano non averla notata.

    Certamente, non gli avrebbero affidato quella parte se fosse stata troppo stancante.

    Ancora agitato, venne accompagnato al posto, una panca di legno nella prima fila di una stanza decorata come una libreria, mentre Bae veniva portato su un lato con gli altri attori. Bae era troppo occupato a fissare un candelabro parlante sul caminetto per prestare attenzione a suo padre, ma quando riuscì a farsi notare, gli occhi di suo figlio gli sorrisero, quella vista fu così bella che gli fece salire le lacrime agli occhi.

    Quando Belle arrivò, Gold si sarebbe potuto mettere a fare capriole e Bae non l'avrebbe mai notato. Il bambino stava fissando la principessa a bocca aperta, col suo abito color oro, e Gold dovette ammettere che interpretava la sua parte benissimo, anche se il suo accento era un po' strano e i suoi occhi marroni non sembravano molto naturali.

    Le avrebbe potuto perdonare qualsiasi pecca quando fu il turno di Bae di recitare e lei lo fece danzare dolcemente in un valzer attorno alla libreria, chiacchierando come se fossero amici da anni. Gold desiderava poter sapere cosa si stessero dicendo, quando Bae improvvisamente rise, il suo viso si illuminò in un modo che non vedeva dai tempi prima della diagnosi.

    Troppo presto, lo spettacolo terminò e tutti i bambini ebbero modo di mettersi in posa con Belle per una foto, prima che lei se ne andasse per incontrare la Bestia, e vennero condotti al castello. "È proprio come nel film!" Bae disse entusiasta, mentre riconsegnava il suo mantello.

    "Di cosa avete parlato?".

    "Hai fatto le foto? Voglio vederle!" Bae disse, ignorando la sua domanda.

    Con non poco sforzo, Gold riuscì a fare camminare Bae, prima che il resto della folla li scavalcasse, e a passargli il telefonino quando trovarono una panca. Bae era focalizzato sullo schermo come lo era stato su Belle, rivedendo il loro ballo almeno 4 volte prima di ritornargli il telefonino, finalmente.

    "Abbiamo parlato di libri. Anche a lei piace Narnia. Il suo personaggio preferito è Lucy, proprio come me. E ha detto che se mi piace Narnia, dovrei leggere un libro su un carrello magico" Bae si accigliò a quel pensiero.

    "Un carrello?" Gold ripetè, confuso.

    "No, casello" Bae si corresse "'Il casello magico'. Posso leggerlo, papà?".

    "Certo che puoi". Almeno, quello l'aveva sentito.

    "E io le ho parlato dell'ospedale e lei ha detto che ero molto coraggioso, proprio come un cavaliere, e lei ha detto che ero affascinante e che era felice che fossi io la sua Bestia. Non era bella, papà?".

    Belle aveva fatto dire in 60 secondi a suo figlio più di quanto normalmente il suo bambino super timido diceva ad un adulto in un anno "È bellissima". Sotto il costume, la parrucca e il trucco, non era ben sicuro come fosse Belle, ma non importava. Chiunque riuscisse a colpire così suo figlio, era bellissima dentro e fuori.

    "Possiamo rifarlo?" Bae chiese.

    Gold fece una smorfia. Non era proprio sicuro di come funzionasse lo spettacolo, ma scommetteva che c'era più di una Belle a fare lo spettacolo e, se avessero trovato un'attrice diversa, un po' di quella magia sarebbe sparita "Magari dopo. C'è ancora tanto da vedere".

    Con suo sollievo, suo figlio non insistette e continuarono il loro tour del parco. Bae sembrò affascinato da 'È un mondo piccolo' e urlò di gioia quando Capitan Uncino venne messo alle strette dal coccodrillo durante il giro di Peter Pan, ma continuò a menzionare Belle ogni 5 minuti fino alla fine della giornata.

    "Ti prego, possiamo andare a rivedere Belle?" lo pregò mentre si allontanavano dallo Speedway. Bae non aveva raggiunto i limiti di altezza per guidare una macchina da solo, quindi Gold era stato costretto ad infilarsi in un veicolo piccolissimo e, per un imbarazzante momento, aveva temuto di dover passare il resto della vita a girare per la pista perchè, con il suo ginocchio malandato, scendere da quell'inferno era stato più difficile che salirci.

    "Domani" gli promise, scuotendo la testa. Dei due, Bae era quello fragile, ma aveva più stamina del suo vecchio. Quando era diventato così vecchio?

    "Papà, ti prego..." nel tono di Bae c'era un tocco di piagnisteo, un monito che fosse stanco, ma Gold non riuscì a negarglielo di nuovo. Bae stava passando una bella giornata e quello doveva essere celebrato.

    "Voglio che tu stia seduto a guardare, questa volta" lo avvisò. Non poteva credere che Bae venisse scelto due volte per fare la Bestia in un giorno, ma era meglio prevenire.

    Belle, probabilmente, incontrava migliaia di bambini al giorno e Bae sarebbe stato deluso se non l'avesse ricordato.

    Quando Bae concordò, di malavoglia, ritornarono a Fantasyland, raggiungendo 'Le magiche fiabe di Belle’ proprio quando una delle addette stava chiudendo l'ingresso con una corda.

    "Oh no" Bae si lamentò "Siamo in ritardo!".

    "È solo il primo giorno. Possiamo ritornare domani" Gold tentò di confortarlo.

    "Ma volevo vedere Bell!" la voce di Bae si spezzò per un singhiozzo, che si trasformò in un rauco colpo di tosse.

    "Penso che ci sia ancora posto per due persone!" l'addetta annunciò con tono gioviale mentre apriva la corda, facendogli cenno di avvicinarsi.

    "Grazie" Gold mormorò mentre dirigeva Bae verso la casa, tentando di non notare lo sguardo di pietà negli occhi della donna. Senza dubbio, aveva deciso di fare uno strappo alla regola quando aveva notato la bombola di Bae e il ricordo della precaria salute di suo figlio gli fece dolere il cuore.

    Quando riuscirono a quietare la tosse di Bae, arrivò il loro turno nella casa e Gold, gentilmente, asciugò le gocce di sangue dal mento di suo figlio con un fazzoletto, mentre Bae fissava meravigliato lo specchio magico, godendosi lo show per la seconda volta.

    Fu un chiaro segno di quanto Bae fosse stanco quando non si lamentò quando Gold gli prese lo zaino per portarlo lui. Il giorno successivo sarebbe stato più tranquillo, decise. Avrebbero dormito fino a tardi e avrebbero passato un po' di tempo in piscina, così che Bae avrebbe potuto recuperare le energie. Magari, non sarebbero proprio andati in nessun parco.

    Bae grugnì sottovoce quando una bambina venne scelta per fare la Bestia, ma si appoggiò al contempo contro il fianco di Gold quando si sedettero, dandogli conferma di aver fatto bene a fargli promettere di rimanere seduto a quel giro.

    "Eccola" Bae mormorò quando Belle entrò.

    Con sorpresa di Gold, era la stessa attrice di prima e rivolse a Bae un caloroso sorriso quando lui la salutò con la mano. Bae appoggiò la testa sulla spalla di suo padre, il respiro affannoso nel petto mentre guardavano quel breve show. Sì, l'indomani sarebbe stata una giornata di riposo.

    Mentre Belle faceva le foto con i bambini, alcune persone che non erano state scelte per la recita si misero in fila per fare una foto con lei, e Bae disse "Posso andare, papà? Ti prego?".

    Gold annuì e iniziò a srotolare il tubo dell'ossigeno di Bae, un processo che richiese del tempo. Prima che Bae potesse alzarsi, Belle salutò tutti e lo show finì.

    Silenziose lacrime corsero sul volto di Bae mentre la osservava allontanarsi con aria afflitta "Se n'è andata".

    "Ha avuto una lunga giornata ed è probabilmente stanca, proprio come te. Ritorneremo e la rivedremo e potrai farti un'altra foto, allora".

    Ci vollero un paio di secondi per Bae per riprendersi, ma, alla fine, riuscì ad alzarsi. Gold lo seguì, dirigendosi verso l'uscita.

    Avevano appena raggiunto le porte quando una delle addette li fermò "Mi scusi, sua maestà. La principessa Belle ha richiesto un incontro con il principe Bae".

    Bae emise uno strillo mai sentito prima "Si è ricordata il mio nome!".

    "Se volete accomodarvi?" l'addetta li accompagnò di nuovo nella libreria, che sembrava più piccola ora che era quasi vuota.

    Quando si svuotò del tutto, la porta della libreria si aprì e Belle fece sbucare la testa, il viso sorridente quando li vide "La mia Bestia!".

    Si avvicinò velocemente e si inginocchiò mentre allargava le braccia e Gold ebbe appena il tempo di sistemare il tubo di Bae prima che suo figlio si lanciasse tra le braccia della donna.

    Osservò la coppia senza fiato, Bae stretto tra le braccia di quella bellissima donna, il viso dolce e pieno di affetto. Era qualcosa che il bambino non aveva mai vissuto prima. Milah li aveva abbandonati quasi subito e, quando Gold l'aveva chiamata per riferirle della condizione di Bae, sperando che quello avrebbe potuto accenderle un istinto materno, lei gli aveva detto rudemente di non ricontattarla mai più. Una sconosciuta, vestita come una principessa dei cartoni, stava mostrando a Bae un affetto più genuino di quello di sua madre.

    "Ti sei divertito, oggi?" lei chiese mentre portava Bae al posto, sedendoglisi accanto "Cosa ti è piaciuto di più?".

    "Incontrare te!".

    Belle rise "Sono molto contenta. In questo caso, qual è stata la seconda cosa che ti è piaciuta più di tutto?".

    Bae ci pensò un attimo "Lo spettacolo dell'orso".

    Rimanendo nel personaggio, Belle finse di non sapere di cosa stesse parlando "Non ho mai visto degli orsi fare uno spettacolo. Sembra meraviglioso! Cosa fanno?".

    Bae fu estasiato di raccontarle tutto mentre Gold li osservava, contento di godersi la felicità di suo figlio in silenzio. Belle non poteva davvero essere interessata a sentire un racconto dettagliatissimo della loro giornata al parco, ma ascoltò con apparente interesse, ponendo domande ogni volta che a Bae finivano le parole.

    "Sembra tutto così magico" lei sospirò quando Bae finì il proprio racconto, dicendole che aveva cercato di alzarsi per andarla a salutare dopo lo spettacolo, ma era stato troppo lento. "Adoro la magia, e tu?".

    Quando Bae annuì, lei sorrise e fece cenno di avvicinarsi ad un addetto "Parlando di magia, ti piacerebbe incontrare Lumiere?".

    "Salve, principe Bae!" urlò il candelabro, ammaliando Bae e cogliendo Gold di sorpresa. Aveva pensato che il piccolo personaggio fosse finto.

    "Wow..." Bae seguì l'addetto al candelabro così da potersi presentare per bene e, prima che Gold potesse seguirlo, Belle si rivolse a lui.

    "È un bambino meraviglioso" la sua voce era dolcemente accentata, australiana, forse. Con Bae lontano, si permise di uscire dal personaggio.

    "Grazie".

    Belle gli si avvicinò, sorridendo teneramente a Bae mentre interagiva con il pupazzo. Il sorriso sparì quando si girò verso Gold, gli occhi pieni di così tanta comprensione da fargli chiudere la gola "È molto malato?".

    Gold prese un secco respiro "Emosiderosi polmonare. È rara e... brutta. È il prossimo nella lista per un trapianto di polmone. Continuo a sperare. Poi, realizzo che sto sperando che qualche altro genitore...".

    Lasciò cadere la frase, quel familiare sapore acido del senso di colpa sulla lingua. Sperare per un paio di polmoni della grandezza di Bae, significava sperare che un altro genitore venisse colpito dalla tragedia che lui non riusciva minimamente ad accettare per sè.

    Calde dita coprirono le sue "Mi dispiace così tanto. Ho pensato a lui tutto il giorno. È così pieno di luce".

    "È il mio mondo" Gold ammise. Senza Bae, sarebbe sparito e si sarebbe trasformato in polvere.

    "Deve essere dura per lui non poter correre e giocare con i suoi amici. Se pensi che potrebbe rallegrarlo parlare con una principessa, sarò felice di mandargli email o di fare una videochat con lui vestita da Belle" Belle gli offrì "Ovviamente, se non vuoi che parli con una sconosciuta, lo capisco perfettamente. Non voglio essere invadente".

    La sua generosa offerta lo destabilizzò "Per nulla. È molto gentile da parte tua".

    Lei sorrise amaramente "Vorrei solo poter fare di più" gli si avvicinò di più e si asciugò un angolo dell'occhio, poi esclamò "Oh no!".

    Quando Gold alzò lo sguardo, si ritrovò a fissare un paio di occhi di due colori - uno, artificiale, marrone e l'altro del più bel blu che avesse mai visto.

    Belle gli sorrise, imbarazzata, prima di passare le mani sulla gonna e trovare la lente a contatto caduta. Spostando lo sguardo, subito la rimise al suo posto, gli occhi di nuovo di colore marrone scuro.

    "Sono felice che Bae non abbia visto. Avrebbe un po' distrutto l'illusione".

    Era un crimine nascondere degli occhi così belli come i suoi, ma Gold ebbe il buon senso di non dirlo. Non conosceva nemmeno il nome di quella donna. La connessione che sentiva tra loro altro non era che una compassione condivisa per Bae.

    "Come ti chiami?" le parole gli uscirono prima che potesse fermarle.

    "Belle".

    La sua reazione doveva essere ben evidente sul viso, perchè lei rise "No, davvero. Beh, in realtà, è Isabelle. Crescendo, tutti mi chiamavano Izzy, ma, dopo aver visto 'La Bella e la Bestia', mi sono sempre fatta chiamare Belle. Interpretare questo personaggio è stato come avverare un sogno".

    "Fai un lavoro splendido". Aveva portato la magia nella vita di Bae e, attraverso la gentilezza del suo cuore, gli stava offrendo anche di più.

    "Lascia che ti dia il mio numero. Hai una penna? Il vestito non ha tasche".

    Gold trovò una penna e un pezzo di carta, passandolo a Belle per annotare numero ed email. "Bae dice che venite dal Maine. Io vado all'università a Boston, quando non faccio la principessa. Se c'è qualcosa che posso fare...".

    "Grazie" Gold le disse con tono rauco, sapendo che avrebbe dovuto dire di più.

    "Papà, vieni a vedere!" Bae lo chiamò, indicandogli di andare a parlare con il candelabro.

    Si sentì vagamente ridicolo mentre si faceva presentare ad un pupazzo, ma Bae stava sorridendo tantissimo.

    "Adoro questo posto" Bae sospirò, guardandosi intorno "Vorrei poter vivere qui".

    Belle gli prese una mano "I castelli sono molto belli, ma penso che ti mancherebbe casa tua".

    "È rosa!" Bae la informò.

    "Tuo padre mi ha detto che conosce un po' di magia per farci parlare anche quando tu sarai nella tua casa rosa. Si chiama com-pu-ter" finse di non saper dire bene la parola "Ti piacerebbe?".

    "Davvero? Fantastico!" Bae sembrò così felice all'idea di poter parlare con Belle anche dopo essere ritornati a casa che Gold fu mezzo tentato di offrirle dei soldi per andare a vivere con loro. Non aveva idea di quanto venisse pagata una principessa Disney, ma era certo di poter fare un'offerta migliore.

    Senza dubbio, lei l'avrebbe trovato molto strano, quindi rimase zitto.

    "E ho una cosa per te" da dietro la gonna, Belle prese un piccolo peluche della Bestia e lo offrì a Bae "Anche a lui piacciono i libri. Ti terrà compagnia quando ti metterai a leggere".

    Bae aveva tantissimi giocattoli, ma lo accettò come se Belle gli stesse offrendo il Santo Graal "Grazie".

    Belle rise per la sorpresa quando Bae l'abbracciò forte, poi si abbassò e gli baciò la testa mentre lo abbracciava di rimando. Gold battè le palpebre velocemente, tentando di trattenere le lacrime mentre desiderava tutto quello per Bae ogni giorno. C'era così tanto che desiderava per suo figlio.

    "Sono molto felice di averti incontrato, Bae" Belle gli disse quando si divisero. Alzò lo sguardo per includere Gold nel suo sorriso "Anche voi, vostra maestà".

    Tardivamente, Gold realizzò che non le aveva detto il suo nome "Gold. Elias Gold".

    Belle alzò le sopracciglia "Com'è appropriato".

    "Cosa significa? App-ro-pi..." Bae disse.

    "Appropriato significa adatto. Ho un caro amico il cui secondo nome è Elias" Belle spiegò.

    A Gold ci volle un momento per capire il significato nascosto delle sue parole. Dopo tutta la lettura che aveva fatto sul parco divertimenti, non aveva mai realizzato che condivideva un nome con il suo fondatore, Walter Elias Disney "Non ci avevo mai pensato. Sono in buona compagnia".

    "La migliore" Belle concordò con un sorriso.

    "Sei pronto a dare la buonanotte, Bae?" Gold disse, consapevole che, se avesse potuto, sarebbe potuto rimanere lì tutta la notte a parlare con Belle.

    "Buonanotte, Belle" Bae disse riluttantemente.

    Un altro abbraccio dalla principessa lo rallegrò considerabilmente. Per un momento, Gold fu tentato di rubarne uno anche per sè, ma la saggezza prevalse "Buonanotte, Belle".

    "Buonanotte, principe Bae e re Elias" lei disse formalmente prima di mandare ad entrambi un bacio con la mano. Gold si domandò se fosse stata la sua immaginazione l'aver visto nei suoi occhi la riluttanza a mettere fine a quell'incontro, proprio come loro due.

    L'addetto li accompagnò alla porta mentre Belle usciva dalla libreria. Bae strinse la mano di suo padre, quasi saltellando mentre si muovevano per il parco, il peluche della Bestia stretto in mano "Adoro Belle".

    Gold sorrise a suo figlio "Anche io" la conosceva da soli 15 minuti, ma aveva il cuore più gentile che avesse mai conosciuto.

    "Quando sarò grande, la sposerò" Bae annunciò.

    Il tono serio di suo figlio lo fece ridere di cuore. Bae sembrava star vivendo la sua prima cotta.

    Per una volta, la paura che Bae potesse non avere tempo per crescere fu la cosa più lontana dalla sua mente. Avevano incontrato una vera principessa quel giorno e Bae si era fatto un'amica. Anche Gold pensava di essersela fatta "Non vedo l'ora di accoglierla nella famiglia".

    Quando disse quella frase, Gold potè sentire il sapore della sua verità. Non sapeva come lo sapeva, ma... Belle era destinata per loro. In qualche modo, doveva far parte della loro famiglia.


    Continua...
  8. .


    Modulo Fanfiction

    #dove#la #trama #la #fate #voi;

    Nome Autore/Autrice: Enchanted April
    Status: Completa
    Parings: House/Cameron
    Tipologia:Romance/Angst
    Piccolo sunto: Continuo di "Second Date" e "Third Date". Sono passate due settimane dal suo ultimo appuntamento con Cameron e si è quasi ri-convinto che gli piace stare da solo nella sua miseria.
    Link storia originale: Three Dates Later
    Ringraziamenti & Varie: Grazie all'autrice per le sue storie e per la possibilità datami di tradurle :)

    «role scheme by graphite; - please don't copy or claim as your own»







    THREE_DATES_LATER



    Capitolo 1



    Era tornato a bere bicchieri pieni di whisky. Senza ghiaccio. Il ghiaccio lo annacquava solamente e toglieva via tanto spazio che poteva essere riempito dall’alcool. Erano passate due settimane dal suo ultimo appuntamento con Cameron e si era quasi riconvinto che gli piacesse di più stare solo nella sua miseria.

    L'ultimo appuntamento era stato il loro sesto. Lei aveva comprato dei biglietti per un concerto rock a Newark. Riusciva ancora a vederla con i suoi jeans stretti che terminavano su stivali col tacco e una maglietta rossa che le stava a pennello. I biglietti erano stati una sorpresa e ne avrebbe dovuto essere contento, ma invece era stato distratto. Distratto sin dal loro quinto appuntamento. L'appuntamento dove erano andati a cena fuori e avevano trovato Stacy e Mark a mangiare nello stesso posto.

    Il concerto era stato il suo modo per darsi modo di rimettersi in carreggiata e il suo dispiacere era stato palpabile quando erano ritornati a Princeton in silenzio. Un veloce bacio, una buonanotte mormorata e l'aveva lasciato in macchina con il motore ancora acceso.

    Sei appuntamenti ufficiali, un altro paio informali, e sapeva che non ce ne sarebbero stati più. Aveva respirato a pieni polmoni il suo profumo nel breve tragitto fino a casa e si era stampato in mente il sapore delle sue labbra.

    Il giorno dopo, lei era arrivata presto in ufficio. Aspettandolo con i capelli raccolti, i vestiti immacolati come sempre, ma più trucco del solito per nascondere le profonde occhiaie.

    "Uh-oh. Mi sa che sono nei guai" lui aveva tentato di mostrare serenità col sarcasmo.

    "No. Non nei guai" lei aveva risposto e lui era rimasto sorpreso dal suo tono di voce, perchè c'era evidentemente un qualcosa di triste e gli aveva fatto pensare che avesse bisogno di piangere, ma non se lo sarebbe mai permessa davanti a lui.

    "E allora?" lui aveva chiesto, cambiando i ruoli. Lei alzandosi dalla sua sedia e lui sedendosi, battendo il bastone a terra.

    "Penso che, forse, dovremmo prenderci una pausa finchè non avrai le idee più chiare".

    "Oh, ma fammi il piacere" lui aveva sbuffato "Che c'è, hai parlato con Wilson e la Cuddy? Ti hanno convinta loro?". E, ovviamente, sapeva che non l'avevano fatto. Sapeva che erano state le sue azioni a spingerla fino a lì.

    "House" lei aveva detto lentamente e lui aveva realizzato che, dopo sei appuntamenti, si chiamavano ancora per cognome "Non posso competere con lei. Non voglio competere con lei".

    "Con chi? Con Stacy? È sposata, ricordi? Completamente fuori dal mercato".

    Lei aveva chiuso gli occhi brevemente e lui aveva davvero sentito la coltellata del rimorso.

    "Sei stato bene per un po', ma ora... è come se fossi una persona diversa quando c'è lei e, anche quando non c'è, so che stai pensando a lei. Non ti sei intromesso nella terapia di suo marito per divertimento. Non hai ficcanasato nel suo ufficio per farti una risata".

    "Ne saresti sorpresa. Tutte queste cose sono state molto divertenti" lui aveva detto senza nemmeno una traccia di divertimento.

    Cameron aveva iniziato a camminare davanti la sua scrivania e lui avrebbe voluto solo afferrarla per una mano e cacciarla via. Non voleva sentire più nulla da lei. Le voci nella sua testa erano già abbastanza.

    "Ascolta" lei aveva continuato e lui era rimasto fermo "Non so se lei sia l'amore della tua vita e tu non smetterai mai di pensarla. Non so se speri che lasci suo marito e corra da te. Non ti conosco più e pensavo davvero di essere sulla strada giusta. So solo che non posso farlo. Non posso essere l'altra donna in una relazione che non è nemmeno reale".

    "Cameron" si era sorpreso lui stesso per il suo tentativo di placarla, ma lei aveva scosso la testa e stretto le labbra in una linea sottile.

    "No. Qualsiasi cosa ti stia succedendo... devi affrontarla tu... e non pensare che io ti aiuterò" l'ultima parte era stata detta a bassa voce e poi aveva abbassato lo sguardo, mettendosi le mani nelle tasche del camice.

    Il dolore di lui si era trasformato ben presto in rabbia "E quindi che succede ora? Te ne andrai di nuovo?".

    Lei aveva fatto una leggera smorfia ma lo aveva guardato di nuovo, una maschera risoluta in viso "No. Io non andrò da nessuna parte e se riuscirai a capire cosa c'è che non va nella tua testa, allora, forse, sarò lì ad aspettarti".

    Lui non aveva risposto nulla, sebbene lei stava aspettando una parola, un segno che avesse capito e che volesse sistemare le cose. Dopo un minuto, lei si era voltata ed era uscita dall'ufficio e quando era ritornata in sala conferenze, mezz'ora dopo, con Foreman e Chase a fianco, era sembrato come se le ultime 4 settimane e 6 appuntamenti non fossero mai accaduti.

    Ecco perchè, il venerdì sera, House era seduto al pianoforte con un bicchiere pieno fino all'orlo di whisky, una bottiglia mezza vuota a terra e una melodia jazz malinconica nell'aria.

    Un bussare alla porta a malapena risvegliò la sua introspezione mezza ubriaca. Non si mosse, però, finchè il bussare non fu accompagnato da una voce.

    "House, andiamo. Ti sento suonare".

    Con un profondo sospiro, si alzò dal pianoforte, appoggiandosi pesantemente sul bastone. In mezzo secondo, riflettè che tutti i bevitori avrebbero dovuto avere sottomano un bastone.
    Dava un meraviglioso equilibrio e ti dava una scusa per inciampare. Fece cadere un po' di liquido a terra mentre prendeva il bicchiere e si girava verso la porta. Una volta dinanzi, la sbloccò e l'aprì, poi si fece da parte mentre Wilson entrava.

    "Bello vedere che le tue abitudini non sono cambiate" Wilson disse sarcastico.

    "Dato che non ricordo di averti invitato qui, potrebbe essere un'ottima cosa se mi dessi una giustificazione della tua presenza" House replicò, sedendosi sul divano e facendo un sorso.

    "Julie è andata da sua madre e io odio mangiare da solo". Quella era una bugia. Gli piaceva il tempo da solo, ma con House in caduta libera, di nuovo, si sentiva in obbligo di dover tentare di tirarlo per il colletto. "Ho portato da mangiare".

    "Perchè il 99% del cibo che condividiamo viene dal cinese?" House mormorò, facendo spazio sul tavolino mentre notava il logo sulla busta portata da Wilson.

    "Veloce, facile e non richiede piatti?".

    "Già, concordo".

    Felice di non essere stato cacciato via, Wilson si sedette e iniziò ad aprire i contenitori, passando ad House un cartone e una forchetta. Era abbastanza sicuro che fosse troppo ubriaco per combattere con le bacchette. Per un paio di minuti, mangiarono solamente, con Wilson che osservava House ogni tanto, cercando di trovare una breccia su cui lanciarsi.

    "È adesso che inizi ad analizzarmi e a cercare di indirizzarmi verso una direzione più salutare?" House gli disse.

    "Ora che hai aperto il discorso...".

    "Non preoccuparti. Sto bene".

    "Giusto. Bene. È la tua seconda volta nel mare dell'autocommiserazione. C'è possibilità che tu riesca a venirne fuori da solo e a smetterla di fare lo stronzo?".

    "Parla l'uomo che è al suo terzo matrimonio e passa un sacco di tempo a psicanalizzare la vita del suo amico" House replicò.

    "Sto cercando di aiutarti, dannazione".

    "Beh, non farlo".

    "Ok. Credo che sei capace di rovinarti perfettamente bene la vita da solo. L'hai già fatto, dopo tutto" Wilson sembrò sorpreso dalla frustrazione delle sue parole, ma House sembrò a malapena rassegnato.

    "Almeno sono coerente".

    "House..." Wilson iniziò, non sapendo però come continuare, ma ovviamente riluttante nel lasciare le cose così.

    "Lascia stare" le sue parole furono dure e fredde.

    Wilson riprese a mangiare e House fece un sorso di whisky.

    Rimasero così per un'altra ora, con House che mise su una partita di football. Sapeva che se non avesse distratto Wilson con lo sport, allora la discussione sarebbe ricominciata e lui non era proprio dell'umore. Non era dell'umore sin da prima dell'arrivo di Wilson e il cibo cinese e un altro whisky non gli avevano fatto cambiare idea.

    La partita entrò in pausa e Wilson raccolse i cartoni e le posate e portò tutto in cucina. Quando ritornò in soggiorno, rimase alla porta per un minuto, osservando House come se si aspettasse di sentirlo confessare qualcosa.

    "Che c'è?" House disse, alla fine.

    Wilson sospirò "Niente. Questa partita è già terminata. Boston li sta facendo neri" osservò, guardando la televisione "Mi se che tornerò a casa".

    "Ok" House rispose.

    "Sai...".

    "Vuoi solo aiutarmi. Lo so. Ti ho detto che non ne ho bisogno".

    "Già, beh, è quello che dici ora" Wilson disse mentre prendeva il cappotto "Ma Stacy è sposata e, a meno che tu non voglia che lasci suo marito, non sono sicuro di cosa ti aspetti da lei. Nel mentre, Cameron non ti aspetterà per sempre".

    "Ha aspettato fino ad oggi" House mormorò.

    "Prima o poi, getterà la spugna. E, forse, è proprio quello che vuoi".

    "Forse" House guardò brevemente Wilson prima di ritornare sullo schermo.

    Wilson scosse la testa e si mise il cappotto "Pranzo, domani?" chiese, come se non avessero praticamente appena discusso.

    "Sì, ok. Vienimi a prendere" aveva già la sensazione che non sarebbe stato dell'umore per guidare.

    "Prova almeno a cambiarti i vestiti prima di allora".

    House lo guardò sarcastico "Ok, mamma. Pulirò anche la mia stanza".

    "Buonanotte, House" Wilson disse e poi andò via, il rumore della sua auto a disturbare il silenzio della notte.

    Bene. House si versò un altro bicchiere. Ora poteva ritornare al suo essere acido e fatalista.


    Continua...

    Edited by sweetest thing - 2/12/2018, 23:35
  9. .

    Capitolo 4



    Gold stava battendo le dita contro lo sterzo della Cadillac mentre fulminava con gli occhi l'imponente porta di legno chiusa. Era parcheggiato lì da 20 minuti, aspettando il ritorno di Belle dall'incontro col suo ex fidanzato e stava iniziando a perdere la pazienza. Quanto ci voleva a ritornare un anello?

    "Ci siamo quasi?".

    Guardò nello specchietto retrovisore due paia di ingenui occhi blu. Moe French aveva già posto quella domanda quattro volte da quando erano partiti e non erano nemmeno usciti da Boston.

    "Presto" Gold mentì, facendo del suo meglio per non apparire irritato. Al momento, Belle stava affrontando il suo ex e se quell'uomo aveva un po' di sale in zucca, avrebbe senza dubbio cercato di convincerla a ripensarci. Avrebbe dovuto esserle accanto e invece era bloccato a fare da babysitter a suo padre.

    "Dove stiamo andando?".

    Non era la prima volta nemmeno per quella domanda. Secondo Belle, suo padre aveva problemi con la memoria a breve termine "Stiamo andando nel Maine. Lei e Belle vivrete a casa mia, con me".

    Tutti gli averi della famiglia French erano stati impacchettati nel portabagagli, occupando ben poco spazio. Prima Belle sarebbe tornata e prima avrebbero potuto lasciare Boston e iniziare una nuova vita insieme.

    "Maine..." French mormorò come se fosse la prima volta che lo sentiva "Qualcuno vive nel Maine".

    Quella frase fu abbastanza per cogliere l'attenzione di Gold "Conosce qualcuno nel Maine?". Belle non aveva parlato di amici o familiari lì.

    "C'è un uomo nel Maine. A Belle piace". Ora, quello colse totalmente l'attenzione di Gold, ma French sembrò perdere interesse, volgendo lo sguardo fuori dal finestrino.

    "Che uomo?" Gold chiese, ma French sembrò non sentirlo.

    Deglutì con fatica. Quella piccola informazione metteva un significato diverso a tutto. Sperava che Belle lo avesse accettato perchè pensava fossero compatibili come coppia, ma se invece avesse voluto solo essere più vicina al suo amante?

    Lui non era granchè come amante, Gold si ricordò. Chiunque permettesse a Belle di vivere in tali condizioni non era degno di essere chiamato nemmeno amico. Eppure, lo preoccupava che Belle non gli avesse mai detto niente. Lui era stato chiaro sul fatto che anche se non si aspettava il suo amore, pretendeva comunque fedeltà e lei non aveva obiettato. Ovvio, le donne non dicevano sempre ai loro mariti cosa pensavano. Lo sapeva per esperienza.

    E perchè diavolo ci stava mettendo così tanto?

    Proprio quando era pronto a chiudere dentro French e andare a recuperare la sua fidanzata, Belle ricomparve, la schiena tesa mentre scendeva le scale e si dirigeva verso la Cadillac. Mentre si avvicinava, notò gli occhi rossi e il volto corrucciato, mandandolo su tutte le furie.

    "Andiamo" Belle disse prima ancora di chiudere lo sportello.

    Chiaramente, il suo ex non l'aveva presa bene e Gold strinse i denti. Non poteva condannare l'altro uomo per non avergliela fatta facile, ma era incredibilmente ottuso non accettare un rifiuto con gentilezza. Far piangere una donna era vergognoso. Far piangere Belle era osceno.

    "Cosa ti ha detto?" aveva il bastone a portata di mano e non vedeva l'ora di usarlo sulla faccia del suo ex.

    "Niente!". Non le avrebbe creduto nemmeno se il suo tono non fosse stato così squillante.

    Gold la guardò senza dar alcun segno di voler accendere l'auto e, alla fine, il suo silenzio ebbe l'effetto sperato. "Ha sottolineato il fatto che ci sono donne che si vendono al miglior offerente". Dalle sue parole molto ben carate, sapeva che il linguaggio dell'uomo doveva essere stato molto più colorito.

    L'ex di Belle l'aveva chiamata troia e, per quello, ne avrebbe pagato il prezzo.

    Quando prese il bastone, Belle gli afferrò un polso "Non farlo. Ti prego".

    "Nessuno può parlarti così" rimase impressionato di come fosse la sua voce anche quando voleva solamente imprecare e ruggire.

    "Non importa. Sono solo parole. Ti prego, andiamocene" Belle passò a stringerli la mano e provò a sorridere, tentativo patetico che non le illuminò nemmeno gli occhi.

    "Importa. Ti meriti molto di più di questo" guardando oltre una sua spalla, Gold fu certo di vedere un movimento dietro una finestra. Qualcuno li stava osservando e lui digrignò i denti, combattuto tra uscire dall'auto e andargli a dare una lezione e baciare Belle profondamente per dimostrargli quanto aveva perso e chi ne aveva beneficiato.

    Dietro, French sospirò, notando la tensione nell'auto. Belle strinse la mano di Gold "È finita, ora. Abbiamo rotto. Non importa cosa pensa perchè non lo rivedrò mai più".

    Quella era una buona punizione per il suo trattamento. Per quanto fosse allettante usare il bastone su un altro uomo, Gold doveva ammettere che non poteva fare nulla fisicamente che gli avrebbe fatto male quanto sapere di aver perso Belle a pochi passi dal farla sua moglie.

    "Diarmid, per favore, portami a casa".

    Era la prima volta che lo chiamava con il nome di battesimo e Gold fu impreparato a ciò che quel suono gli provocò. Poche persone avevano il privilegio di usarlo. Non si era mai curato del suo nome e odiava il livello di familiarità che richiedeva il chiamarsi col nome di battesimo, ma sulle labbra di Belle era semplicemente giusto.

    La sua rabbia sfumò mentre le accarezzava una guancia, permettendo al suo calore di calmarlo "Ok. Andiamo a casa".

    "Grazie" il volto di Belle si addolcì e, quando si sporse per baciargli una guancia, a Gold ci volle tutta la forza di volontà del mondo per non voltarsi e baciarla. Doveva darle tempo. Belle aveva detto di sì a sposarlo per protezione, non perchè provasse qualcosa per lui. Se le avesse chiesto di più mentre non era ancora pronta, avrebbe rovinato tutto.

    Appena lei si mise la cintura, Gold mise in moto l'auto, voglioso di mettere tutta la distanza possibile tra loro e Boston. Una volta, aveva odiato lasciarsi alle spalle quella città perchè aveva significato tante settimane senza Belle, ma ora lei era la sua fidanzata. Poteva vederla ogni giorno per tutta la vita e non più solo via messaggi su libri e partite a scacchi a lunga distanza.

    Erano quasi fuori città quando French parlò di nuovo "Dove stiamo andando?".

    "Maine, papà. Stiamo andando nel Maine". Con la coda dell'occhio, Gold vide Belle sorridergli a mo' di scusa.

    "Ci siamo quasi?".

    "Presto" Gold promise. 3 ore da Boston a Storybrooke non erano proprio una passeggiata, ma se French aveva problemi di memoria, forse non avrebbe avuto problemi col passare del tempo.

    "Mi spiace" Belle mormorò.

    "Non è colpa tua". Era stata onesta dall'inizio sul fatto che lei e suo padre non potevano dividersi. Se ciò significava avere Belle per sè, Gold avrebbe sopportato ben più di qualche domanda ripetuta. La mente di suo padre era devastata e sembrava poco interessato a Belle, ma almeno non era crudele. Questo lo metteva comunque un passo avanti a Malcolm Gold. A Gold poteva stare bene.

    "Non so come sarà quando arriveremo a casa tua" Bello lo avvisò "Non gestisce bene i cambiamenti".

    "Beh, avrà te e avrà il suo progetto". Tutti gli oggetti e gli arnesi di French erano in una scatola accanto a lui, sul sedile, in caso si fosse sentito ansioso durante il viaggio. Se era riuscito a stare bene in quello squallore, Gold era certo che la sua casa sarebbe stata perfetta.

    "Non ti disturberà" Belle gli promise "Lo terrò d'occhio. Non interferiremo con la tua vita".

    Gold si accigliò a quella promessa. Dopo anni passati da solo, era abituato a vivere la sua vita in un certo modo, ma non era più che un'abitudine. Aggiungere una moglie alla sua vita avrebbe di certo cambiato le cose, ma ciò non significava che non l’accettasse di buon grado. Sarebbe stato bello avere qualcuno con cui parlare. Era stato da solo per troppo tempo "Non progetto di chiuderlo a chiave nello scantinato. Non mi darà fastidio".

    "Non hai ancora visto niente" Belle mormorò e Gold non fu proprio sicuro di cosa volesse dire.

    Lei si voltò sul sedile e lo guardò meglio "So che papà può essere... difficile. Ti sto chiedendo tantissimo nell'accogliere anche lui. Non mi aspetto che tu diventi il suo badante o altro. Io farò tutto. Solo, ti prego, sii paziente se ci vorrà un po' per abituarti ad una nuova routine. Per lui ci sono volute un paio di settimane per abituarsi a quella casa e non è stato nemmeno un grande cambiamento. Lui...".

    "Belle".

    Lei si fermò di colpo e prese un profondo respiro, dando a Gold la possibilità di guardarla. Il suo volto era corrucciato, la pelle attorno agli occhi era piena di tensione e sembrava più stanca di quanto avrebbe dovuto essere. Si era addormentata un po' verso l'alba, ma si era svegliata per farlo uscire di casa quando aveva dovuto andare ad una riunione per colazione. Gold aveva sperato che fosse ritornata a dormire dato che suo padre si era addormentato sul pavimento, ma ora sapeva che non l'aveva fatto "Quand'è stata l'ultima volta che hai dormito bene, Belle?".

    La sua risatina non aveva alcunchè di divertente "Un po'".

    "Posso immaginare" era abbastanza chiaro che, dalla malattia di suo padre, Belle si era votata anima e corpo ad occuparsi di lui, lasciando niente per sè. Basandosi su ciò che aveva detto, programmava di continuare la sua vita esattamente come prima anche nel Maine e lui doveva distoglierla da quel pensiero.

    "Troveremo tutte le situazioni" la informò, mettendo un po' di enfasi sul plurale "Se tuo padre avrà problemi ad adattarsi, troveremo insieme una soluzione. Non mi aspetto che tu faccia tutto. Sarei un pessimo marito se lasciassi mia moglie in balìa di tutto mentre io contino con la mia vita come sempre, fischiettando allegramente".

    A quello, lei rise e quel suono musicale fu come un balsamo "Non ti riesco ad immaginare fischiettante".

    Compiaciuto di averla distratta dalle sue preoccupazioni, Gold ammise "Non sono sicuro nemmeno di farcela" e cercò di fischiare.

    Ridendo, Belle provò anche, avendo molta meno fortuna di lui "Mi sto sputando addosso" mormorò.

    Dal sedile posteriore arrivarono alcune note fischiettate malamente. Gold guardò nello specchietto e vide l'uomo accigliarsi prima di leccarsi le labbra e riprovarci. Questa volta, una melodia dolce riempì l'auto finchè non fu senza fiato e French sorrise fieramente.

    "Bene, papà" Belle disse.

    "Non male". French sembrava essere pieno di sorprese.

    Un po' di tensione sembrò allentarsi dalle spalle di Belle e Gold le toccò un ginocchio "Chiudi gli occhi. Ci sono ancora 2 ore e mezza di viaggio e ti sentirai meglio al risveglio".

    Per un momento, Belle sembrò tentata, ma poi scosse la testa "Stai facendo così tanto, il mimino è tenerti compagnia".

    "Hai il resto della vita per tenermi compagnia" le ricordò "Ci sarà abbastanza tempo una volta a casa. Riposati mentre puoi".

    Accese la radio e la sintonizzò su una stazione jazz, sperando che quella musica la incoraggiasse a dormire. Nello specchietto retrovisore, potè vedere French muovere la testa a ritmo.

    Belle si morse un labbro "Se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi...".

    "Ti sveglierò" le promise.

    Lei si sistemò meglio sul sedile e chiuse gli occhi, un leggero sorriso sulle labbra. Ci volle tutta la forza del mondo per Gold per tenere gli occhi sulla strada e non sul suo volto rilassato. La pelle attorno agli occhi si distese, il viso perse il cipiglio e tutto per merito suo. Le stava già dimostrando che aveva preso la scelta migliore quando aveva detto di sì a sposarlo.

    "Dove stiamo andando?".

    Gold sorrise teneramente ad una Belle dormiente "Stiamo andando a casa".


    Continua...
  10. .
    Eccomi eccomi xD

    Capitolo 3



    Gold si accigliò quando Belle lo condusse fuori dal “Griffith” e verso una strada invece che al parcheggio. "La tua macchina?".

    "Non ce l'ho" lei spiegò con un sorriso che sembrò nervoso sotto le luci fredde dei lampioni "Non è lontano... saranno solo 3 chilometri".

    Ora che Belle era la sua fidanzata, non più la sua barista, Gold sentì di poter anche camminare per aria, ma era ben consapevole che tentare di camminare per 3 chilometri con la sua gamba sarebbe stato quasi impossibile. Nè gli piaceva l'idea di camminare per 3 chilometri per Boston, alle 3:00 di notte. Sapere che Belle probabilmente lo faceva a fine di ogni turno, lo scosse non poco.

    "Chiamo un taxi" decise, mettendosi subito in moto per far cenno ad un taxi poco distante.

    Belle non disse nulla, entrò solo in auto e gli fece spazio dopo averle tenuto aperta la portiera "Sei un galantuomo".

    Non era sicuro di come interpretare il suo tono. La voce era sembrata leggera, ma gli occhi erano sembrati spenti "Modestamente".

    Non riconobbe l'indirizzo che Belle disse all'autista, ma l'altro uomo non domandò altro. Gold osservò la città dal finestrino, sentendosi incatenato dalla presenza dell'autista in un modo che non aveva provato con gli altri clienti del “Griffith”. L'hotel si trovava in un quartiere che irradiava povertà elegante, molto distante dal più ostentato “Luxe” dove Gold pernottava ma, a pochi chilometri di distanza, le case sembravano già più abbandonate.

    Poco dopo, si fermarono dinanzi ad un palazzo fatiscente che si trovava a poca distanza dal “Griffith”, eppure sembrava distante migliaia di chilometri "Vivi qui?".

    Il sorriso di Belle fu fragile "Casa dolce casa".

    Gold si accertò di dare all'autista il suo bigliettino da visita quando lo pagò e si accertò anche di dargli una buona mancia affinchè potesse aspettarlo. Altrimenti, non avrebbe mai potuto trovare un altro taxi a quell'ora, in quel quartiere. Belle lo portò dentro senza nemmeno guardarlo, facendosi largo lungo una scala piccola e scricchiolante, finchè non raggiunsero un corridoio appena illuminato e si fermarono dinanzi ad una porta così decrepita che Gold sospettò potesse essere rotta con un pugno. Quel posto era assolutamente non sicuro per Belle.

    Un rumore dentro casa confermò le sue paure. Prima che potesse prendere Belle per un braccio e insistere affinchè tornasse nella sicurezza del taxi, e poi al “Luxe” con lui, lei si avventò sulla porta. "Papà!".

    Gold la seguì, non trovando una banda di ladri o un killer all’interno, ma un grosso uomo sulla 60ina seduto a terra, circondato da pezzi di metallo e legno, la bocca aperta mentre osservava un mucchio di cocci che una volta dovevano essere stati un vaso.

    Belle gli andò vicino e si inginocchiò "Papà, stai bene? Ti sei tagliato?".

    Suo padre fece un gesto impaziente verso di lei "Lasciami in pace. Sto lavorando".

    Senza nemmeno guardare sua figlia, ritornò a mettere insieme i pezzi di metallo in modo strano, immaginando avessero senso per lui. Belle si morse un labbro e spostò lo sguardo, il viso pallido mentre guardava verso la porta.

    Con un piccolo urletto, si alzò in piedi e corse fuori dalla stanza. Un singolo passo avanti permise a Gold di osservarla mentre entrava nella piccola cucina e toglieva una pentola dal fuoco, buttando il suo contenuto nero nel lavandino prima di spegnere il fornello. Sembrava che suo padre avesse tentato di cucinarsi qualcosa e se ne fosse dimenticato.

    Mentre Belle si occupava del cibo bruciato, Gold si prese un momento per guardarsi attorno. Non c'era molto da vedere. Oltre la cucina e il soggiorno, c'era una piccola stanza dominata da un letto matrimoniale con vari abiti maschili. Doveva essere la stanza del padre. Il logoro divano in soggiorno doveva essere il letto di Belle.

    La casa era buia e squallida, ma scrupolosamente pulita salvo per i pezzi che l'uomo stava tentando di assemblare. Belle, che si meritava abiti di seta e di vivere in un palazzo, viveva nello squallore.

    Gold poggiò le mani sul bastone per non farle tremare a quella rivelazione e si abbassò per parlare al padre di Belle "Signor French? Mi chiamo Diarmid Gold. Sua figlia ha acconsentito a diventare mia moglie".

    L'uomo annuì vagamente, senza guardarlo "Sì, sì. Bene".

    Come benedizione, non era stata granchè. Gold non era proprio sicuro che avesse capito. Forse sarebbe stato meglio un altro approccio "A cosa sta lavorando?".

    Questa volta, French alzò lo sguardo abbastanza da guardarlo in cagnesco "Mi state distraendo dal mio lavoro".

    "Le mie scuse".

    Quando Belle ritornò, un tumulto di voci rabbiose da fuori fece sobbalzare Gold. Belle non fece una smorfia, nemmeno quando si iniziò a sentire distintamente rumori di colluttazione. "È una follia questo posto".

    Belle strinse le labbra al suo commento "È questa la realtà. Se stai avendo ripensamenti...".

    "No". Vedere le condizioni di vita di Belle l'aveva solo reso più determinato a continuare con il suo piano. Gold non era un sentimentale, ma non era senza cuore. Non poteva immaginare di abbandonare nessuno in quelle condizioni e quella era Belle. Belle si meritava molto di più e lui poteva darglielo.

    Ma dovevano fare dei cambiamenti ai loro piani "Non ti lascerò qui un giorno di più. Verrai a casa con me quando partirò per Boston, domani".

    Belle incrociò le braccia al petto "Non lascerò mio padre. E devo dare 2 settimane di preavviso al “Griffith”. E il mio affitto? Non posso andarmene e basta".

    "Certo che puoi". Abbastanza soldi e un buon avvocato volevano dire che tutto era possibile. Ora, Belle aveva accesso ad entrambe le cose.

    Un sordo rumore squarciò la notte fuori dalla finestra e Gold fece una smorfia. Era stato un colpo di pistola o un incidente? Ad ogni modo, un'altra prova che quella situazione era invivibile. "Questa casa non è adatta per essere abitata. Farò contattare il tuo datore di lavoro dal mio avvocato e anche il tuo padrone di casa. Tuo padre verrà con noi".

    "Questa è casa mia!" Belle disse quasi oltraggiata.

    La frustrazione dissolse le briciole di pazienza di Gold "Questa non è una casa. È un posto in cui stai quando non hai altre opzioni. Ma ora ce le hai. Preferisci davvero rimanere in questo buco e non venire a vivere in una tenuta vittoriana con una governante e appartamenti privati?".

    Belle si morse il labbro e abbassò lo sguardo "Ho fatto del mio meglio".

    Il suo tono lo colpì. Quella sera, Belle aveva detto di sì a sposarlo. Era la sua fidanzata, non un rivale in affari. Negli anni, Gold si era così abituato a fare il bastardo che si era quasi dimenticato come si facesse il marito.

    Meglio che se ne ricordasse presto, o Belle avrebbe deciso che il vuoto e noioso Greg fosse un'opzione migliore. Facendo un passo avanti, le porse una mano "Lo so, tesoro. Eri in una situazione impossibile. Hai dovuto fare tutto da sola e ce l'hai fatta. Ti sei occupata di tuo padre da sola. Ma ora non lo sei più. Non devi più fare nulla da sola. Hai me".

    Con un singhiozzo, Belle ignorò la sua mano e si lanciò tra le sue braccia, stringendolo "È stato così difficile. Ho lavorato così duramente, ma non ho mai... Ho avuto così paura".

    Gold guardò il padre di Belle, completamente avulso dalla situazione di sua figlia anche se a solo pochi passi da lei. Se quello era il tipo di supporto a cui Belle era abituata, non c'era da meravigliarsi che non avesse idea di come reagire a qualcuno che voleva aiutarla.

    "Sshh, tesoro. È tutto ok, ora. Sono qui. Mi occuperò di tutto. Mi occuperò di te". A quelle parole, Belle si sciolse contro di lui come se tutta la forza le fosse stata succhiata via.

    "Odio questa casa. È orribile" gli confidò, la voce nascosta dalla sua cravatta "Potevo permettermi solo questo".

    "Non devi passare più nemmeno un minuto qui" le promise "Prenderemo le tue cose e chiameremo il tassista. Ti va di venire al “Luxe”? E, domani, andremo a casa".

    Belle trattenne il fiato e, quando lo guardò, i suoi occhi limpidi quasi gli tolsero la parola. Un momento dopo, quella luce si oscurò. "Papà andrà su tutte le furie se lo fermerò. Posso farcela per un'altra notte. Domani, prenderò tutto mentre tu farai ciò che devi e poi ce ne andremo".

    Quel sentimento di protezione che si era ribellato al pensiero di Belle a casa, da sola, ritornò a farsi sentire con piena forza. Se Belle era determinata a passare una notte lì, lui sarebbe rimasto con lei. Poteva anche aver vissuto in quella casa per anni senza di lui, con i suoi pericolosi vicini da tenere d'occhio, ma ora aveva lui. Gold non avrebbe fallito nel suo dovere verso di lei.

    "Faremo assieme, allora. Dimmi di tuo padre. A cosa sta lavorando?" Gold fece avvicinare Belle al divano, che era più comodo di quanto sembrasse.

    Lei poggiò la testa sulla sua spalla mentre guardava suo padre "Era un inventore prima che avesse l'ictus. Era incredibile quello che costruiva. Era così sveglio".

    Belle lo guardò come se lo stesse pregando di crederle e Gold annuì "Ne sono sicuro".

    "Passava ore a inventare nel suo laboratorio. Penso che è questo che stia facendo, ora... sta inventando. Solo che non..." facendo spallucce, si avvicinò di più a lui.

    Gold guardò di nuovo l'altro uomo, cercando di assemblare una immagine mentale di chi fosse stato French prima della malattia. Sebbene Belle non avesse ereditato i suoi tratti, sembrava avesse la sua mente sveglia e, per quello, Gold gliene fu più che grato.

    Qualsiasi sentimento provasse verso il suo futuro suocero, Belle era chiaramente innamorata di suo padre, disponibile anche a vivere in quello squallore e a lavorare fino all'osso pur di occuparsi di lui. Avrebbero trovato un modo per vivere insieme, tutti e tre. Magari, avrebbero potuto creare una specie di laboratorio per French, riempiendolo con cose da maneggiare senza rischiare di farsi del male. La sua badante poteva essergli presentata come una specie di assistente, togliendo dalle spalle di Belle un bel peso mentre gli permetteva di mantenere una qualche dignità.

    Con sua sorpresa, quando parlò dell'idea del laboratorio a Belle, lei si mise a piangere. "Scusami. Pensavo potesse essere ottimo per lui".

    "Lo adorerebbe" lei disse con tono roco. Poteva sentire il suo viso bagnato contro il collo e Gold grugnì per la sorpresa quando Belle si mosse per mettersi a cavalcioni su di lui, tutto il suo peso contro il petto. A dispetto dell'intimità di quella posizione, nulla in quel momento era anche lontanamente sessuale.

    Incerto, Gold l'abbraccio "Tutto ok?".

    Belle alzò la testa dalla sua spalla e lo guardò, gli occhi umidi e pieni di una emozione che Gold non riuscì a definire. Poi lei sospirò e ritornò ad accoccolarsi contro di lui "Sì. Grazie per aver pensato a lui".

    Stava pensando a tantissime cose. C'erano progetti da fare e aveva bisogno di far scendere dal letto Midas. Dovevano sistemare l'affitto di Belle, mettere fine al suo lavoro all'hotel e fare qualcosa per la cittadinanza della famiglia French. La casa doveva essere ridefinita per far spazio al laboratorio di French e si doveva assumere la badante. C'erano migliaia di cose da dover fare.

    Quando il sole sarebbe sorto, ci sarebbe stato tempo per tutto. Per ora, Gold semplicemente strinse di più a sè la sua futura moglie e si godette il calore di Belle tra le braccia.


    Continua...
  11. .
    L'autrice non ha previsto un seguito, sfortunatamente :(

    Ma ci sono tante altre storie Rumbelle, sia dell'autrice che di altre, pronte a partire ;) Non vi farò andare in astinenza :lol: :lol:
  12. .
    Beh, una presentazione più chiara non avremmo potuto chiederla :lol: :lol:

    Benvenutissima!!! :B14: :B14:
  13. .
    CITAZIONE (Minami-chan @ 27/9/2018, 14:44) 
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    ➃ Bannerino inserito? Dove? l'ho inserito nella tabella in fondo al forum.

    Grazie per l'abbonamento :A5:
  14. .

    Capitolo 2



    Gold non era sicuro di quale risposta aspettarsi alla sua poco ortodossa proposta. Anche se sarebbe stato bello se Belle si fosse lanciata tra le sue braccia e avesse esclamato di essere elettrizzata all'idea di sposarlo, e che lo adorava per averle risolto ogni problema così semplicemente, non riusciva davvero ad immaginare di vederla fare una cosa simile.
    Quella era la vita vera, non il finale di una commedia romantica.

    E nonostante ciò, fu un dispiacere quando lei fece subito un passo indietro, lo sguardo sconvolto.

    "Non posso".

    Deglutendo a fatica, Gold si concentrò sul mantenere uno sguardo neutrale. Era un uomo d'affari. Faceva accordi per vivere. Sapeva come gestire situazioni del genere. Aveva fatto un'offerta aperta, e quello era territorio di Belle. Ora, dovevano solo trovare un terreno comune per assicurare ad entrambi ciò che volevano. Non avrebbe dovuto essere una negoziazione difficile. Belle voleva i suoi soldi, lui voleva la sua compagnia. Doveva esserci un terreno comune non indifferente.

    "In realtà, puoi. La gente rompe fidanzamenti ogni giorno. Se vuoi dire che non vuoi sposare me, allora quello è un altro discorso" fu fiero di come disse quelle parole, senza esprimere alcuna emozione dopo la risposta di Belle. Stava negoziando la sua futura felicità ma, per come aveva parlato, poteva star benissimo parlando di affari.

    Belle fece una smorfia "La gente dovrebbe sposarsi per amore".

    Quello fece male. Dopo tutto, Belle aveva detto che non provava nulla per lui e mai ne avrebbe provato, eppure non poteva ponderarci su in quel momento. Lei non lo amava, ma gli aveva anche detto chiaramente che non amava Greg. Poteva stargli bene. "Forse ho frainteso i tuoi sentimenti per il tuo fidanzato?".

    "No!" lei disse subito, rafforzando la sua sicurezza "Non mi importa di Greg, ecco perchè posso... è diverso con te. Non vorresti anche tu innamorarti, un giorno? Se sei bloccato con me...".

    Lasciò cadere la frase, ma il suo intento era chiaro. Belle stava cercando di proteggere lui, Gold realizzò, sentendosi invadere dal sollievo.

    "Mi sono sposato per amore una volta, ed è stato un evidente disastro" la informò. Aveva avuto 20 anni ed era stato pazzo di Milah. Non c'era voluto molto, però, per realizzare che quella donna che pensava di amare era stata solo una sua fantasia.

    "Ma..." Belle iniziò, zittendosi quando lui alzò una mano.

    "Non sono il tipo di uomo che si ama facilmente. Non credo nelle favole, Belle. Non penso che ti trovi nemmeno tu in una posizione in cui tu possa crederci" non era capace di dare quell'amore di cui Belle parlava, ma l'amore non aveva niente a che fare con un matrimonio di successo. "Mi piace la tua compagnia, e credo che anche a te piaccia la mia. Questo ci dà un grosso vantaggio su quasi ogni coppia sposata che conosco. Le nostre personalità sono compatibili e condividiamo interessi comuni. Puoi dire lo stesso del tuo fidanzato?" Gold non aveva illusioni sul suo fascino, ma era abbastanza sicuro che Belle non lo potesse descrivere come noioso e vuoto come Greg.

    Belle abbassò le spalle "No".

    Aveva già detto abbastanza. Anni di negoziazioni gli avevano insegnato quale potente arma potesse essere il silenzio. Quando non diceva nulla, metteva pressione sull'altra persona affinchè abboccasse al suo amo. Era ora di vedere come Belle avrebbe risposto.

    "Hai ragione a dire che sarei più felice come tua moglie e non come quella di Greg. Solo che... fai sembrare tutto così dannatamente freddo. Voglio dire... quando Greg si è proposto, almeno ha detto di amarmi" Belle si avvolse le braccia attorno al corpo come se sentisse freddo.

    Gold riflettè sulle sue parole. Aveva offerto a Belle stabilità economica e una serena compagnia. Non poteva immaginare che lei volesse di più da lui. Diarmid Gold non era il tipo di uomo che credeva nell'amore, ma se Belle voleva parole simili, lui gliele avrebbe date "Vuoi che ti dica che ti amo?".

    Lei sembrò come se l'avesse colpita in pieno viso "Ti prego, no".

    Lui non seppe come interpretare il suo tono "L'amore è effimero e sopravvalutato. È un cocktail di ormoni impazziti che fa fare cose ridicole alla gente, cose di cui poi ci si pente tempo niente. Non è per nulla una base solida su cui costruire un matrimonio".

    Dall'altro lato della sala, il tavolo dei bevitori di whiskey iniziava a farsi rumoroso mentre si passavano la bottiglia che Gold gli aveva dato, ma lui era come sordo per il resto del mondo. Tutto quello che riusciva a sentire era il respiro di Belle mentre lo fissava.

    "A te cosa ne viene? Hai detto tante belle cose su di me, ma perchè tu vuoi sposarmi?" ci fu un po' di sfida nel suo tono, come se lo volesse provocare.

    Fortunatamente, le sue domande erano di facile risposta "Mi piace la tua compagnia e mi piacerebbe averla più spesso. Mi sono stancato di vivere da solo". Aveva vissuto da solo per decenni senza sentire la mancanza di una compagnia, ma nell'anno e mezzo di conoscenza con Belle, la sua casa era sembrata più grande e solitaria del normale.

    Lei alzò un sopracciglio "Non credi nell'amore, ma io sì. Cosa accadrà se tra 5 anni mi innamorassi di qualcun altro?".

    Gold fu impreparato al flusso di rabbia che lo riempì al solo pensiero di Belle innamorata di qualcun altro. Non si aspettava che potesse innamorarsi di lui. Non sarebbe stato giusto, visto che lui era incapace di ricambiare un tale sentimento, ma non avrebbe tollerato vederla con qualcun altro. "Ho divorziato una volta e non ho intenzione di rifarlo. A dispetto dei miei difetti, sarò un marito fedele e leale. Mi aspetto la stessa cosa da te".

    Per qualche motivo, le sue parole sembrarono quietarla. Rilassò le spalle e fece cadere le braccia lungo i fianchi, gli occhi più luminosi "Tu non credi nelle favole, ma credi in un finale felice?".

    "Credo nel finchè morte non ci separi" la corresse "Cercherò di renderti felice, Belle. Credo di potercela fare".

    "Anche io lo credo" gli sorrise brevemente e Gold si sentì come se fosse stato abbagliato dal sole dopo una eternità sottoterra. "Ok. Sì. Ti sposerò".

    "Grazie" afferrandole le mani, se le portò alle labbra e gliele baciò, siglando il loro accordo. Quando le sue labbra incontrarono il suo anello, fece ciò che aveva voluto fare sin da quando lo aveva visto. Con un gesto veloce, glielo sfilò dal dito e se lo mise in tasca "Non ne hai più di bisogno".

    "Devo ridarlo a Greg. Non ne sarà felice" Belle si mordicchiò il labbro, e Gold zittì un gemito.

    "Lo potrei fare io per te, se vuoi" si offrì. Come suo promesso sposo, era compito suo proteggerla da ogni fatto spiacevole. Nè Gold poteva negare che sarebbe stato molto piacevole presentare al suo rivale l'anello e la spiegazione che Belle aveva scelto lui.

    Belle, però, scosse la testa "No, devo farlo io. È la cosa più giusta da fare. Ma se vorrai venire per supporto morale, non mi opporrò".

    Detto ciò, Gold reclamò di nuovo il suo sgabello al bar e convinse Belle a sederglisi accanto per discutere degli ultimi particolari del piano. Al momento, non voleva starle lontano. Lei non era più la sua barista. Ora, era la sua fidanzata.

    A breve, non sarebbe stata nemmeno più barista. "Devi dare le dimissioni e preparare le tue cose. Posso assumere delle persone per farti traslocare prima, se vuoi". Ora che Belle aveva detto di sì alla sua proposta, aspettare anche solo due settimane per farle lasciare il lavoro sembrava una eternità.

    "Non c'è motivo. Non ho molto da preparare" Belle socchiuse gli occhi "Tu vuoi che mio padre viva con noi, vero? Non lo lascerò da solo a casa".

    Se vivere con suo padre era il prezzo da pagare per avere lei, Gold l'avrebbe pagato senza lamentele "Certo. Spero che non ti opporrai all'assumere una badante per lui, però. Non puoi fare tutto da sola e, come mia moglie, avrai certi obblighi".

    "Deve essere qualcuno che mi vada bene" Belle lo avvisò, chiaramente non molto convinta.

    "Lo selezioneremo insieme" le promise.

    "Di che tipo di obblighi parli?" gli chiese.

    "Cene, feste di beneficenza, cose del genere. Noiose ma necessarie" sempre che i suoi colleghi non fossero morti dallo shock quando gli avrebbe presentato la sua bellissima e giovane moglie.

    "Non ho mai fatto cose simili. Dovrai aiutarmi. Cercherò di non metterti in imbarazzo" Belle arrossì leggermente, ammaliando Gold. Se avesse guardato così i suoi clienti, di certo non si sarebbero nemmeno accorti se avesse bevuto la zuppa direttamente dal piatto.

    "Ho totale fiducia in te" quando poggiò una mano sulla sua, Belle subito intrecciò le dita con le sue. Quel gesto gli ricordò una cosa "Hai bisogno di un nuovo anello. Hai qualche preferenza?".

    "Qualcosa di piccolo?".

    Gold annuì, soddisfatto. Aveva subito pensato che il precedente anello fosse troppo vistoso per Belle, e la sua richiesta confermò le sue supposizioni. Facevano già una squadra migliore di quella con Greg. "Vuoi venire con me a sceglierlo o preferisci che sia una sorpresa?".

    "Una sorpresa" lei disse con suo piacere. Era la sua prima occasione per comprarle un regalo, e voleva fare colpo. Avrebbe scelto qualcosa di antico e delicato, un segno tangibile che aveva fatto la scelta giusta.

    "E per il matrimonio? Sono sicuro che hai più idee a riguardo" se aveva imparato una cosa dalla sua passata relazione, era che le donne avevano delle ferme idee su ogni minimo dettaglio del loro matrimonio sin da quando erano in fasce. Milah era stata irritata dal fatto che non fosse riuscito ad esaudire ogni sua richiesta, ma a Belle non sarebbe mancato nulla.

    Belle sembrò confusa "Non ci ho davvero mai pensato".

    Gold ridacchiò "Non devi imbarazzarti. Possiamo fare quello che vuoi. Una cattedrale? Un castello? Una nostra isola privata?" conduceva una vita agiata, e sapeva che i suoi soldi gli avrebbero dato grande soddisfazione nell'accudire sua moglie.

    Le parole di lei, però, lo fermarono subito "A papà non piace molto viaggiare".

    Doveva smetterla di dimenticarsi che avrebbe avuto anche un suocero oltre che una moglie. A tal proposito, avrebbe dovuto incontrarlo il prima possibile.

    Belle sembrò a disagio quando le propose l'incontro, a fine serata. "Posso accompagnarti a casa? Mi piacerebbe conoscere tuo padre. E mi sembra corretto dargli la bella notizia insieme". Era tardi, ma Belle gli aveva detto che la malattia di suo padre lo faceva dormire molto.

    "Potrebbe essere già a letto" lo avvisò.

    "Se lo sarà, allora ci vedremo domani. Di certo non mi negherai il piacere di accompagnare la mia fidanzata alla porta di casa". Aveva detto a Belle tanto di casa sua, ma non sapeva niente della sua. E poi, era un uomo vecchio stampo. Ora che Belle stava con lui, voleva essere molto protettivo.

    "Io..." Belle chiuse gli occhi, irrigidendosi visibilmente "Ok. Non è un granchè, te lo dico subito".

    Qualsiasi posto fosse casa di Belle, gli sarebbe andato bene. Il suo spirito permeava ciò che le stava attorno. Quello squallido bar d'hotel era un paradiso con lei dentro. La sua casa sarebbe stata uguale.

    Presto, il suo spirito sarebbe diventato più caloroso e avrebbe illuminato la sua casa, e quel pensiero era così stravolgente che Gold cercò di non pensarci. In poche settimane, non avrebbe più vissuto in una casa troppo grande e troppo fredda. Quando Belle l'avrebbe condivisa con lui, sarebbe stata esattamente della giusta dimensione.

    Aveva un ultimo ostacolo da affrontare prima che quel sogno si potesse trasformare in realtà - il padre di Belle "Andiamo".


    Continua...
  15. .


    Modulo Fanfiction

    #dove#la #trama #la #fate #voi;

    Nome Autrice: Bad_Faery
    Status: In corso
    Parings: Rumple/Belle.
    Tipologia: AU/Drama/Romance
    Piccolo sunto: Quando l'uomo d'affari Gold scopre che la sua barista preferita è stata costretta a sposare un uomo che non ama per pagare le visite mediche a suo padre, lui le propone una soluzione alternativa.
    Link storia originale: Closing Time
    Ringraziamenti & Varie: Ringrazio, come sempre, l'autrice per avermi concesso di tradurre le sue storie =)

    «role scheme by graphite; - please don't copy or claim as your own»







    rom



    Capitolo 1



    Dopo una infinita giornata bloccato in una stanza piena di gente ad ascoltare un gruppo di uomini litigare e ciarlare come un pugno di poppanti, l'ultima cosa che Diarmid Gold voleva fare era passare la serata a bere con le stesse zucche vuote in un bar d'hotel. I due isolati dallo sfarzo del Luxe erano stati fatti di buon grado per finire nel più modesto Hotel Griffith.

    Era valso tutto fare i due isolati a piedi solo per dare un'occhiata all'adorabile barista del Griffith.

    Gold si fermò all'ingresso dell'hotel, proprio fuori le porte del bar, per sistemarsi i capelli e la cravatta, prendendosi un momento per godersi quell'attimo di anticipazione. Tra un momento, sarebbe entrato e gli occhi di Belle si sarebbero illuminati alla sua vista. Come sempre.

    Dalla prima sera in cui era andato al Griffith, lui e Belle avevano subito fatto conoscenza. Aveva scelto quel bar perchè Internet l'aveva assicurato che era continuamente deserto. Il suo programma era di bere in pace e, invece, aveva incontrato una piccola brunetta che amava i libri e con l'accento più bello che avesse mai sentito.

    Anche ora, dopo 18 mesi, riusciva ancora a ricordare la prima volta che l'aveva vista - appoggiata contro il bar con il naso affondato in una copia di 'An Instance of the Fingerpost' che, poteva giurarlo, era più grande di lei. Non era riuscito a non commentare a riguardo, aspettandosi di vederla sputare nel suo whiskey. Invece, lei aveva riso.

    Nessuno rideva mai alle sue battute, e Gold era stato sia subito ammaliato che incredibilmente determinato a farla ridere di nuovo. Si sedeva al bar fino all'ora di chiusura, unico suo cliente, il suo desiderio di solitudine dimenticato in favore del piacere di parlare con Belle.

    Una volta, aveva odiato i mensili viaggi di lavoro che lo portavano a Boston, ma ora Gold contava i giorni sul calendario, e la sua sola lamentela stava nel fatto che duravano troppo poco. Intorno al loro sesto mese di conoscenza, Belle gli aveva dato il suo numero di telefono, permettendo ad entrambi di passare interminabili periodi di tempo tra i suoi viaggi a messaggiarsi parlando di libri e a giocare a scacchi online. Lui aveva posizionato una scacchiera nel suo ufficio, e ogni volta che lei gli messaggiava la sua prossima mossa, lui poteva immaginarla seduta lì, potendo quasi toccarla.

    Era perso, Gold ammise. Era completamente perso per la sua adorabile, piccola barista, una donna con la metà dei suoi anni. Nelle lunghe settimane che dividevano le loro visite, le sue insicurezze lo tormentavano, suggerendo che Belle rispondeva alle sue attenzioni solo perchè le dava una buona mancia. Eppure, quando era in sua presenza, quelle paure volavano via. La felicità di lei alla sua vista era troppo pura per essere finta. A Belle piaceva la sua compagnia.

    Aveva atteso abbastanza prima di vederla. Con un'ultima sistemazione del cappotto, entrò nel bar a malapena illuminato, contento di vedere che soli pochi tavoli erano occupati.
    La sua più grande paura era che il Griffith potesse diventare improvvisamente pieno di gente, costringendolo a condividere l'attenzione di Belle.

    "Signor Gold!".

    Gold esitò quando Belle lo chiamò. Gli stava sorridendo, ma il suo sorriso era meno brillante del solito e i suoi occhi non luccicavano come avrebbero dovuto. Forse stava male? Non aveva fatto niente per farla arrabbiare, vero?

    "Belle" zoppicò verso di lei e poggiò il bastone contro uno sgabello mentre allungava le mani verso di lei da sopra il bancone. Con suo sollievo, lei subito gliele afferrò come sempre ma, guardandola meglio, il suo sorriso sparì e gli occhi si riempirono di lacrime.

    "Belle?" le chiese, stranito, stringendo di più le mani quando lei tentò di spostarsi. Era lì da meno di 90 secondi, come aveva potuto già farla piangere?

    "Scusami!" Belle sbattè velocemente le palpebre e provò a sorridere "Sono felice di vederti. Come sono andate le riunioni?".

    "Chi se ne frega" disse con tono roco. Non era da lui perdere il controllo del suo accento ma, dinanzi lo stato di Belle, si sentiva innervosito e pronto a lottare per farla sorridere di nuovo. Avrebbe rivoltato il mondo per renderla felice "Dimmi che succede".

    Nervosamente, Belle guardò oltre la sua spalla e Gold si girò per metà, vedendo i soliti, patetici ubriaconi che a volte sostavano lì dentro. Abbassando il tono, chiese "Qualcuno ti dà fastidio?".

    Belle si lasciò sfuggire un singhiozzo e il petto di lui si strinse di dolore. Le afferrò meglio le mani in modo da poterle accarezzare le dita con il pollice, e solo allora si rese conto di qualcosa di nuovo e fuori posto.

    Il cuore gli si fermò quando Gold abbassò lo sguardo, e iniziò a girargli la testa quando confermò le sue paure. C'era un anello con diamante nel quarto dito di Belle. Era un pezzo abbastanza carino, un po' troppo per i suoi gusti, ma comunque bello. Era la cosa più rivoltante che avesse mai visto.

    Le lasciò le mani e cercò di non vomitare, lottando contro il desiderio di strapparle dal dito quell'anello e lanciarlo per la stanza o fuori dalla finestra, contro il desiderio di cancellare tutti i segni del possesso di un altro uomo sulla sua Belle.

    Solo che lei non era più la sua Belle. Non lo era mai stata.

    "Devo congratularmi" fu fiero del suo tono normale. Probabilmente per quello Belle era in quello stato - aveva paura della sua reazione.

    "Non farlo!".

    Alzò lo sguardo al suo tono duro. Belle alzò le mani dal bancone e le tenne dietro la schiena "Non osare congratularti con me. Non potrei sopportarlo. Non da te".

    Quella non era la voce di una futura sposa felice. "Spiegami" le disse. Se il suo fidanzato la stava costringendo, gli avrebbe volentieri presentato il suo bastone.

    Gli occhi di Belle si riempirono di lacrime mentre scuoteva la testa "Non vuoi saperlo".

    "Hey! Possiamo avere dell'altro whiskey?".

    Immediatamente, Belle si girò da lui per prendere una bottiglia mezza vuota e, appena si girò di nuovo, Gold gliela prese dalla sua mano tremante. Senza preoccuparsi del bastone, zoppicò verso un uomo biondo seduto al tavolo e quasi gliela lanciò "Ecco. Offro io".

    "Hey, grazie, amico!".

    Quello li avrebbe tenuti buoni per un po'. Quando Gold ritornò al bar, si sedette nell'angolo più distante, mettendo abbastanza distanza tra lui e Belle e il resto del locale "Belle, parlami".

    Il viso di lei si contrasse in una smorfia mentre rideva senza gioia "Sono una troia".

    "Scusami?".

    Belle incrociò le mani al petto, facendo spallucce "Sto sposando un uomo per i suoi soldi. Sono una troia".

    "Belle, ti prego..." erano distanti pochi passi ma lei sembrava distante km "Non capisco. Spiegami, tesoro".

    Belle lo guardò irritata "Smettila di fare il gentile con me!".

    "Oh, per Dio..." tutto quello che stava dicendo stava peggiorando le cose. In un istante, aggirò il bar, Belle lo fissò mentre si avvicinava "Vieni qui".

    Stava prendendo un grosso rischio. Belle sembrava già arrabbiata, e non aveva mai osata toccare più delle sue mani. Avrebbe avuto ogni ragione per schiaffeggiarlo. Sapendo quello, allungò le braccia verso di lei, pregandola silenziosamente.

    Belle quasi corse verso di lui, afferrandogli la giacca con le mani mentre piangeva contro la sua spalla "Gold...!".

    Stava piangendo in modo straziante, ma Gold riusciva solo a provare sollievo. Sarebbe andato tutto bene. Qualcosa di strano era evidente, era stressata e arrabbiata, ma l'aveva accolto senza remore. Era tra le sue braccia e lo stava stringendo in una morsa mortale, e lui avrebbe sistemato qualsiasi cosa di sbagliato.

    "Sono qui, tesoro. Sono qui" le mormorò nei capelli, spingendola più vicina per proteggerla dal mondo "Dimmi cosa succede".

    "È mio padre. Ha avuto un colpo anni fa. Non abbiamo l'assicurazione, non è un cittadino americano, ma non potevamo tornare a Melbourne. Non riesce nemmeno a stare da solo. Continua a peggiorare, e io non posso pagare. Non posso assumere nessuno per occuparsi di lui... ecco perchè lavoro nei night. Di recente, ha iniziato ad essere più sveglio e a fare cose... provare a cucinare... Prima o poi causerà un incendio o cadrà a terra, e non so più cosa fare" Belle lo guardò con occhi disperati "Devo fare qualcosa. Greg... gli piaccio. Ed è ricco" con un singhiozzo sommesso, affondo il viso nel suo petto "Sono una troia".

    "Sei una figlia amorevole" Gold la corresse mentre le accarezzava la schiena, cercando di processare tutto il suo racconto. Fino a quel momento, era stato solo intellettualmente consapevole che Belle avesse un padre. Il fatto che stesse per rovinarsi la vita per occuparsi di lui gli fece digrignare i denti, ma non aveva bisogno di sentire quello da lui. Al contrario suo, Belle sembrava amare suo padre.

    "Non lo ami? Questo Greg?" ecco il problema principale. Finchè Belle non pensava di amare un altro uomo, tutto il resto erano dettagli.

    "No" la sua immediata risposta lo rincuorò "Lui è ok, credo. Voglio dire, non lo odio. È solo... noioso. Vuoto".

    "Grazie a Dio" Gold sospirò, avvicinandosela per baciarle una tempia, la testa più vuota. Se l'aggettivo migliore che Belle aveva usato per il suo promesso sposo era 'ok', allora aveva ancora qualche opportunità.

    "Non importa, comunque" sospirò, le lacrime di nuovo agli occhi "È tutto un tale caos".

    "A me importa tanto" la corresse.

    Se fosse stata una persona decente, avrebbe chiesto a Belle di quanto avesse bisogno e le avrebbe fatto un assegno. Se fosse stata una persona decente, le avrebbe chiesto di fare ricerche sui migliori medici e programmi per suo padre, tutto a sue spese. Se fosse stata una persona decente, l'avrebbe rassicurata che non avrebbe dovuto temere niente perchè lui si sarebbe occupato di tutto solo per il piacere di vederla sorridere.

    Però lui non era una persona decente. Era Diarmid Gold, e aveva passato la maggior parte della vita a cercare i punti deboli degli altri per ottenere ciò che voleva. Innamorarsi di Belle l'aveva rammollito, ma sotto il suo affetto per lei, era il solito bastardo di sempre. Questa situazione, seppur orribile per lei, gli dava l'occasione della vita. Non era nella sua natura ignorarla.

    "Non sposerai Greg per i suoi soldi" disse a Belle.

    Lei lo guardò, gli occhi spalancati "No?".

    "No" Gold le accarezzò una guancia, il cuore in corsa alla sensazione della sua pelle morbida "Sposerai me per i miei".


    Continua...

    Edited by sweetest thing - 21/5/2020, 16:04
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